Ultimi eventi https://suivet.it/pubblicazioni-ed-eventi-esterni.aspx http://www.rssboard.org/rss-specification mojoPortal Blog Module it-IT 120 no La streptococcosi nel suino (dott.ssa Aurora Iotti)

L’abbiamo avuta, l’abbiamo e l’avremo” così il Professor Vittorio Sala, docente presso il Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università di Milano, ha voluto esordire alla giornata di studio della SIPAS tenutasi a Parma il 13 ottobre 2023 dedicata alla “Streptococcosi nel suino: esperienze a confronto”.

Streptococcus suis è un batterio patogeno opportunista del suino, ormai conosciuto da più di 70 anni ed in Italia è stato isolato per la prima volta nel 1984 da casi di meningite. Negli anni sono stati identificati fino a 35 sierotipi, ciascuno dei quali presenta diverse caratteristiche di patogenicità e virulenza. Il sierotipo 2 è quello più frequentemente associato a patologia e rappresenta il più importante ceppo zoonotico (ovvero che si può trasmettere all’uomo); altri ceppi predominanti sono il 9, l’1, il 3 e il 7.

Il batterio può localizzarsi a livello della mucosa vaginale delle scrofe (di scrofe così dette portatrici), per poi trasferirsi nelle tonsille dei suinetti neonati al momento del parto. Altre localizzazioni possono essere le articolazioni e le meningi ma non si devono sottostimare le localizzazioni intestinali piuttosto che respiratorie.

L’infezione può avvenire per contatto, per via aerogena o per ingestione, sfociando in infezioni sistemiche che portano a setticemie e polisierositi, con localizzazioni articolari (artriti – Foto 1), polmonari (polmoniti), cardiache (endocarditi), oppure nelle meningi (meningiti- Foto 2) fino a forme setticemiche acute in grado di provocare morte improvvisa.

Foto 1 – Soggetto con cianosi auricolari (setticemia) ed arti gonfi in sala parto
Foto 1 – Soggetto con cianosi auricolari (setticemia) ed arti gonfi in sala parto

Foto 2 – Soggetto con clinica da meningite in svezzamento.
Foto 2 – Soggetto con clinica da meningite in svezzamento.

Frequenti sono anche i casi in cui alcuni soggetti risultano essere portatori senza mai sviluppare la malattia contribuendo però alla sua diffusione. Per questo motivo, è evidente come il controllo di questa patologia negli allevamenti sia da sempre complesso e l’eradicazione un’utopia.

Negli anni, i principali metodi di prevenzione e controllo sono stati la vaccinazione e l’uso sistematico di antimicrobici (prevalentemente di β-lattamici). Entrambe queste pratiche, però, al giorno d’oggi, presentano delle controindicazioni:

  • L’uso preventivo e regolare di antibiotici è una pratica poco prudente, che non modifica l’epidemiologia aziendale e contrasta con le direttive comunitarie riguardanti la riduzione dell’uso di questi farmaci negli allevamenti. A detta azione dovrebbe ricorrersi solo in terapia.
  • L’uso di vaccini commerciali, invece, presenta delle limitazioni legate alla scarsa cross-protezione fra i vari sierotipi e all’elevato numero di sierotipi che spesso si ritrovano associati nei focolai, peraltro non sempre ben identificabili, e che risulta piuttosto complicato avere  presenti nei vaccini stessi (se non attraverso l’allestimento di specifici vaccini stabulogeni).

Quindi, come si può agire per ridurre l’incidenza di questa patologia ormai consolidata negli allevamenti? Possiamo identificare quali sono i fattori predisponenti e fare scelte manageriali consapevoli che aiutino nel controllo della malattia.

Nel corso della giornata studio, i relatori hanno riportato diverse strategie di management per contrastare S. suis, che possono essere riassunte in:

  • Gestione efficiente delle bande in modo da poter controllare al meglio la pulizia e la disinfezione degli ambienti (in quanto S. suis ha una discreta resistenza ambientale nelle feci e nell’acqua).
  • Gestione separata delle scrofette e dei loro figli, sia durante i pareggiamenti che durante gli svezzamenti, in quanto è fondamentale considerare i diversi livelli di immunità dei soggetti.
  • Scelte alimentari consapevoli, sia per le scrofe sia per i suinetti, che possono modulare l’espressione di fattori di patogenicità. Questo aspetto non è da trascurare soprattutto durante la prima settimana post-svezzamento, fase notoriamente riconosciuta come particolarmente stressante per il suinetto, dove, con un’alimentazione estremamente curata, è necessario prevenire disbiosi intestinali che favorirebbero il passaggio di numerosi batteri (non solo S. suis ma basti pensare anche al E. coli) dal lume intestinale al torrente circolatorio, rischiando il manifestarsi della sintomatologia.

In questo modo si ritiene che sia possibile ridurre l’incidenza di meningiti acute, di scarti e ridurre la necessità di terapie d’urgenza.

Un aspetto su cui ci si è soffermati riguarda il rimescolamento dei suinetti, argomento di discussione in tema di diffusione di numerose patologie (es. PRRS). Le scrofette, soprattutto se acquistate e senza un’opportuna quarantena in grado di metterle a contatto con i sierotipi di S. suis circolanti in azienda, potrebbero generare suinetti completamente negativi (quindi senza anticorpi) in grado di manifestare gravi quadri clinici, una volta messi in contatto con i figli delle pluripare che, sebbene portatrici (in grado quindi di generare suinetti potenzialmente portatori ed escretori), conferiscono loro anche un adeguato corredo immunitario.

Eseguire i pareggiamenti separati tra scrofe e scrofette, sempre dopo un’opportuna colostratura, permette di evitare il rischio di distribuire suinetti potenzialmente portatori in covate con ridotta resistenza immunitaria.

Lo stesso discorso si può fare per i rimescolamenti allo svezzamento: fare gruppi “primipare derivati” permette di circoscrivere il problema in determinati gruppi/box, riducendo il rischio di diffusione nel resto della banda; evitare eccessivi spostamenti permette anche di ridurre l’incidenza di lotte gerarchiche, scongiurando lesioni cutanee che il patogeno potrebbe sfruttare come via d’ingresso.

Secondo l’esperienza del Dott. Fausto Vezzoli dell’IZSLER, uno strumento in più su cui contare all’interno delle strategie di controllo sanitario potrebbe essere rappresentato dai vaccini stabulogeni. Questi potrebbero essere usati come parte integrante di un Piano Sanitario Aziendale che, però, necessiterebbe di un’applicazione corretta (quindi preceduto da una corretta tracciabilità epidemiologica preliminare) e di un aggiornamento costante.

Durante la giornata è intervenuto inoltre il Dott. Tijs Tobias, della Royal GD Animal Health, che ha riportato l’esperienza olandese, dove gli allevamenti suinicoli hanno registrato anch’essi un’alta prevalenza di questa patologia. Fino a qualche anno fa, anche in Olanda la prima contromisura adottata per far fronte al patogeno è stato ricorrere all’uso di antimicrobici; l’uso eccessivo ha generato problemi di antimicrobico resistenza (AMR) grave, obbligando le autorità preposte a disporre affinché veterinari ed allevatori riducessero del 50% l’uso di antibiotici.

Per conformarsi alle suddette disposizioni, le parti in causa si sono ispirate al Modello Polder, un metodo che prevede la totale collaborazione fra le parti, mediante incontri, discussioni e decisioni condivise per affrontare insieme la diffusione del patogeno; si è giunti a redigere delle Linee Guida dove sono state riportate diverse possibili strategie da attuare per aumentare l’immunità dei suinetti e ridurre il rischio di infezione.

Fra le strategie contenute in queste linee guida, durante l’intervento è stata illustrata quella relativa all’aumento dell’età allo svezzamento, che in Olanda era comunemente praticato a 21 gg; attualmente sono riusciti ad aumentarlo a 28-35 gg, riscontrando netti miglioramenti, puntando per il futuro a raggiungere il 42° gg.

In conclusione, non è ancora stata trovata la “soluzione magica” per risolvere questa criticità, ma durante la giornata di studio sono state illustrate quali misure preventive possono risultare efficaci per combattere S. suis, rappresentate da pratiche gestionali che si ritiene costituiscano un’ottima base di partenza per ridurre la sua incidenza, riducendo allo stesso tempo la mortalità dei soggetti e la creazione di scarti in un’ottica, sempre più richiesta dal mercato, di uso prudente dell’antibiotico


Dott.ssa Aurora Iotti
]]>
https://suivet.it/la-streptococcosi-nel-suino.aspx iotti@suivet.it (Dott.ssa Aurora Iotti) https://suivet.it/la-streptococcosi-nel-suino.aspx https://suivet.it/la-streptococcosi-nel-suino.aspx Mon, 20 Nov 2023 03:05:00 GMT
Gestione della riproduzione (dott.ssa Irene Cucco)

Tra le varie presentazioni esposte durante il 14° Simposio Europeo sulla gestione della salute del suino – ESPHM 2023, una in particolare ha attirato la mia attenzione. L’obiettivo di questo studio, condotto da Elise Bernaerdt, Emma De Boe e Dominiek Maes, è stato valutare le pratiche manageriali correlate alla stimolazione e alla ricerca calori nelle scrofaie. Tutti noi sappiamo quanto sia importante eseguire correttamente la ricerca calori al fine di inseminare le scrofe nei tempi ottimali, per massimizzare la fertilità, la portata al parto e la dimensione delle nidiate. Tuttavia, teoria a parte, qual è la situazione reale in allevamento?

Per scoprirlo, gli autori hanno sviluppato e testato un questionario, contenente 59 domande riguardanti le caratteristiche delle aziende (n=5), la gestione delle scrofette (n=8), la gestione delle scrofe (n=3), i verri ruffiani (n=14), le procedure di inseminazione (n=10), il tipo di stabulazione, il cibo e l’acqua (n=19). Il questionario è stato compilato in azienda dai ricercatori stessi e da veterinari liberi professionisti che hanno intervistato gli allevatori durante le loro visite nel periodo compreso tra agosto 2021 e marzo 2022.

Nello studio sono state coinvolte 51 aziende, molto diverse tra loro, situate nella regione delle Fiandre. Agli estremi troviamo un’azienda con solo 65 e una con al massimo 2500 scrofe, con una mediana di 300 scrofe. La banda trisettimanale è la più registrata, seguita dalla banda quadrisettimanale, pentasettimanale, assenza di un sistema in bande e infine, la banda settimanale e bisettimanale. [IC1] 

Per quanto riguarda la gestione delle scrofette, il 59% delle aziende le acquista, mentre il 41% fa rimonta interna. Un aspetto interessante è che solo l’86% delle aziende con autorimonta mantengono una separazione tra le scrofette e i maiali grassi, sia per quando riguarda la stabulazione sia per quanto riguarda la gestione dell’alimentazione. È vero, l’86% non è poco, ma sappiamo quanto sia importante la razione della scrofetta in accrescimento che, rispetto a quella dei grassi, dovrebbe essere più ricca in sali minerali e vitamine, con livelli energetici, di lisina e di calcio e fosforo ben bilanciati. Per non parlare del fatto che mantenere le scrofette insieme ai grassi e poi reintrodurle in azienda potrebbe comportare un grosso rischio sanitario. Le scrofette sono il futuro dell’azienda e bisogna dedicare loro tutte le attenzioni che meritano! Dallo studio è emerso anche che solo nel 18% delle aziende si esegue la ricerca calori nelle scrofette prima della sincronizzazione. Tuttavia, è fondamentale l’esposizione al verro dai 180 gg di età, registrando i calori, perché l’inseminazione dovrebbe avvenire al secondo o terzo calore utile. Inoltre, qualora si volessero sincronizzare le scrofette per la messa in banda ricorrendo all’altrenogest, è bene ricordare che questo principio attivo funziona solo per le scrofette che abbiano già ovulato almeno una volta. La prima inseminazione viene eseguita a 250 gg nella maggior parte delle aziende (min. 210 e max. 309 giorni). Tuttavia, poche aziende verificano il peso o lo spessore del grasso dorsale delle scrofette alla prima copertura. Sebbene sia sempre consigliato fare riferimento ai valori della propria casa genetica, nell’ottica di ottimizzare le loro performances riproduttive e la loro longevità, le scrofette andrebbero coperte al peso di 135 – 140 kg, valutando non solo lo spessore del grasso dorsale, ma anche la massa muscolare. Anche per le scrofe è risultato che nella maggior parte delle aziende (55%) la condizione corporale viene valutata a livello visivo, soprattutto al momento dello svezzamento. Solo il 37% degli allevatori misura lo spessore del grasso dorsale, anche qui soprattutto dopo lo svezzamento, ma anche al parto.

Alcuni risultati molto interessanti sono emersi dalle risposte riguardanti la gestione dei verri ruffiani. Per quanto riguarda il numero, infatti, il 22% delle scrofaie coinvolte possiede solo un ruffiano e addirittura due aziende non ne hanno neanche uno.

Distribuzione dei verri ruffiani nelle varie aziende intervistate

Distribuzione dei verri ruffiani nelle varie aziende intervistate

Questo è un dato interessante perché, sebbene il numero dei verri dipenda anche dalla dimensione del parco scrofe, sarebbe buona norma avere almeno due maschi da alternare durante la ricerca calori. Può capitare, infatti, che dopo un po’ di tempo dall’inizio della stimolazione, il verro si stanchi, perda interesse o si distragga alla ricerca di residui di mangime. Due verri possono essere utili, soprattutto per averne sempre uno riposato e con una libido più alta per quei gruppi più problematici, ovvero le scrofette e le vuote/ritorni. Inoltre, più banalmente, se un verro dovesse farsi male o morire, l’altro compenserebbe la perdita. E poi non dimentichiamoci che scrofe e scrofette non sono macchine, anche loro hanno le proprie preferenze e possono rispondere in modo diverso a seconda del verro che viene loro presentato!

Solo nel 35% delle aziende i verri vengono stabulati in un settore dedicato, separato dalle scrofe. Questo è un punto critico, in quanto le scrofe dovrebbero entrare in contatto con il verro solo per circa 15 minuti, due volte al giorno. L’esposizione per brevi periodi permette infatti di indurre nella scrofa una sorta di stress positivo acuto che facilita la manifestazione estrale e che verrebbe a mancare nel caso in cui la presenza del verro fosse costante nel tempo. Questo perché le scrofe sarebbero ormai abituate a percepire i feromoni maschili, uno dei principali fattori che innescano il comportamento estrale. È inoltre importante utilizzare dei ruffiani non troppo giovani, perché devono essere sufficientemente maturi da stimolare adeguatamente le scrofe sia da un punto di vista tattile che olfattivo. Tuttavia, in questo studio, hanno rilevato che nel 22% delle aziende selezionate veniva utilizzato un verro di età inferiore agli 11 mesi.

Nell’80% delle aziende la ricerca calori viene effettuata facendo passare il verro liberamente davanti alle gabbie fecondazione, nel 14% il maschio viene fatto entrare in una gabbia, che man mano viene spostata davanti alle scrofe e, solo nel 6% dei casi, il contatto tra scrofe e verro avviene liberamente nei box. È interessante notare che tra gli strumenti utilizzati per la fecondazione troviamo gli “archetti” per fare pressione sui fianchi della scrofa (63%), lo spray all’odore di verro (37%) e, addirittura la registrazione delle vocalizzazioni del verro (8%).

Nel 43% delle aziende vengono utilizzati trattamenti ormonali a base di analoghi del GnRH (14%) e gonadotropine (35%), soprattutto su scrofette e su scrofe di primo parto, per sincronizzare e stimolare la manifestazione estrale. Tuttavia, alcune buone pratiche come il flushing e il controllo artificiale delle ore di luce non sempre vengono attuate. Solo il 69% delle aziende fornisce alle scrofe svezzate un mangime più ricco di zuccheri e, sebbene l’84% delle aziende ricorra all’illuminazione artificiale per garantire 16 – 18 h di luce al giorno, il 74% di questi non conosce l’intensità della fonte luminosa utilizzata, che dovrebbe essere minimo 300 lux. Il dato però più preoccupante è che solo il 75% delle aziende fornisce acqua ad libitum, mentre nelle altre l’accesso all’acqua è disponibile per un tempo limitato, ad esempio solo due volte al giorno per 3h.

Per concludere, questo studio ci rende più consapevoli delle varie realtà aziendali e deve farci riflettere sul fatto che molti aspetti chiave che riguardano la gestione della scrofetta, della scrofa e dei verri ruffiani vengono dati, a volte, quasi per scontati. In realtà, l’attenzione su questi fattori va mantenuta sempre alta, perché sono alla base del buon rendimento dell’azienda. E voi? Come avreste risposto a questo questionario? 


 [IC1]Non sono sicurissima di aver capito bene in realtà...ti allego il grafico, magari mi sai dire meglio come interpretare sto grafico

 


wm
]]>
https://suivet.it/gestione-della-riproduzione.aspx https://suivet.it/gestione-della-riproduzione.aspx https://suivet.it/gestione-della-riproduzione.aspx Fri, 30 Jun 2023 03:05:00 GMT
Probiotico contro diarrea da Coli (dott.ssa Francesca Grapelli)

NO all’ossido di zinco, NO agli antibiotici e allora per fronteggiare il problema della diarrea da Coli in svezzamento cosa si può fare?

L’azienda Keminha sviluppato un ampio catalogo di prodotti che, sfruttando acidificanti e/o probiotici e/o oli essenziali, fornisce strategie alternative per garantire la salute del lattone. All’ESPHM a Salonicco, è stato esposto da Hans Lee et al. il trial relativo a un nuovo probiotico messo in commercio, composto da più specie di Bacillus spp, che è stato dimostrato dia il necessario supporto alla crescita e alla salute del lattone per tutta la fase post svezzamento, riducendo la proliferazione e la colonizzazione intestinale di C. perfringens e delle Enterobacteriaceae (Escherichia Coli e Salmonella).  

Una delle principali cause di diarrea allo svezzamento è la diarrea da Eschierichia Coli enterotossiemici (ETEC), possessori delle adesine fimbriali F4 (K88) o F18. Si ritiene tuttavia, che questa patologia enterica sia in realtà una tecnopatia, frutto delle “forzature” a cui l’allevamento intensivo costringe. Lo svezzamento è un momento critico e assai delicato per il suinetto, che vive una serie di numerosi cambiamenti in un ristretto lasso di tempo, relativi all’alimentazione, all’ambiente e alla socialità.

Il regime alimentare subisce un brusco cambio poiché si passa dalla forma liquida del latte al mangime integrato, ed infine, quando vengono allontanati dalla madre, ad un mangime esclusivamente secco. Sarebbe ottimale mantenere per almeno una decina di giorni un mangime di transizione, il più simile possibile a quello della sala parto e mescolarlo con un buon quantitativo di acqua. Un altro fattore predisponente la tecnopatia è l’elevata percentuale di proteine nel mangime post svezzamento, spesso di origine vegetale, poiché più economiche, che lo rendono però meno digeribile e, quindi, capace di creare un ambiente alcalino e putrescente ideale allo sviluppo delle Enterobacteriaceae. Da considerare che l’apparato digerente del suinetto non è ancora del tutto sviluppato al momento dello svezzamento che solitamente avviene, nell’allevamento intensivo, a 21/24/28 gg. La secrezione degli enzimi pancreatici diventa ottimale solo dopo le 6 settimane di vita e l’aumento del 4% della superficie intestinale, che si realizza dalla nascita allo svezzamento, comporta delle sollecitazioni all’epitelio assorbente tali da causare la lassità delle tight junction intercellulari con conseguente aumento delle permeabilità di membrana.

Il brusco cambio di ambiente (e di clima!) rende i suinetti disorientati ed impauriti. Inizialmente mangiano e bevono poco e questo è un fattore decisamente favorevole allo sviluppo di una diarrea alimentare: la mancanza di materia prima da assimilare determina squilibri elettrolitici ed osmotici e il blocco dello stimolo alla proliferazione epiteliale.

Lo stress sociale, infine, non è un elemento da sottovalutare, ma anzi, l’iperstimolazione dell’asse ipotalamo-surrenale causa un’elevata produzione di cortisolo che, nel lungo tempo, comporta deperimento immunitario e stress ossidativo con affaticamento dell’intero organismo. 

La Kemin ha sviluppato quindi un trial con un probiotico per dimostrare che un buon supporto al microbiota intestinale può eludere, o almeno “tamponare”, le mancanze di un apparato digerente immaturo e oltre natura sollecitato.

Il trial si compone di due parti, una in cui il probiotico viene somministrato alle scrofe e una seconda in cui viene somministrato alle covate delle suddette. La sala parto è stata lavata, disinfettata e lasciata vuota per un mese, correttamente regolata in temperatura e ventilazione ed il mangime delle scrofe è privo di additivi e antibiotici

Parte I: 20 scrofe Landrace x Yorkshire, di ordine di parto compreso tra 1 e 4, incrociate con Duroc, vengono suddivise in due gruppi e così trattate:

- Gruppo “Probiotico”: somministrazione di 3x109 CFU/kg di probiotico, a partire dalle 2 settimane prima del parto fino allo svezzamento, fissato in questo caso a 21 gg;

- Gruppo “Controllo” a cui non è stato somministrato nessun probiotico.

La digeribilità della sostanza secca, dell’azoto e dell’energia è risultata maggiore nel gruppo Probiotico, oltre ad aver riscontrato un più alto numero di nati vivi, una maggior percentuale di suinetti svezzati ad un peso superiore di quello del gruppo Controllo.

Schema della suddivisione dei gruppi del trial
Schema della suddivisione dei gruppi del trial

Parte II: le covate dei 2 gruppi di scrofe vengono suddivise in 4 gruppi, di cui solo 2 ricevono l’integrazione di probiotico, in concentrazione di 3x109 CFU/kg; fino a 42 gg dallo svezzamento i lattoni vengono alimentati con acqua e mangime pulito e ad libitum. I 4 gruppi risultano così suddivisi:

- Gruppo “CControllo”: suinetti nati da scrofe che non hanno ricevuto l’integrazione, che non ricevono alcun probiotico;

- Gruppo “CProbiotico”: suinetti nati da scrofe che non hanno ricevuto l’integrazione, ma che ricevono il probiotico;

- Gruppo “PControllo”: suinetti nati da scrofe che hanno ricevuto l’integrazione, ma che non ricevono il probiotico;

- Gruppo “PProbiotico”: suinetti nati da scrofe che hanno ricevuto l’integrazione e che ricevono il probiotico.

La challenge prevedeva che 2 settimane dopo lo svezzamento i suinetti venissero infettati sperimentalmente con una sospensione di E.coli K88 a concentrazione di 1.5 ml di 1x103 CFU/ml. Le performances di questi suinetti sono state raccolte fino alle 9 settimane di età e prevedevano il rilievo delle citochine pro-infiammatorie, prima e dopo l’infezione sperimentale (TNF-α, IL-6) e la caratterizzazione del microbiota fecale.

I suinetti del gruppo CControllo hanno mostrato alti livelli di citochine pro-infiammatorie e quelli a più basso titolo sono stati proprio quelli dei suinetti del gruppo PProbiotico.

In questo trial non sono stati descritti sintomi clinici di forma diarroica, con benefici sulla crescita dell’animale. Dalla caratterizzazione del microbiota fecale è emerso che i soggetti che hanno ricevuto il probiotico avevano una maggior uniformità di specie batteriche, che sta a significare una maggior stabilità ed equilibrio del microbiota stesso; dalla tassonomia è emerso che il probiotico abbassa la prevalenza di Clostridium e di Brachyspira e, in particolare, nelle covate delle scrofe trattate, una maggior prevalenza di Lactobacillus.

 Riassunto degli esiti del trial
Riassunto degli esiti del trial

TAKE HOME MESSAGE
  • Il supplemento di probiotici aumenta significativamente nelle scrofe la digeribilità dei nutrienti e il peso dei suinetti allo svezzamento;
  • I suinetti nati da scrofe che hanno ricevuto il supplemento di probiotico hanno mantenuto performances buone anche dopo l’infezione sperimentale con E. coli K88;
  • I suinetti nati da scrofe che hanno ricevuto il supplemento di probiotico hanno prodotto meno citochine pro-infiammatorie;
  • Il peso allo svezzamento dei suinetti è stato maggiore se la scrofa aveva ricevuto l’integrazione di probiotico durante la gestazione e la lattazione, mentre l’aumento dell’incremento medio giornaliero dei lattoni dopo lo svezzamento richiedeva una supplementazione del probiotico agli stessi, anche per le settimane successive;

Questo trial ha dimostrato che il probiotico a base di Bacillus spp, senza l’uso di antibiotici, è capace di migliorare la funzionalità intestinale ed immunitaria.


wm
]]>
https://suivet.it/probiotico-contro-diarrea-da-coli.aspx https://suivet.it/probiotico-contro-diarrea-da-coli.aspx https://suivet.it/probiotico-contro-diarrea-da-coli.aspx Mon, 26 Jun 2023 01:39:00 GMT
Infezione da Mycoplasma Hyopneumoniae (dott. Giulia Bini)

Nel corso del seminario organizzato da Huvepharma a Gent, sono state trattate diverse tematiche legate a problemi respiratori nel suino. Fra le aule e i laboratori della facoltà di veterinaria della città, il dottor Lieven Claerhout ci ha parlato di Mycoplasma hyopneumoniae e in particolare delle opzioni a disposizione per contrastarlo all’interno dei nostri allevamenti. Ma facciamo un passo indietro.

Mycoplasma hyopneumoniae è l’agente eziologico primario della famosa polmonite enzootica, malattia respiratoria cronica del suino. L’infezione è molto diffusa e causa perdite economiche legate a un peggioramento delle performance degli animali e a un aumento dei costi per le medicazioni. Mycoplasma hyopneumoniae è uno dei patogeni principali del complesso della malattia respiratoria del suino (PRDC). È un microrganismo molto piccolo e si trasmette per contatto diretto fra suini o anche per via aerogena a breve distanza. È possibile la trasmissione fra un allevamento e l’altro attraverso l’introduzione di nuovi animali o anche per via aerogena. Gli animali possono infettarsi in qualunque fase del ciclo produttivo, i suinetti sottoscrofa lo contraggono direttamente dalla madre in sala parto. Negli allevamenti a ciclo chiuso la percentuale di soggetti positivi allo svezzamento è maggiore rispetto ai multisede, e aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età dei suini. Nei sistemi multisito la prevalenza è più bassa allo svezzamento/messa a terra ma, anche in questo caso, tende ad aumentare con il progredire dell’età dei suini.

Mycoplasma hyopneumoniae è un patogeno che interagisce molto con altri virus e batteri respiratori (PRRS, Circovirus, influenza, Actinobacillus pleuropneumoniae, ecc…). Da solo causa tosse secca, lieve rialzo della temperatura e un po’ come tutti i patogeni anche una diminuzione dell’appetito. Spesso però il quadro clinico è complicato, appunto, da altre infezioni concomitanti. In generale, negli allevamenti infetti si registrano tassi di crescita inferiori e sono necessari maggiori trattamenti antibiotici.

Dunque? Come comportarci con questo patogeno?

Abbiamo quattro opzioni:

·         Prevenirlo

·         Utilizzare la vaccinazione

·         Trattare i capi infetti

·         Tentare di eradicarlo

Prevenzione

La prevenzione, come spesso accade nel nostro settore, si gioca tutta su buone pratiche di biosicurezza e gestionali.

  • Sistema TP/TV: applicare un sistema tutto pieno/ tutto vuoto è la soluzione migliore perché si va ad interrompere il ciclo di trasmissione tra animali infetti e recettivi; tuttavia, non per tutti gli allevatori è possibile lavorare in questa maniera.
  • Svezzamento precoce: interrompe la trasmissione verticale ma non è possibile applicarlo in maniera sistematica anche per ragioni legate alla normativa sul benessere.
  • Prestare attenzione all’introduzione di nuovi animali (disporre di locali per la quarantena, verificare lo stato sanitario d’origine, ecc…)
  • Controllo densità degli animali e controllo livelli di ammoniaca e gas
  • Prevenzione di altri patogeni respiratori
Vaccinazione

Il vaccino contro Mycoplasma hyopneumoniae è molto efficace nel ridurre i sintomi e le lesioni polmonari e di conseguenza aumenta le performance degli animali. Tuttavia, la vaccinazione non previene l’infezione degli animali e pertanto, da sola, non è in grado di eliminare il batterio dall’allevamento. Di certo abbassa la pressione infettante ma dobbiamo considerare anche il timing esatto in cui vaccinare i nostri suini e anche convivere col fatto che la presenza di altri patogeni (es. PRRS e PCV) può diminuire l’efficacia del nostro intervento. Spesso i suinetti vengono vaccinati al momento dello svezzamento (o poco prima) e successivamente si può intervenire con un secondo intervento; quest’ultimo è a discrezione dell’allevatore e del veterinario, da valutare infatti è il ritorno economico dato da questa seconda dose in relazione al danno presente.

Utilizzo di molecole antibiotiche

Tolto il fatto che ad oggi l’attenzione sull’uso di antimicrobici e sull’antibiotico resistenza sia molto alta, in allevamenti con elevati livelli di circolazione del micoplasma e con una gestione mediocre, la soluzione più semplice è senz’altro trattare gli animali. Occorre ricordare che, esattamente come la vaccinazione, il trattamento antibiotico non elimina il patogeno dall’allevamento. Una delle molecole principali per trattare l’infezione da Mycoplasma hyopneumoniae è la tiamulina che raggiunge buone concentrazioni a livello del tratto respiratorio in breve tempo. Quando si sceglie una molecola bisogna chiedersi se quel determinato principio attivo arriva in concentrazioni adeguate nel target dell’apparato che ci interessa trattare.

Eradicazione

I programmi di eradicazione sono maggiormente impiegati nel Nord Europa. Esistono sistemi di eradicazione totale o parziale.

  • Eradicazione totale: svuotamento completo dell’allevamento per vendita o abbattimento di tutti i suini. Un metodo drastico e praticabile solo in taluni contesti.
  • Eradicazione parziale: eliminazione di tutti gli animali inferiori a 10 mesi (restano scrofe, verri, scrofette con più di 10 mesi e suinetti lattanti) per un certo periodo in associazione a medicazione dei capi residui per 10-14 giorni. Viene solo modificato parzialmente il flusso degli animali e non si perde il profilo genetico acquisito negli anni dal parco riproduttori. È un metodo efficace e che dà un buon ritorno economico ma senz’altro non applicabile per tutti i tipi di allevamenti. Si presta meglio per realtà piccole, multisito che magari lavorino con bande lunghe (4, 5 o 7 settimane).

Come succede spesso non esiste una soluzione univoca e perfetta per tutti. In base al tipo di allevamento che si possiede, alle dimensioni e anche allo stato sanitario dei propri suini, un’opzione si presta meglio delle altre, oppure, bisogna adoperarne più di una assieme. Senza dubbio la biosicurezza e una buona gestione sono la base per riuscire nell’intento e qualunque scelta si faccia sono capisaldi imprescindibili. La vaccinazione è un aiuto valido ma non elimina il problema, così come il trattamento antibiotico che, pur fornendo un risultato più rapido e semplice non è esente da problematiche, anzi!


Dott. Giulia Bini
]]>
https://suivet.it/infezione-da-mycoplasma-hyopneumoniae.aspx giuliabini@aaa.ss (Dott. Giulia Bini) https://suivet.it/infezione-da-mycoplasma-hyopneumoniae.aspx https://suivet.it/infezione-da-mycoplasma-hyopneumoniae.aspx Fri, 28 Apr 2023 23:50:00 GMT
Diagnosi delle malattie del sistema respiratorio suino (dott. Anna Luciani)

Nel corso del ‘RESPIRATORY HEALTH SEMINAR’ svoltosi a Ghent il 13 e 14 ottobre 2022, il Dottor Philip Vyt ha approfondito il tema della diagnosi delle malattie del sistema respiratorio del suino. Un argomento estremamente attuale e con un importante risvolto nella vita lavorativa di tutti i giorni.

Sono stati divisi i problemi respiratori in 3 categorie

Patologie su base infettiva

-          Sintomi: specifici o aspecifici
-          Diagnosi: da segni clinici e/o necroscopie e da test diagnostici

Patologie non infettive

-          Sintomi: specifici o aspecifici
-          Dovuti da condizioni ambientali sfavorevoli come ventilazione, ammoniaca, umidità, polveri. Insieme di fattori che portano all’irritazione o al danno della mucosa respiratoria

Fattori predisponenti/complicazioni

-          Di tipo manageriale come densità elevata, unione di gruppi differenti ecc.


Sono state successivamente approfondite le patologie tipiche del sistema respiratorio su base infettiva. Di seguito un sunto per ognuna dei principali segni clinici e delle metodologie diagnostiche.

Foto 1: PRRS, cianosi auricolare

PRRS

Segni clinici:
• Segni respiratori (tosse cronica non produttiva)
• Turbe riproduttive (aborti, aumento del numero dei mummificati, riduzione del numero dei nati vivi..)
• Ritardo di crescita nei suinetti

Metodologie diagnostiche:
• Sierologia (ELISA): nella fase subacuta/cronica
- Gli anticorpi compaiono a distanza di 18-21gg dall’infezione
- Non si riescono a distinguere le diverse tipologie di anticorpi (materni, da infezione, da vaccinazione)
• Diagnosi mediante ricerca del virus nel sangue (PCR): nella fase acuta della malattia
- Finestra temporale ridotta: la viremia è di 3-4gg per la scrofa, decisamente più elevata nei lattoni e nei suinetti sottoscrofa
- L’RNA è molto instabile
- Per distinguere il virus di campo da quello vaccinale occorre fare il sequenziamento (colture virali)

 

Foto 2: influenza, grassi con truogolo pieno

INFLUENZA

Segni clinici:
• Sintomi respiratori acuti
• Aborti (da ipertermia)
• Problemi respiratori cronici in sala parto

Metodologie diagnostiche:
• Ricerca del virus: PCR, colture cellulari (BAL, polmone, saliva)
• Ricerca degli anticorpi: nessuna differenza tra il ceppo di campo e quello vaccinale (titolo infezione vaccinale meno di 1:320)

 

 

 

 

Foto 3: PMWS, dimagramento da PCV2

PCV2

Segni clinici:
• Forma clinica Deperimento (PMWS)
• Forma subclinica
• Forma enterica
• Forma respiratoria
• Dermatite Nefrite (PDNS)
• Forma riproduttiva: Aborti Morte fetale

Metodologie diagnostiche:
• Individuazione e quantificazione del virus (PCR)
• Sierologia:
- Tenendo conto che le IgM sono presenti dagli 8 agli 80 giorni post infezione
- IgG: sono presenti dopo 14 giorni dal contatto con il virus

 

Foto 4: APP, forma iperacuta

ACTINOBACILLUS PLEUROPNEUMONIAE (APP)

Segni clinici:
• Morte acuta
• Pleurite come conseguenza
• PRDC

Metodologie diagnostiche:
• Batteriologico e tipizzazione nel caso di morte acuta
• PCR dal polmone
• Sierologia: si utilizza nei casi di PRDC per valutare quando ha avuto inizio l’infezione
- APX4: si ricercano gli anticorpi prodotti nei confronti della tossina IV, che iniziano ad essere prodotti dopo 4-6 settimane dall’infezione
- Anticorpi prodotti nei confronti del corpo batterico (LPS), i quali vengono rilevati a distanza di 3-4 settimane dal contatto con il virus

 

Foto 5:micoplasmosi con scolo nasale

MYCOPLASMA HYOPNEUMONIAE

Segni clinici:
• Tosse cronica a lenta diffusione
• Infezioni secondarie e ritardo di crescita
• PRDC

Metodologie diagnostiche:
• Necroscopia: a livello polmonare si possono notare delle lesioni caratteristiche localizzate in sede ventro-caudale (DD Pasteurella multocida; Influenza)
• Istologia: dal punto di vista istologico si nota un’elevata densità di linfociti e monociti attorno ai bronchi ed ai bronchioli (infiammazione)
• PCR dai polmoni, dal liquido bronco-alveolare
• Sierologia, tenendo presente che gli anticorpi si manifestano a distanza di 4-6 settimane dall’inizio dell’infezione

 

LESIONI DA ASCARIDI
Segni clinici:
• Segni respiratori cronici con lesioni caratteristiche al fegato (milk spots) e ai polmoni

Metodologie diagnostiche:
• Esame delle feci
• Lesioni epatiche e polmonari
• Sierologia

Foto 6: malattia di Glasser, formazione di scarti

HAEMOPHILUS PARASUIS

Segni clinici:
• Ritardo di crescita
• Poliartriti
• Dispnea

Metodologie diagnostiche:
• Batteriologico
• PCR
• Sierologia che risulta utile per valutare lo stato dell’infezione

 

 

Foto 7: rinite atrofica progressiva

RINITE ATROFICA PROGRESSIVA

Segni clinici:
• Deformazione del setto nasale (P. multocida e B. bronchiseptica)
• Frequenti starnuti, scoli nasali
• Meningiti frequenti

Metodologie diagnostiche:
• Batteriologico
• PCR
.

 

 

 

 

 

 

In conclusione

Questa carrellata di patologie, segni clinici e metodologie diagnostiche sottolinea:

- L’importanza della conoscenza della fisiopatologia delle singole malattie, per comprendere un quadro necroscopico e le relative lesioni, con il fine ultimo di campionare il corretto materiale per i test diagnostici
- L’abilità nell’interpretazione dei testi diagnostici, alla luce dei segni clinici e delle necroscopie


Dott.ssa Anna Luciani
]]>
https://suivet.it/diagnosi-delle-malattie-del-sistema-respiratorio-suino.aspx luciani@suivet.it (Dott.ssa Anna Luciani) https://suivet.it/diagnosi-delle-malattie-del-sistema-respiratorio-suino.aspx https://suivet.it/diagnosi-delle-malattie-del-sistema-respiratorio-suino.aspx Wed, 15 Mar 2023 01:10:00 GMT
Ospiti indesiderati: i vermi (dott. Silvia Mondini)

Scegliendo come sede la città di Gent, in Belgio, Huvepharma ha organizzato un seminario riguardante le patologie che colpiscono l’apparato respiratorio del suino. Tra i diversi argomenti trattati sono state anche affrontate le problematiche relative alle infestazioni da vermi.

Nel discorso tenuto dal dottor Peter Geldhof l’attenzione è stata posta nei confronti delle tre specie di endoparassiti che il suino può albergare. Nello specifico stiamo parlando di Ascaris suum, presente con maggior prevalenza, Trichuris suis e Oesophagostomum dentatum.

Andiamo con ordine.

Ascaris suum

Ascaris suum è la specie riscontrata più frequentemente, si trova spesso nel lume del piccolo intestino di scrofe e suini all’ingrasso. Presenta un ciclo biologico di 6 settimane. L’animale si infesta ingerendo le uova, presenti nell’ambiente contaminato, contenenti le larve infestanti. Una volta giunte in sede intestinale, le larve migrano in direzione del fegato e ciò avviene a circa 3 giorni post ingestione. Per mezzo del circolo sanguigno giungono dopo 7 giorni dall’ingestione ai polmoni, dove, risalendo l’albero respiratorio, stimolano il riflesso della tosse e come conseguenza la loro deglutizione. Una volta giunte nuovamente a livello intestinale, 10 giorni dopo l’ingestione, avverrà l’accoppiamento e il successivo rilascio di uova nell’ambiente attraverso le feci.

Quali sono gli effetti che si verificano in allevamento in seguito a un’infestazione da Ascaris?

1.Effetti diretti
  • Forma larvale: in sede epatica si rilevano lesioni circolari di colore bianco, chiamate milk spot, e dovute al richiamo di cellule infiammatorie laddove si sia verificato il passaggio del parassita. Più l’esposizione è ripetuta, maggiore sarà la presenza di tali lesioni. A livello polmonare si possono riscontrare lesioni tissutali simili a quelle epatiche e, in corso di un’infestazione elevata, si avranno inoltre sintomi respiratori.
  • Forma adulta: localizzata a livello intestinale porta a un aumento dello spessore della parete e conseguente riduzione dell’assorbimento dei nutrienti. Quando l’infestazione è massiva si possono verificare ostruzione o migrazioni aberranti.    
2. Effetti indiretti
  • Infezioni secondarie: è stato dimostrato che un’infestazione da ascaridi predispone a infezioni secondarie sostenute da Pasteurella multocida, Escherichia coli e Salmonella spp.
  • Immunomodulazione: sono stati fatti studi che hanno dimostrato come un’infestazione da A. suum influisce negativamente su quella che sarà la risposta immunitaria dell’organismo a seguito della vaccinazione contro Mycoplasma, e di conseguenza la sua efficacia.
3.Effetti economici

si riscontrano danni economici nell’allevamento suinicolo, in quanto si verificherà una riduzione dell’incremento ponderale giornaliero e un peggioramento della conversione dell’alimento, così come una riduzione della percentuale di carne magra, una maggiore mortalità e l’impossibilità di destinare il fegato al consumo umano. In ultimo, ma non per importanza, si verificheranno un aumento delle spese veterinarie a causa delle infezioni secondarie e dell’immunomodulazione.

Come è possibile diagnosticare la sua presenza?

Ci sono diverse metodiche utilizzate. Tra queste abbiamo:

  • L’espulsione della forma adulta dopo il trattamento
  • Esame delle feci
  • Milk spot in sede di macellazione
  • Sierologia

Le prime due possiamo considerarle la soluzione tradizionale per la diagnosi del problema.  Tuttavia, con tali metodiche, il problema potrebbe risultare sottostimato dal momento che è stato dimostrato che solo una parte dei soggetti infestati alberga la forma adulta nell’intestino. Questo perché l’organismo, in difesa dall’infestazione, attiva una risposta immunitaria in sede enterica circa 14 giorni post-infestazione, con associato un aumento della peristalsi e conseguente espulsione del parassita con le feci. In questo modo viene impedita la conclusione del ciclo vitale del parassita all’interno del soggetto. Andando quindi a valutare solo le feci, non vengono individuati gli animali nei quali il parassita sta svolgendo la prima fase del ciclo vitale, che di fatto rappresentano la maggior parte della popolazione.

Anche l’ispezione al macello, è uno strumento utile per conoscere il livello di infestazione all’interno dell’allevamento, seppur sempre con qualche limite.

La sierologia, infine, si sta facendo strada come importante strumento di diagnosi. Il SERASCA test, per esempio, è un test sierologico utilizzato per la ricerca di anticorpi a seguito di un’infestazione da ascaridi. Esso ha permesso di dimostrare che la velocità di sieroconversione che si verifica in un animale è tanto maggiore quanto più è elevato il grado di infestazione: una sieroconversione lenta è correlata a un basso livello di infestazione. Viceversa, un soggetto infestato in modo massivo avrà una sieroconversione più rapida. Tutto questo è stato confermato anche dal fatto che, effettuando il test prima e dopo il trattamento antiparassitario, è stata riportata una riduzione della velocità di sieroconversione, indice di una minor infestazione. Con questo test non avremo perciò solamente un risultato qualitativo, ma anche quantitativo. Come il SERASCA test, anche il BioX Elisa test svolge la stessa funzione.

Cosa fare?

Una volta individuata la presenza di Ascaris in allevamento è necessario pianificare un efficace protocollo antiparassitario. Dal momento che è stata dimostrata l’assenza di forme adulte nell’intestino dei suinetti, sebbene anche loro possano contrarre l’infestazione, le attenzioni vanno poste alla fase di ingrasso. Durante questa fase negli animali può svilupparsi la forma adulta, con conseguente rilascio di uova nell’ambiente. Viene perciò consigliato di effettuare un primo trattamento a circa 10 settimane di vita, per poi ripeterlo altre due volte a distanza di 5-6 settimane uno dall’altro. In questo modo il numero di vermi adulti, e di conseguenza di uova nell’ambiente, cala drasticamente, e non si corre il rischio di avere un’infestazione importante nell’ultimo periodo di ingrasso. Per quanto riguarda scrofette e scrofe si è visto che, le prime sono più soggette all’infestazione, mentre le seconde sviluppano una sorta di resistenza nei confronti di Ascaris. Nel momento in cui però l’ambiente risulta essere contaminato si avrà una continua presenza delle diverse forme del parassita. Qual ora si dovesse verificare una situazione simile, va quindi presa in considerazione la necessità di effettuare trattamenti ogni 6 settimane.

I prodotti antielmintici che il mercato mette a disposizione sono diversi, in base alle modalità di utilizzo e alla fase del ciclo vitale che colpiscono, e, ad oggi, non sono stati dimostrati casi di resistenza.

Qualche informazione invece sugli altri due protagonisti

Trichuris suis è un verme che si localizza nella mucosa del colon. La sua prevalenza è sporadica e sono maggiormente predisposti i suini con un accesso all’esterno. I sintomi si manifestano solo in seguito a un’infestazione massiva.

Infine, Oesophagostomum spp., localizzato nel cieco e nel colon, ha una prevalenza che varia da paese a paese ed è maggiormente rilevato in soggetti anziani. Non va comunque sottovalutato, dal momento che contribuisce anch’esso alla pressione dell’infestazione all’interno dell’allevamento.

 

In conclusione, come conseguenza di una continua ed elevata presenza delle diverse specie di vermi, è necessario possedere rigidi programmi di trattamenti sverminanti, che devono essere rispettati e ripetuti laddove necessario. Il monitoraggio continuo della contaminazione in allevamento è altresì fondamentale, così come la pulizia dell’ambiente in un’ottica di prevenzione.


wm
]]>
https://suivet.it/ospiti-indesiderati-i-vermi.aspx https://suivet.it/ospiti-indesiderati-i-vermi.aspx https://suivet.it/ospiti-indesiderati-i-vermi.aspx Thu, 15 Dec 2022 02:42:00 GMT
Aggiornamenti legislativi dall'UE (dott. Raphaele Vivace)

Durante il HUVEPHARMA RESPIRATORY HEALTH SEMINAR tenutosi a Gent nell'ottobre 2022 il Dr. Bob Cornez, ha riassunto in vari punti il nuovo contesto legislativo europeo sui medicinali veterinari, che riteniamo utile riportare anche qui.

Dal 28 gennaio 2022 sono entrati in vigore due Regolamenti chiave:

  • Il Regolamento (UE) 2019/6relativo ai medicinali veterinari e che abroga la direttiva 2001/82/CE
  • il Regolamento (UE) 2019/4relativo alla fabbricazione, all’immissione sul mercato e all’utilizzo di mangimi medicati, che modifica il regolamento (CE) n. 183/2005”. Il regolamento come testo di legge europeo si applica direttamente su tutto il territorio dell’Unione Europea (Quindi non valido in Inghilterra che sta preparando leggi nazionali!).

I medicinali (Reg. UE 2019/6)

Gli obbiettivi del testo sono di uniformare la legislazione a livello europeo, incentivare l’innovazione soprattutto nel ricercare nuove molecole in medicina veterinaria e infine rafforzare le azioni dell’Unione europea riguardanti la lotta contro l’antimicrobico-resistenza (termine non scelto a caso: comprende oltre agli antibiotici anche antivirali, antifungini, antiparassitari…). Il testo comprende 125 pagine, 160 articoli, 4 allegati, 9 regolamenti di esecuzione e 14 regolamenti delegati, alcuni di essi non ancora in vigore.

La maggiore parte delle restrizioni/regole riguardano proprio gli antimicrobici.

Nello specifico:

  • la profilassi con antimicrobici è vietata almeno nei trattamenti di gruppo,
  • alcuni antibiotici vengono riservati all’uso umano,
  • la prescrizione veterinaria ha una validità di 5 giorni,
  • i medicinali veterinari prescritti devono essere scelti in base ad una diagnosi veterinaria di malattia infettiva e la loro quantità deve corrispondere al solo necessario per il trattamento della malattia diagnostica (non può fare scorta).
  • gli Stati Membri possono vietare ulteriormente l’uso di antimicrobici in base ai dati epidemiologici (es: amoxicillina),
  • sono vietati l’importazione di animali o di prodotti di origine animale trattati con antimicrobici vietati nell’Unione Europea o se utilizzati come auxinico,
  • nei prossimi anni dovranno essere armonizzati i foglietti illustrativi o RCP (riassunto delle caratteristiche del prodotto). I prodotti già approvati potranno essere venduti fino al 27/02/2027 ma entro questa scadenza dovranno essere messi in regola gli RCP (si parla di ben oltre 43.000 prodotti!).

A proposito di RCP… l’articolo 106 comma 1 recita: ”I medicinali veterinari sono utilizzati conformemente ai termini dell’autorizzazione all’immissione in commercio”: i medicinali in questione vanno quindi utilizzati secondo i termini di immissione in commercio (le famose indicazioni dettate dal foglietto illustrativo). Vi è comunque la possibilità di utilizzare il principio di “cascata” dei medicinali. In deroga all’articolo 106, l’articolo 113 permette l’uso di medicinali non registrati per lo scopo previsto nei seguenti casi:

  • In prima battuta è possibile usare un medicinale di una specie diversa destinata alla produzione di alimenti (es: vacche) oppure della stessa specie in questione ma per una malattia diversa rispetto al foglietto (es: Tiamulina con E.coli emolitico).
  • In seconda battura, se non si trova un medicinale nella prima categoria, allora è possibile usare un medicinale registrato per gli animali d’affezione (ovvero che non producono alimenti).
  • In terza battuta è possibile richiedere l’uso di un medicinale registrato per la specie umana.

Inoltre, se non vi è in commercio un prodotto per curare una determinata malattia, è possibile richiedere la preparazione specifica di prodotti terapeutici (es: farmaco galenico) Queste “regole” valgono per i medicinali registrati in Italia e nei paesi membri dell’Unione Europea ma in via eccezionale si può ricorrere anche ad un medicinale registrato in un paese terzo.

E per i tempi di sospensione?

Nel caso specifico del suino se non vi sono tempi di sospensioni indicati si devono prendere in considerazioni le seguenti regole in ordine:

  1. Il tempo di sospensione più lungo nel RCP moltiplicato per 1,5
  2. se il prodotto non è registrato negli animali da reddito: 28 giorni
  3. se il prodotto ha zero giorni di sospensioni: 1 giorno.

Un ulteriore deroga prevede l’uso di un medicinale veterinario in un paese membro dell’UE non registrato in tale Stato a condizione che il veterinario esegua la somministrazione e il prodotto sia registrato nel paese di provenienza del veterinario, nella sua confezione originale e non sia venduto dal veterinario (tranne se concesso dal paese membro).

Vi saranno poi cambi nella farmacovigilanza riguardanti definizioni e metodo di valutazione.

Un progetto importante è quello della creazione di un database contenente tutte le informazioni sui medicinali veterinari registrati in Unione Europea. L’Union Product Database (UPD) è già in funzione dal 28 gennaio 2022 e permetterà di rafforzare la digitalizzazione delle informazioni rendendole accessibili e modificabili facilmente. Ad oggi non è interamente funzionale, difatti vari paesi membri non riescono a caricare i loro dati e vi è qualche problema di mappatura nel sito.

I mangimi medicati (REG. UE 2019/4)

Per quanto riguarda i mangimi medicati invece non cambiano molto le regole. Il regolamento 2019/4 riporta le basi fondamentali per la loro produzione e commercializzazione. Sono state introdotte alcune implementazioni sulle contaminazioni crociate: è stata prodotta una lista di molecole a cui verranno definiti le quantità massima di cross-contaminazione (carry-over).

In conclusione

I regolamenti descritti forniscono le basi fondamentali per l’uso dei medicinali veterinari I regolamenti verranno col tempo aggiornati con atti delegati per implementarne le funzioni e la chiarezza. Alcuni concetti sono sicuramente già noti a chi già lavora nel settore da un po’ di anni ma il testo prevede regole chiare e semplici con qualche nota di apertura sull’uso in deroga dei medicinali e lo scambio d’informazioni tra paesi membri dell’Unione Europea.


wm
]]>
https://suivet.it/aggiornamenti-legislativi-dallue.aspx https://suivet.it/aggiornamenti-legislativi-dallue.aspx https://suivet.it/aggiornamenti-legislativi-dallue.aspx Tue, 29 Nov 2022 03:51:00 GMT
L’emozione di un reincontro (dott. Claudio Mazzoni)

European Symposium of Porcine Health Management - ESPHM

11-13 maggio 2022

Budapest

 

 

Finalmente! È la prima cosa che ho pensato quando mi sono seduto sulle comode poltrone della Pátria Hall nella sede congressuale di Budapest, alle ore 13:00 dell’11 maggio scorso. In effetti la cerimonia di apertura del 13° Simposio Europeo ESPHM è stata semplice e tuttavia toccante, dal momento che ha ripreso tutte quelle vicende negative che hanno contraddistinto questo periodo della nostra vita, in cui il Covid-19 l’ha fatta da padrone.

Già! Il Covid… questo virus che già in molte parti del pianeta sembra avere perso di interesse quasi come se fossero passati decenni da quando eravamo tutti chiusi in casa con la speranza che, prima o poi, qualcuno ci dicesse che era possibile uscire nuovamente. Ma è così che succede, o meglio è così che nostra specie gestisce queste situazioni… grande panico all’inizio e spavalderia alla fine quasi a mancare di rispetto alla natura che, almeno per questa volta, ci ha voluto risparmiare laddove in altre epoche non è accaduto.

Giornate baciate da un sole davvero avvolgente con temperature pienamente estive per una città, come Budapest, che almeno una volta nella vita ritengo sia necessario visitare. Colpisce sempre la luce del sole che, a queste latitudini, conferisce a tutto quello che irradia una lucentezza davvero straordinaria. Insomma tutto, a partire dal clima, per finire con le meraviglie cittadine, sembravano voler fare festa al ritorno verso quella nostra normalità perduta da oltre due anni.

Il convegno è stato interessante, corrispondendo come al solito a quelle che sono le mie aspettative. Credo infatti che, al di là del valore scientifico delle relazioni e delle scoperte in esse contenute, peraltro sempre più rare, la cosa che conta veramente sia la possibilità di confrontarsi con colleghi di tutta Europa fra i quali gli specialisti delle discipline più disparate. È in questo contesto che è possibile aprirsi la mente imparando a ragionare in modo “diverso” verso pensieri che spesso neppure immaginavamo potessero esistere e che rappresentano il vero valore aggiunto di questi convegni.

In effetti ho avuto bisogno di un po’ di tempo prima di rendermene conto! Ho dovuto girare fra gli stand e fra le file delle poltroncine delle aule del congresso per capirlo bene, ma è questa la vera cosa di cui ho tanto patito la mancanza durante tutto quel lasso di tempo scandito dalla “chiusura”. Mi riferisco proprio al confronto con i colleghi stranieri, ma anche tanti italiani, con cui si condivide la passione per questo lavoro, quel senso di appartenenza  che si viene formando nel corso degli anni e del susseguirsi degli incontri che rendono unico il clima degli eventi internazionali.

Non è facile spiegarlo, ma sembra quasi che tutte le distanze professionali, tutte le difficoltà della vita lavorativa quotidiana, vangano superate da un bene comune, un qualcosa che ci spinge a condividere anche esperienze professionali dolorose, con la speranza che altri possano non commetterle. Insomma la massima espressione del concetto a me tanto caro, del bene che genera altro bene, il tutto arricchito da buon cibo e da risate che con la loro musicalità riempiono le volte di tutti gli ambienti facendo tanto bene allo spirito…d’altra parte la musica è il “cibo” dell’anima, no?!

Non è così impossibile capire che è proprio in contesti come questo che è più facile rinfrancarsi, prendendo magari coraggio per rimettere mano, con rinnovato vigore, alle varie situazioni lavorative anche e soprattutto a quelle più complicate e sfibranti. Insomma stiamo parlando di motivazioni… In effetti per la grande maggioranza di noi questi eventi sono una sorta di ricarica per affrontare con il giusto piglio e le giuste motivazioni le nuove e vecchie difficoltà della vita lavorativa. Grazie a tutti!

 

 

 

 


Dott. Claudio Mazzoni
]]>
https://suivet.it/l’emozione-di-un-reincontro.aspx mazzoni@suivet.it (Dott. Claudio Mazzoni) https://suivet.it/l’emozione-di-un-reincontro.aspx https://suivet.it/l’emozione-di-un-reincontro.aspx Sat, 14 May 2022 09:03:00 GMT
Una bella emozione alla SIPAS del 10 settembre (dott. Claudio Mazzoni)

Si è concluso da poche settimane il 46° meeting annuale della SIPAS, la società Italiana di Patologia ed Allevamento Suino, che non tenutasi nel 2020 per i ben noti avvenimenti legati all’epidemia del Covid-19, ha rischiato di saltare anche la sessione del 2021. Infatti, normalmente l’evento si tiene in marzo, anche quest’anno chiuso per il lockdown, ma lo straordinario volere del consiglio direttivo ha voluto ad ogni costo recuperare in un inusuale contesto settembrino, stupendamente riuscito in una location di altrettanto livello.

Sebbene ogni anno sia spinto dal desiderio di scrivere due righe su quest’evento così importante per il movimento suinicolo nazionale, non riesco mai a farlo, forse per mancanza di tempo se non anche per pigrizia. Tuttavia, quest’anno è successo qualcosa che mi ha profondamente toccato e che mi ha fatto fare un salto indietro nel tempo di almeno 15-20 anni, allorquando da giovane veterinario apprendista muovevo i primi passi in un settore che tanto mi affascinava, ma che tanto mi inquietava, con tutte le sue molteplici complicate sfaccettature. Ed è per questo che, quando il dott. Mario Gherpelli nel primo pomeriggio del 10 settembre è stato chiamato dal comitato scientifico della SIPAS, al completo schierato, per consegnare il premio Casimiro Tarocco, mi sono detto: ”Claudio, quest’anno non puoi esimerti dallo scrivere qualcosa!”.

Tutti noi abbiamo accolto con grande entusiasmo l’istituzione di questo premio, giusto tributo a un grande personaggio del nostro settore, nonché uno dei padri fondatori della SIPAS stessa. Il desiderio di scrivere è stato davvero forte anche perché mi sono reso conto che le nuove generazioni di veterinari suiatri, fortunatamente ancora numerosi, non hanno avuto l’opportunità di conoscere questo collega e, prima di tutto, quest’uomo, che tanto bene ha fatto a tutto il movimento oltre che a tanti ragazzi di una volta, oggi uomini e professionisti affermati.

In effetti parlare di grandi personaggi, a chi non ha mai avuto l’opportunità di conoscerli, non è affatto semplice. È come cercare di parlare di Pelè e della sua ginga a chi non l’ha mai visto giocare. Cosa ha rappresentato per il suo tempo, come atleta, per la sua gente, dopo i disastrosi mondiali del ’54, per il suo paese, dove il football non è solo uno sport ma è motivo di vita e speranza. E spiegare tutto questo a chi non c’era è cosa tutt’altro che semplice.

Ho avuto il privilegio di conoscere il professor Casimiro Tarocco, a tutti noto semplicemente come “il professore”, ad un incontro presso la sua abitazione di Reggio Emilia, con il mio padre putativo, il dott. Mario Gherpelli. Dopo un primo scambio di parole, ci volle poco per capire che mi trovavo al cospetto di una persona straordinaria, appassionata della suinicoltura, ma soprattutto molto consapevole dei propri mezzi e in possesso di un non comune senso dell’ironia. Quello che impressionava, però, era il garbo e la gentilezza con cui trasferiva le sue conoscenze, senza mai farti pesare quella distanza, certamente misurabile in anni luce, che derivava dalla sua notevole cultura. Nonostante continuasse a darti del lei si capiva benissimo che non era per mantenere le distanze, ma sembrava più una forma di rispetto, una forma di educazione risalente ad un passato insito nel Professore, che mai sfociava nello stucchevole.

La sua cultura, o meglio la sua conoscenza che, come spesso diceva, derivava dalla lettura e dallo studio, era alla base della sua professionalità e gli permetteva di dribblare con grande disinvoltura anche le situazioni più intrigate. A questo proposito una delle frasi che ricorderò sempre del professore era: “Si ricordi dott. Claudio che chi legge è un drago, e i draghi sono molto difficili da sconfiggere”, frase che può tranquillamente rappresentare un’autentica eredità per tutte le nuove generazioni.

Strettamente collegati, tanto allo studio quanto alla cultura, c’erano i rapporti che il professore teneva con l’università, rapporti di lavoro ovviamente, visto il suo ruolo di cattedratico, ma non senza un certo turbamento per le difficoltà in cui quest’istituzione si trovava, ed ahimè si trova ancora, nei confronti della ricerca in generale e dell’industria, almeno nel nostro paese. Da sempre sostenitore dell’indipendenza della ricerca dalla fase commerciale, con il suo garbo ed un pizzico di ironia, riteneva che l’università si trovasse al rimorchio dell’industria anziché al traino, come avrebbe dovuto essere per sua natura ed estrazione. Questo modo di pensare l’ha voluto sempre trasferire alle generazioni di professionisti più giovani affinché capissero il vero ruolo della ricerca, senza compromessi con la fase commerciale, ma attraverso una sobria equidistanza destinata ad un bene comune.

Il terreno di gioco sul quale però il Professore ha disputato la sua partita più memorabile è stato quello della lotta contro l’ignoranza delle maestranze, da affrontare con la Formazione, davvero con la lettera maiuscola, unica strada per vincere le difficoltà di un lavoro, come l’allevamento del suino, solo apparentemente semplice. Su questo tema è stato davvero un pioniere, ed oggi tutti gli riconoscono questo merito. È infatti grazie a questo suo spettacolare goal che sono nati all’interno del nostro gruppo, percorsi formativi dedicati quali: “Suivet Training”, il “Progetto Suivet” (per i veterinari) ed il “Suiservice Group/Progetto Iliade” (per i non veterinari), tutti provenienti dalle vestigia dei suoi precetti.

E così come Pelè nel ’58, in una finale storica contro la Svezia, fece ritrovare unità, passione ed identità ad un intero paese, la passione del professor Casimiro, ha permesso di dare un’identità e soprattutto uno stile ad intere generazioni di studenti prima e professionisti dopo, che calcano ancora i campi della nostra professione tanto affascinante ma tanto bisognosa di punti di riferimento da seguire.

Grazie professore!

E, inoltre, un sentito ringraziamento da tutto il gruppo Suivet al consiglio della SIPAS, per l’istituzione di questo premio.

della cConsegna del premio “Casimiro Tarocco” 2021

Momento della consegna del premio “Casimiro Tarocco” da parte del dott Gherpelli alla dott.ssa Dr.ssa Pasqualina Alessia Viscido con un lavoro dal titolo: "Nuovo indice di valutazione delle partite suine conferite presso il macello sulla base dei parametri qualitativi delle cosce fresche rifilate" (10 settembre 2021)


Dott. Claudio Mazzoni
]]>
https://suivet.it/una-bella-emozione-alla-sipas-del-10-settembre.aspx mazzoni@suivet.it (Dott. Claudio Mazzoni) https://suivet.it/una-bella-emozione-alla-sipas-del-10-settembre.aspx https://suivet.it/una-bella-emozione-alla-sipas-del-10-settembre.aspx Wed, 17 Nov 2021 07:11:00 GMT
La flessibilità in scrofaia: nuovo vaccino contro parvovirus

Articolo originale in Professione Suinicoltore di Ottobre 2019.

Il convegno recentemente organizzato da Boehringer Ingelheim, tenutosi presso le località di Pernumia (PD) e Cologne (BS) il 3 e il 4 ottobre rispettivamente, si è “tinto di rosa” in tutto e per tutto. In questa occasione, infatti, Boehringer ha voluto far conoscere il suo approccio innovativo alla gestione sanitaria in scrofaia dei più importanti patogeni responsabili delle problematiche riproduttive attraverso la voce di due donne: Tanja Opriessnig, professoressa presso l’Università di Edinburgo, e Marta Noguera, Manager Clinical R&D di Boehringer. La prima relatrice ha eloquentemente fornito un quadro generale delle principali patologie riproduttive nella scrofa, mentre la seconda ha introdotto il nuovissimo vaccino contro la parvovirosi lanciato da Boehringer, richiamato sul finire anche da Sofia Dias, Junior Product Manager di Boehringer, per concludere coerentemente questo convegno tutto “al femminile”.

In qualsiasi situazione, al di là della veterinaria, si sa che quando i problemi diventano visibili spesso è troppo tardi per cercare di risolverli. Lo stesso concetto è facilmente applicabile ai problemi riproduttivi nella scrofa, che, se causati da agenti infettivi, sono riferibili nell’80% dei casi al virus della PRRS (PRRSv), al virus della parvovirosi (PPV) o al circovirus (PCV2).

Tanja Opriessnig, prima di addentrarsi nella descrizione di questi tre agenti virali, ha voluto fornire delle nozioni generali e di base per quanto concerne le problematiche riproduttive. In particolare, per fallimento riproduttivo vengono identificati tutti gli episodi di infertilità, riassorbimenti, aborti, alto numero di suinetti nati deboli e disvitali, bassa portata al parto e alta percentuale di mummificati. Solitamente, in scrofaia, è tollerabile circa un 1-2% di aborti, ma se si supera il 3% e/o se gli aborti sono concentrati in un breve arco di tempo o in una singola area dell’allevamento, sarebbe consigliabile eseguire degli accertamenti diagnostici. Bisogna però prestare attenzione al tipo di campioni da portare all’istituto zooprofilattico, poiché, se una scrofa abortisce, non deve essersi innescata necessariamente un’infezione del feto, quindi non è detto che portando i feti abortiti in IZS si abbiano dei riscontri positivi. Se è la scrofa a stare male, quindi se, contestualmente all’aborto, la scrofa manifesta segni acuti di infezione, allora gli esami diagnostici, mediante un prelievo di sangue, saranno da indirizzare su di essa e non tanto sul materiale abortito.  Al contrario, se la scrofa non manifesta alcun segno di malattia al momento dell’aborto, allora vorrà dire che quest’ultimo è stato innescato da un’infezione che è arrivata al feto tramite il sangue materno, quindi, in questo caso, l’analisi dei feti abortiti o del fluido fetale toracico consentiranno un’adeguata diagnosi. Nello specifico, i segni clinici riscontrabili in caso di infezione virale fetale variano in base al periodo gestazionale intaccato dal virus, come mostrato in tabella 1.


Tabella 1. Segni clinici riscontrabili in caso di infezione virale fetale in base al periodo gestazionale
Periodo gestazionale Segni clinici fetali

1-30 gg

Morte e riassorbimento embrionale
Confondibile con infertilità
30-70 gg Morte fetale, autolisi, mummificati e aborto
I mummificati possono essere tra i 3 e i 17 cm

> 70 gg

Covate miste con nati vivi e nati morti
La sierologia può essere positiva (formazione di immunità)

La professoressa Opriessnig ha poi fatto seguito con la spiegazione dei tre virus più comunemente imputabili alle malattie riproduttive infettive, ovvero i già citati PRRSv, PPV e PCV2, oltre a nominare anche Erysipelothrix Rhusiopathiae, il batterio responsabile del mal rossino, che annovera anch’esso l’aborto tra i suoi sintomi. La maggior attenzione è stata però focalizzata sul PPV, quindi sul virus responsabile della parvovirosi, fulcro centrale della giornata di incontro con Boehringer Ingelheim. PPV è un virus ubiquitario, ovvero costantemente presente nell’ambiente circostante, di conseguenza difficile da eliminare. Sono stati identificati 7 tipi diversi di virus, ma il PPV1, oltre ad essere stato il primo identificato in Germania nel 1965, è anche il più conosciuto e sicuramente il più coinvolto nei problemi di ordine riproduttivo nella scrofa. L’infezione da parte del virus non dà segni clinici acuti ed evidenti sulla scrofa, ma si ripercuote indirettamente sulle sue performance e sulla sua nidiata, soprattutto nelle scrofette e nelle primipare. In particolare, si registra un aumento dei ritorni in estro, di aborti, di scrofe vuote e parti languidi, oltre a provocare nidiate poco numerose, meno feti vitali e una maggiore percentuale di nati morti e di mummificati (> 1% per parto), i quali quest’ultimi si presentano “in scala” come dimensioni (Foto 1).

Esempio di nati morti e mummificati a causa parvovirosi

Oggi, comunque, non è molto frequente riscontrare quadri drammatici di parvovirosi in scrofaia, a meno che non ci sia alla base qualche problema di tipo vaccinale. I vaccini presenti oggi in commercio sono inattivati e conferiscono una copertura anticorpale passiva di lunga durata, mentre il test sierologico più comunemente utilizzato in diagnostica è il test di inibizione dell’emoagglutinazione, che però non consente di distinguere i soggetti realmente positivi per l’esposizione all’infezione virale da quelli positivi perché vaccinati.

 

La parola è poi passata a Marta Noguera, la quale ha esordito chiedendo “Perché è necessario un nuovo vaccino contro la parvovirosi?”. In realtà, come ci spiega la relatrice, la risposta è più semplice e intuitiva di quanto si possa pensare: semplicemente perché il virus, negli ultimi 10 anni, è cambiato! Quindi, Boehringer Ingelheim ha pesato di cambiare anche lei qualcosa nel processo produttivo del vaccino, in modo da rendere più efficace e più sicura l’immunizzazione verso PPV.

Sono due le principali novità legate al nuovo vaccino di Boehringer: invece di ideare un altro vaccino a corpo intero, come lo sono tutti gli altri vaccini contro PPV presenti in commercio, Boehringer ha ben pensato di esprimere solo una proteina strutturale del virus, chiamata VP2, ideando così un vaccino sub-unitario. Inoltre, è stato utilizzato un innovativo processo di purificazione chiamato DiaTec, che permette di eliminare tutti i detriti cellulare residuali virucidi, consentendo così un sicuro miscelamento con il vaccino Boehringer della PRRS.

Procedendo con ordine e spiegando più nel dettaglio queste due importanti novità, è bene iniziare a comprendere il concetto che la scelta di utilizzare come proteina chiave del vaccino la proteina strutturale VP2 è stata dettata dal fatto che, contro di essa, sono indirizzati più del 90% degli anticorpi neutralizzanti PPV e che, nonostante le continue mutazioni del virus riscontrate negli ultimi 30 anni, la VP2 è quella rimasta meglio conservata all’interno dei ceppi di campo attuali. È anche vero che i vaccini a corpo intero esprimono anch’essi la VP2, ma in questa situazione la proteina non è in grado di richiamare così tanti anticorpi neutralizzanti come quando utilizzata da sola. Tornando al processo produttivo del vaccino, la proteina VP2 viene fatta sintetizzare da un baculovirus (famiglia di virus usata in biologia per produrre proteine ricombinanti), non patogeno, che produce particelle antigeniche virus-like (VLPs). Il processo prosegue poi con una iniziale purificazione, ovvero una separazione di proteine non specifiche e detriti cellulari, lascando solo i VLPs purificati, per poi applicare il sopra citato processo DiaTec, che rimuove anche i componenti residuali da VLPs, ottenendo così un vaccino costituito solo da queste particelle antigeniche, molto immunogeno e non virucida quando miscelato con altri vaccini vivi.

Boehringer Ingelheim ha dimostrato anche una maggiore efficacia e sicurezza del suo nuovo vaccino a confronto con altri vaccini attualmente presenti in commercio. In particolare, si è dimostrato che esso è in grado di proteggere la progenie dall’infezione transplacentare provocata da PPV, grazie ad uno studio di campo fatto vaccinando le scrofe con diversi vaccini esistenti contro la parvovirosi, oltre al vaccino Boehringer, e infettando le scrofe a 40 giorni di gestazione, quando il feto non è ancora immunocompetente (l’immunità dei feti inizia a svilupparsi dopo i 70 giorni di gravidanza). Rispetto ad altri vaccini, quello di Boehringer ha ridotto la morte fetale, intesa come feti mummificati e autolitici, dal 96,4% allo 0%, indicando una protezione del 100% contro l’infezione da PPV. Inoltre, è stato dimostrato che questo vaccino alza la media dei feti sani per scrofa, fino a 2,5 suinetti in più, e che, di conseguenza, si ha una maggiore percentuale di scrofe con più di 11 feti sani per covata.

Per quanto riguarda la sicurezza, invece, l’adiuvante utilizzato per la produzione del vaccino, massimizza l’immunità senza indurre reazione avverse, riscontrabili invece con l’utilizzo di altri vaccini contro la parvovirosi. Secondo uno studio condotto da Boehringer Ingelheim, infatti, il nuovo vaccino non ha dimostrato reazioni avverse dopo la rivaccinazione, mentre sono state riscontrate utilizzando altri vaccini nel 21% e 50% delle scrofette. Questo dimostra che dosi ripetute del vaccino Boehringer sono sicure per l’utilizzo in animali di diversi stadi del ciclo riproduttivo.

Infine, come già accennato, grazie al processo DiaTec, esiste la possibilità di miscelare il nuovo vaccino contro la parvovirus insieme al vaccino Boehringer contro la PRRS (stabile per 8 ore), dimostrandosi in grado di proteggere le scrofette gravide e avere un impatto positivo sul numero di suinetti nati vivi, nati morti, disvitali e mummificati, sulla proporzione di suinetti infetti da PRRS alla nascita e sul miglioramento significativo delle performance di accrescimento fino allo svezzamento, con riduzione della mortalità. È stato quindi dimostrato che l’efficacia in campo del vaccino Boehringer Ingelheim contro la PRRS da solo o miscelato con il vaccino Boehringer contro PPV è perfettamente identica. Il nuovo vaccino può essere utilizzato a partire da 5 mesi di età (2 ml intramuscolo nel collo), con insorgenza dell’immunità dall’inizio della gestazione e durata dell’immunità di 6 mesi. Boehringer Ingelheim consiglia infatti il suo utilizzo due volte all’anno mediante vaccinazioni di massa, associandovi 2 delle 3-4 vaccinazioni contro la PRRS consigliate sempre da Boehringer.

 

L’importante messaggio che Boehringer Ingelheim vuole far trasparire è l’importanza di adattarsi ai cambiamenti che avvengono intorno a noi, poiché l’innovazione è sempre garante del miglioramento scientifico e, di riflesso, del miglioramento sanitario.

 

 

 


Dott.ssa Giusy Romano
]]>
https://suivet.it/la-flessibilità-in-scrofaia-nuovo-vaccino-contro-parvovirus.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/la-flessibilità-in-scrofaia-nuovo-vaccino-contro-parvovirus.aspx https://suivet.it/la-flessibilità-in-scrofaia-nuovo-vaccino-contro-parvovirus.aspx Wed, 23 Oct 2019 07:30:00 GMT
Vaccini e probiotici dietro le quinte

Dal 24 al 27 settembre un piccolo gruppo di veterinari è stato ospitato presso Terenzin, in Repubblica Ceca, da ChemVet Group tramite l’azienda farmaceutica Livisto (Foto 1). L’attività principale di ChemVet Group si basa sulla produzione, commercializzazione e distribuzione di vaccini innovativi, probiotici e prodotti che si prendano cura tanto degli animali da allevamento quanto di quelli da affezione. All’interno del ChemVet Group è principalmente la Dyntec che si occupa della ricerca e della produzione sia di vaccini commerciali che stabulogeni, e, grazie alla Livisto, è stato possibile visitare i luoghi di produzione di questa azienda e i locali adibiti alla sperimentazione animale, siti appunto in Repubblica Ceca.

Il fulcro centrale dell’incontro con ChemVet Group e, più nello specifico, con la Dyntec, è stato un approfondimento sulla produzione del loro vaccino contro l’APP, ovvero la pleuropolmonite causata da Actinobacillus Pleuropneumoniae, un batterio responsabile della formazione di broncopolmonite fibrinoemorragica necrotizzante e pleurite fibrinosa, spesso con esito fatale. Esistono 15 sierotipi di APP e il batterio produce 4 tipi diversi di tossine, denominate APXI, APXII, APXIII e APXIV; solitamente in un allevamento è solo un sierotipo a predominare, nonostante sia stata dimostrata la compresenza di più sierotipi all’interno di uno stesso allevamento. Esistono diversi fattori predisponenti (Tabella 1) l’insorgenza e lo sviluppo della malattia, a cui molti allevatori dovrebbero prestare attenzione affinché l’APP non dilaghi all’interno dell’allevamento.

FATTORI PREDISPONENTI l’insorgenza e lo sviluppo di APP

Tanta ammoniaca Stress
Tanto solfuro d’idrogeno Alimentazione scorretta
Tanta anidride carbonica Patologie concomitanti (diarrea, micoplasma)
Polvere eccessiva Alta pressione infettante
Umidità elevata Alta concentrazione del batterio
Densità eccessiva Movimentazione e mescolamento dei suini

Come ormai è ben risaputo prevenire è meglio che curare! Ed è il chiaro messaggio che la Dyntec ha voluto far passare ai suoi visitatori, accompagnandoli all’interno delle loro strutture (Foto di seguito) e spiegando tutti i passaggi e i processi che si nascondono dietro alla produzione di un singolo vaccino, processi inimmaginabili se non vengono visti con i propri occhi.

È un processo che consta di diverse fasi: preparazione dell’inoculo per la lavorazione di alcuni sierotipi di APP (in questo specifico caso il 2 e il 9, che sono quelli più facilmente riscontrabili in allevamento); coltivazione degli antigeni sotto condizioni controllate e utilizzo di un medium dalla composizione unica; disintegrazione e preparazione delle frazioni subcellulari; concentrazione e purificazione; inattivazione e detossificazione; legame agli adiuvanti e immunomodulanti; verifica della sicurezza ed efficacia del vaccino mediante test sperimentali sugli animali.

Poiché, ormai, da un po’ di tempo è chiaro a tutti che il futuro si baserà sulla prevenzione e non sul trattamento, la Dyntec ha deciso di sponsorizzare anche alcuni dei suoi più importanti probiotici, sottolineando che essi, assieme ai vaccini, sono destinati a sostituire gli antibiotici promotori della crescita e l’ossido di zinco, così come mirano a far ridurre l’utilizzo smodato di antibiotici. Inoltre, i probiotici si sono dimostrati utili a migliorare i parametri produttivi, quali la mortalità, l’indice di conversione alimentare e l’incremento ponderale giornaliero, oltre ad essere molto utilizzati negli allevamenti biologici dove non è consentito l’utilizzo di antibiotici.

In particolare, la Dyntec ha presentato tre prodotti. Uno è un probiotico a base di Lactobacillus acidophilus e viene solitamente usato nelle prime 2 settimane post-svezzamento, per aiutare gli animali a reagire il meglio possibile ai cambiamenti che il loro intestino subisce durante il periodo appena successivo allo svezzamento; è un prodotto molto gradito dagli allevatori poiché può essere utilizzato anche in concomitanza con gli antibiotici e con temperature molto alte senza che il prodotto venga intaccato in alcun modo. Il secondo probiotico è a base di Lactobacillus farciminis, che, al contrario del precedente, non può essere utilizzato in concomitanza con antibiotici, poiché ucciderebbero il probiotico, e può essere utilizzato solo sotto normali condizioni di temperatura (5-85 °C), venendo preferito dagli allevatori biologici. Infine, il terzo prodotto è un supplemento alimentare per i suinetti appena nati, costituito alla base sempre da Lactobacillus acidophilus; l’utilizzo di tale prodotto alla nascita dei suinetti, per due volte al giorno e per due giorni consecutivi, si è dimostrato utile nel ridurre drasticamente l’utilizzo degli antibiotici atti a trattare la diarrea in sala parto, il che si è rilevato, di conseguenza, anche in un maggior peso allo svezzamento di questi suinetti (6,2 kg vs 5,1 kg che corrispondono rispettivamente a trattati con probiotici vs non trattati; svezzamento a 21 giorni).

Tutto ciò non fa altro che confermare che prevenire è meglio che curare e che il futuro si basa sulla prevenzione. Prima vengono accettati questi due preziosi concetti, prima il mondo suinicolo farà un passo avanti per migliorarsi in ogni suo aspetto, produttivo, economico e di benessere che sia.

 


Dott.ssa Giusy Romano
]]>
https://suivet.it/vaccini-e-probiotici-dietro-le-quinte.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/vaccini-e-probiotici-dietro-le-quinte.aspx https://suivet.it/vaccini-e-probiotici-dietro-le-quinte.aspx Mon, 30 Sep 2019 11:48:00 GMT
Soluzioni per far lavorare meglio l'intestino dei nostri suini

 Il 5 e 6 giugno 2019, Huvepharma ha avuto come ospiti presso la location di Pravets (Bulgaria) veterinari, e non solo, provenienti da tutta Europa, al fine di proporre delle soluzioni pratiche ai problemi intestinali, avvalendosi di diversi relatori che hanno riportato le proprie esperienze in merito all’argomento.

Ad aprire le danze è stato il Dottor Robert Hoste, senior pig production economist, il quale ha affrontato la situazione economica dell’industria suinicola e nel mondo, sottolineando come il costo delle malattie c’è ed è tangibile (Tabella 1). Una corretta gestione manageriale è quindi necessaria per abbattere i costi scaturiti dall’insorgenza di patologie, tra cui, le infezioni parassitarie e le problematiche enteriche.

In particolare, Peter Geldhof, professore di parassitologia dell’Università di Gent (BE), ha approfondito il discorso sulle infezioni parassitarie, con particolare attenzione ad Ascaris suum; queste forme sono purtroppo sottostimate a causa della loro natura subclinica, ma in realtà sono onnipresenti e la loro prevalenza risulta elevata sia nelle scrofe che nei suini all’ingrasso. L’infezione da Ascaris suum comporta conseguenze economiche non desiderabili in allevamento, quali la diminuzione dell’accrescimento ponderale giornaliero, l’aumento dell’indice di conversione dell’alimento, la diminuzione della percentuale di carne magra, l’aumento della mortalità, lo scarto dei fegati al macello e l’aumento dei costi per il trattamento dei soggetti affetti. Per tutti questi motivi, Huvepharma propone come soluzione il fenbendazole, una molecola antielmintica in grado di combattere tutti gli stadi di Ascaris suum (forma adulta, intestinale e larvale), con la raccomandazione di ripetere il trattamento ogni 6 settimane (3 mesi per le scrofe) al fine di ottenere benefici economici importanti. Tale strategia antiparassitaria si è infatti dimostrata utile nel migliorare in maniera significativa le performance dei soggetti trattati, con un ritorno economico dell’investimento di ben 9 €. Questo è reso possibile grazie ad una riduzione dell’indice di conversione dell’alimento (- 5%), ad un aumento dell’incremento ponderale giornaliero (+ 5%) e ad una migliore classificazione delle carcasse (+ 3%), oltre ad una minore contaminazione dei fegati, che non vengono scartati al macello, e ad una riduzione dei costi di medicazione per il trattamento di infezioni respiratorie e intestinali secondarie alla parassitosi.

Costo per animale

Patologie endemiche 30-40 €
Patologie respiratorie 4-7 € per patologia
Patologie enteriche 3-5 € per patologia
Parassiti fino a 7 e per animale colpito
Fallimenti riproduttivi 4-11 € per scrofa
Zoppia fino a 180 € per scrofa azzoppata
MMA 10 e per suino prodotto

Tabella 1: Costo per animale in base alla patologia di interesse

Altro importante e ricorrente problema nella stragrande maggioranza degli allevamenti è la presenza di diarrea da E. Coli, di cui Roberto Bardini, species manager dei suini, parla nella sua relazione, insieme ad altri numerosi disordini enterici che colpiscono i nostri suini durante l’intero corso della loro vita. In particolare, i suinetti sotto-scrofa con sintomi evidenti di E. Coli, come la produzione di diarrea liquida giallastra e repentino dimagrimento ed emaciazione dei soggetti colpiti, sono necessariamente e immediatamente da trattare, pena la perdita sicura dell’animale, ma il problema, oggi come oggi, diventa: “Sì, trattare… Ma con cosa?”. A causa delle pressioni ricevute nell’ultimo periodo in merito all’utilizzo di colistina e/o enrofloxacina, Huvepharma propone una molecola alternativa: la paromomicina solfato, in soluzione orale o da miscelare in latte o acqua da bere, specifica per il trattamento delle infezioni gastro-intestinali causate da E. Coli. Tale prodotto ha anche riportato un guadagno di peso durante la lattazione e una minore mortalità rispetto ad un trattamento effettuato con la colistina.

Wouter Van der Veken, global product manager probiotics, altro valido relatore del convegno, ha invece sottolineato l’importanza dell’utilizzo dei probiotici, ovvero microrganismi viventi da aggiungere all’alimento in grado di dare benefici all’ospite, migliorandone l’equilibrio microbico intestinale. A tal proposito, la soluzione di Huvepharma consiste nell’utilizzo di Clostridium butyricum  come probiotico, in quanto dotato di molte attività utili, quali: prevenire la colonizzazione dei patogeni attraverso l’adesione all’epitelio intestinale, avere effetti antagonisti diretti contro diversi patogeni intestinali, inibire la crescita microbica grazie alla produzione di acido acetico e ultimo, ma non meno importante, instaurare attività antimicrobiche e anti-infiammatorie grazie alla produzione di acido butirrico.

Inoltre, Van der Veken affronta anche la questione degli enzimi digestivi, sostanze in grado di rendere più disponibili i nutrienti contenuti in un alimento e, nel contempo, di mantenere la salute intestinale. In questo caso, Huvepharma fornisce un complesso enzimatico digestivo in grado di superare gli effetti anti-nutrizionali di molte frazioni NSP (Polisaccaridi Non Amidacei), che sono presenti comunemente nella maggior parte delle diete convenzionali, aumentando l’utilizzazione dei nutrienti, con conseguente riduzione dei costi del mangime, e migliorando l’accrescimento sia dei suini in svezzamento che all’ingrasso.

Le sfide che l’intestino dei nostri suini deve affrontare sono molteplici e di diversa entità, ed è per questo motivo che l’uomo deve sfruttare tutti gli strumenti in suo possesso al fine di mantenere un corretto equilibrio della microflora intestinale.

 

 


Dott.ssa Giusy Romano
]]>
https://suivet.it/soluzioni-per-far-lavorare-meglio-lintestino-dei-nostri-suini.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/soluzioni-per-far-lavorare-meglio-lintestino-dei-nostri-suini.aspx https://suivet.it/soluzioni-per-far-lavorare-meglio-lintestino-dei-nostri-suini.aspx Tue, 25 Jun 2019 04:49:00 GMT
Una giornata dedicata alla leptospirosi suina: da come si diffonde a come prevenirla
Foto1: Immagini dal convegno



 
 

Si è tenuto lo scorso 22 febbraio 2019 a Pozzolengo del Garda (BS), un workshop organizzato da MSD Animal Health riguardante la prevenzione delle problematiche riproduttive, con particolare attenzione alla Leptospirosi, patologia batterica spesso trascurata, ma ancora assolutamente attuale (Foto 1).

 

La giornata ha avuto inizio con la relazione di Miquel Collell, Global Technical Director Swine di MSD Animal Health, che ha discusso dell’importanza dei dati riproduttivi aziendali, lasciando poi la parola a Mario D’Incau, dirigente del laboratorio di batteriologia specializzata presso l’IZSLER, nonché centro di referenza nazionale per le leptospirosi animali, il quale ha fatto il punto della situazione italiana relativamente alla Leptospirosi suina. Nel pomeriggio, Marco Terreni, Regional Director Swine di MSD Animal Health, ha presentato un approccio innovativo alla prevenzione vaccinale in scrofaia mediante la tripla protezione dei riproduttori da Mal Rosso, Parvovirus e Leptospira. Infine, è stato dato spazio ad un workshop, in cui gli invitati hanno potuto scambiarsi idee e opinioni riguardo agli argomenti trattati nel corso della giornata.

 

 
L’importanza dei dati riproduttivi aziendali

Dopo una breve introduzione sulla fisiologia della fecondazione e della gestazione nella scrofa, con particolare attenzione ai momenti più delicati, in cui potrebbero verificarsi dei problemi per l’instaurarsi, la prosecuzione ed in generale il successo di una gravidanza, Miquel Collell ha voluto rimarcare più volte l’importanza dei dati aziendali nella risoluzione dei problemi riproduttivi. I dati da analizzare, a cui fa riferimento il relatore, sono, per esempio, la portata al parto, gli aborti, le vuote al parto, i parti anticipati e i ritorni precoci e tardivi, in ciclo e fuori ciclo. Alcuni valori di riferimento citati da Collell sono illustrati in Tabella 1.

 

Dati riproduttivi aziendali Dato fisiologico Limite per l'intervento
Portata al parto > 87% Minimo = 85%
Aborti 0% Massimo = 2%
Vuote al parto < 1% Massimo = 1%
Parti anticipati < 1% Massimo = 1%
Ritorni totali < 12% Massimo = 15%
Ritorni precoci 0% Massimo = 1%
Ritorni in ciclo < 10% Massimo = 12%
Ritorni fuori ciclo < 2% Massimo = 3%

 Tabella 1. Valori di riferimento dei principali dati riproduttivi aziendali riscontrabili in allevamento.

Il passo successivo all’analisi dei dati riproduttivi è la loro trasformazione in dati economici: ogni allevamento si deve porre degli obbiettivi al fine di migliorare i propri dati riproduttivi e, di conseguenza, le proprie entrate economiche. Tali obbiettivi, però, non possono essere uguali per tutti, in quanto ogni allevamento presenta una propria realtà aziendale, in base alla genetica, alle condizioni sanitarie e alla gestione manageriale presenti. Miquel Collell riporta un esempio in merito alla portata al parto: l’ideale per ogni allevamento sarebbe una portata al parto superiore all’87%, ma non si può pensare di imporre un simile obbiettivo all’interno di una realtà aziendale in cui il dato attuale non supera il 70%. In una realtà simile, con dati riproduttivi simili, l’asticella deve essere posta un po’ più in basso e man mano alzata con l’ottenimento dei primi traguardi, fino al raggiungimento dell’ideale 87%, solo al termine di un percorso.

Attraverso l’analisi dei dati aziendali, inoltre, è possibile fare delle riflessioni sul peso economico che i problemi riproduttivi possono avere in azienda. Ad esempio, allevamenti con una situazione non controllata di Leptospirosi, hanno mostrato dei parametri produttivi peggiori rispetto ad allevamenti con Leptospirosi controllata (meno nati vivi, più nati morti, più aborti, minore portata al parto) e dei costi decisamente superiori. In particolare, gli studi riportati da Collell, hanno evidenziato che mediamente il ritorno economico degli interventi effettuati per controllare la Leptospira, è di 8 a 1. Ovvero per ogni dollaro speso in prevenzione, sono 8 quelli che “tornano in tasca”, rispetto ad una situazione non controllata, in termini di maggiore efficienza riproduttiva e minori costi di terapia o altri costi correlati all’infezione. Risulta quindi evidente che l’impatto economico di questa patologia non è da trascurare.

 

La Leptospirosi in Italia

Mario D’Incau, secondo relatore della giornata, si è dedicato alla descrizione della Leptospirosi (Foto 2), partendo da informazioni generali che la riguardano, per poi addentrarsi nella diagnostica e nelle modalità di controllo e prevenzione della stessa. Secondo il relatore, l’interesse della popolazione italiana verso questa patologia è andato calando negli ultimi 30-35 anni, a causa della sua bassissima incidenza nell’uomo (<1%). La Leptospirosi, infatti, è una zoonosi, ovvero una malattia infettiva che può essere trasmessa dagli animali all’uomo, e, per questo motivo, il suo riscontro in un allevamento di suini è soggetto a denuncia e istituzione di focolaio infetto secondo il Regolamento di Polizia Veterinaria (D. P. R. 8 febbraio 1954, n. 320), generando un enorme fastidio burocratico negli allevatori coinvolti. Per fortuna, o per sfortuna, la scarsa incidenza di casi umani ha fatto perdere interesse per questa patologia, rendendo però più difficile il suo riconoscimento, il suo trattamento e la sua prevenzione.

Ingrandimento con il microscopio elettronico di batteri di Leptospira alla risoluzione di 0,1 µm (tratta da Wikipedia)
Foto 2: Ingrandimento con il microscopio elettronico di batteri di Leptospira alla risoluzione di 0,1 µm (tratta da Wikipedia)

In generale, la Leptospirosi è una patologia a diffusione globale, che consta di tante sierovarianti, tante vie di trasmissioni e segni clinici riproduttivi confondibili con altre infezioni di tipo riproduttivo (es: PRRS, Parvovirus). La sua resistenza nell’ambiente non è elevata, a meno che non si tratti di ambienti molto umidi, e, per sopravvivere, si instaura all’interno di alcuni animali, selvatici e domestici, definiti ospiti. Esistono ospiti di mantenimento, che richiedono una dose infettante bassa di Leptospira, la quale presenta una bassa virulenza, una lunga escrezione ed è responsabile di mantenere endemica la patologia, con segni clinici non evidenti, ed ospiti accidentali, che richiedono una dose infettante bassa di Leptospira, che in questo caso presenta un’alta virulenza, un’escrezione breve ed è responsabile della formazione di focolai sporadici di malattia, con segni clinici evidenti. Attualmente, il suino rappresenta un ospite di mantenimento per L. Bratislava, che si localizza principalmente a livello genitale causando aborti, parti prematuri, natimortalità elevata e minore dimensione della nidiata, e per L. Pomona, la quale predilige una localizzazione renale causando nefriti interstiziali. L. Hardjo e L. Canicola, invece, sfruttano il suino solo come ospite accidentale.

Mario D’Incau ha poi proseguito la sua relazione illustrando i test diagnostici a disposizione per la ricerca di Leptospira, prediligendo fra tutti il metodo di agglutinazione microscopica (MAT) per la sierologia, pur riscontrando questa delle difficoltà laboratoristiche. L. Bratislava, per esempio, presenta dei profili sierologici molto bassi, anche inferiori a 1:100, che è considerata la soglia di negatività, facendo così risultare negativo un animale in realtà infetto.

Per concludere, il relatore ha affermato che il monitoraggio dello stato della popolazione, la vaccinazione, la terapia antibiotica e l’identificazione dei fattori di rischio sono elementi che, assieme, possono contribuire ad identificare ed eliminare i soggetti affetti da Leptospirosi, al fine di controllare questa patologia, la cui eradicazione non è attualmente praticabile. Il controllo della Leptospirosi è su base volontaria e le motivazioni alla base sono il miglioramento della sanità pubblica e una riduzione delle perdite economiche. Oggi come oggi, inoltre, l’uso degli antibiotici è un argomento sotto i riflettori, e, per questo, la possibilità di prevenire la patologia vaccinando gli animali piuttosto che trattarli potrebbe essere la svolta per una migliore gestione del farmaco e un migliore investimento economico.

 

La TRIPLA protezione verso i problemi riproduttivi

L’ultimo intervento in programma è stato quello del dott. Marco Terreni, il quale ha presentato un vaccino unico e innovativo che consente di proteggere l’allevamento verso tre importanti problematiche riproduttive: Mal Rosso, Parvovirus e Leptospira. Le malattie sono tre, ma si tratta di un vaccino ottovalente, in quanto esso contiene le valenze di Mal Rosso, Parvovirus e 6 diversi serovar di Leptospira. Di più, attraverso la protezione crociata, la protezione indotta dal vaccino si estende anche verso altre 3 sierovarianti di Leptospira, per una protezione complessiva nei confronti di 9 sierovarianti, comprese la L. Bratislava e la L. Pomona, che sono quelle maggiormente importanti per il suino sul territorio nazionale. Lo schema vaccinale di base per le scrofette (Grafico 1) prevede due interventi, di cui quello iniziale da effettuare 6-8 settimane prima della data prevista di fecondazione e quello booster dopo 4 settimane. L’immunità protettiva del vaccino ha una durata di 6 mesi, per Mal Rosso e L. Bratislava, e 12 mesi, per tutte le altre valenze vaccinali. Il richiamo vaccinale è mostrato schematicamente nel Grafico 2.

Grafico 1: Schema vaccinale base
Grafico 1: Schema vaccinale base

Grafico 2: Richiamo vaccinale
Grafico 2: Richiamo vaccinale

Marco Terreni ha poi illustrato i diversi studi sperimentali effettuati prima dell’immissione in commercio. In particolare, gli studi sulla sicurezza del prodotto hanno evidenziato che questo vaccino non provoca reazioni sistemiche o reazioni locali significative, come anche non causa aborti o anomalie congenite nella progenie quando utilizzato in gravidanza.

Sono stati poi mostrati i risultati degli studi di efficacia in campo, condotti in allevamenti con problemi di Leptospirosi, nei quali l’impiego di questo vaccino ha comportato un calo drastico degli aborti, un maggior numero di nati vivi e un minor numero di nati morti.

Da oggi è quindi possibile allargare lo spettro protettivo delle vaccinazioni effettuate in scrofaia, facendolo in maniera sicura e comoda per l’allevatore, grazie alla possibilità di adottare la vaccinazione a tappeto senza particolari rischi per gli animali gravidi e in lattazione.

Il relatore ha concluso parlando del feedback ricevuto dai Paesi esteri che hanno già iniziato a impiegare questo vaccino, come la Spagna ed in particolare la Danimarca, nella quale la vaccinazione per Leptospira rappresenta una valida alternativa all’uso degli antibiotici.


Dott.ssa Giusy Romano
]]>
https://suivet.it/una-giornata-dedicata-alla-leptospirosi-suina-da-come-si-diffonde-a-come-prevenirla.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/una-giornata-dedicata-alla-leptospirosi-suina-da-come-si-diffonde-a-come-prevenirla.aspx https://suivet.it/una-giornata-dedicata-alla-leptospirosi-suina-da-come-si-diffonde-a-come-prevenirla.aspx Fri, 22 Mar 2019 08:43:00 GMT
Panoramica dell'evento High Quality Pork Congress di MSD Animal Health …VISTO ED ELABORATO PER VOI DA BAVENO (VB)… (by Giusy Romano)

-Articolo pubblicato su Professione Suinicoltore Novembre 2018

 

Tanti i temi trattati nell’High Quality Pork Congress, evento di MSD tenutosi a Baveno il 9 e 10 ottobre scorsi. Tanti i temi trattati e tutti di notevole interesse: ad esempio l’implicazione del microbiota intestinale nella prevenzione, o comunque riduzione, di patologie suine importanti; o il rapporto controverso tra consumatore e produttore e la necessità di quest’ultimo di conformarsi alle esigenze del primo.

Grande interesse infine tra i partecipanti per la presentazione ufficiale del nuovo IDAL 3G TWIN, lo strumento per la vaccinazione intradermica senza ago di MSD, che nella sua ultima versione “raddoppia”, permettendo la somministrazione contemporanea di due vaccini differenti.

 

Il microbiota intestinale: uno strumento alternativo per prevenire il Complesso delle Malattie Respiratorie del Suino (PRDC)

Da diversi anni gli occhi della ricerca sono puntati sul microbiota, l’insieme dei microrganismi che convivono con l’uomo/animale senza danneggiarlo, e il cui patrimonio genetico prende il nome di microbioma. La maggior parte dei microrganismi vive nel tratto gastrointestinali (10 microbi per ogni cellula), tra cui batteri, virus, funghi, protozoi e archei. Nella sua relazione, Giuseppe Penna, scienziato italiano dell’Humanitas Research Hospital, ha spiegato che il microbiota umano si sviluppa a partire dalla nascita, quando il tratto digerente è completamente sterile e, con il parto, viene colonizzato dai microrganismi del tratto riproduttivo e fecale della madre. In un secondo momento si aggiungeranno i batteri provenienti dall’allattamento, dall’ambiente e dagli alimenti ingeriti. Il relatore ha definito l’insieme dell’ospite uomo più il microbiota come un ‘superorganismo’, in quanto le due parti cooperano in una sorta di mutualismo che apporta vantaggi ad entrambi. Il microbiota, infatti, partecipa a molte attività all’interno dell’ospite, quali lo sviluppo cerebrale, la maturazione del sistema immunitario, la difesa contro i patogeni, il metabolismo delle vitamine e la digestione degli alimenti con conseguente ricavo energetico.

Sull’importanza del microbiota si è espressa anche Megan Niederwerder, assistente professore nella Facoltà di Veterinaria dell’università statale del Kansas (U.S.A.), che nella sua relazione ha dichiarato che è possibile trasferire il microbiota da un soggetto all’altro grazie ai trapianti di feci, poiché composte per la maggior parte da batteri intestinali. Megan afferma che la diversità e la composizione del microbiota giocano un ruolo nella comparsa delle malattie, in quanto i prodotti metabolici del microbiota mediano la comunicazione tra il tratto gastrointestinale e altri tessuti, in particolare il cervello (asse intestino-cervello) e i polmoni (asse intestino-polmoni), dando adito alla formazione di patologie neurologiche e respiratorie. Nello specifico, il microbiota sembra essere coinvolto nel Complesso delle Malattie Respiratorie del Suino (PRDC), che comprende il virus della Sindrome Riproduttiva e Respiratoria dei Suini (PRRSV), il Circovirus suino di tipo 2 (PCV2) e Mycoplasma hyopneumoniae, batterio responsabile della polmonite enzootica. Stando agli studi compiuti da Megan, sembra che il trapianto fecale del microbiota prima della co-infezione da parte di PRRSV e PCV2 abbia effetti positivi rispetto ad una co-infezione senza trapianto. In particolare, diminuiscono la mortalità e la morbilità, ovvero la frequenza percentuale di una malattia in una collettività, migliora l’incremento di peso, diminuisce la carica virale e aumenta la produzione di anticorpi. Il microbiota intestinale potrebbe quindi essere usato come una nuova strategia di prevenzione per le malattie respiratorie suine.

 

Consumatore vs Produttore: il futuro percepito da due diversi punti di vista

Una parte del congresso è stata dedicata ad un dibattito sul pensiero del consumatore in opposizione al produttore, mettendo a confronto due realtà tanto concretamente vicine quanto idealmente lontane. Il moderatore della discussione è stato il giornalista olandese Vincent ter Beek, editore del Pig Progress, che ha dato la parola a cinque esperti, di diverse nazionalità, per potersi confrontare in una vera e propria ‘tavola rotonda’. Al centro del dibattito la constatazione del fatto che il consumatore sta sviluppando ogni giorno di più una consapevolezza alimentare, ovvero desidera essere informato su ciò che mangia, su come questo sia stato prodotto e su come l’animale sia stato trattato prima di essere trasformato. La grande maggioranza dei consumatori tiene molto al benessere degli animali e vorrebbe migliorare significativamente gli standard di allevamento, per poter poi comprare prodotti di sicura provenienza e derivanti da animali che hanno vissuto una buona vita, seppur breve.

A questo punto è lecito chiedersi come i produttori stanno reagendo a questo progressivo cambiamento di richieste da parte dei consumatori. Come è ben conosciuto, la maggior parte dei prodotti di origine animale deriva da allevamenti intensivi, che per loro natura utilizzano tecniche industriali per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo, trascurando in parte il benessere animale. Tuttavia, non è possibile ignorare la voce dei più, difatti esistono già diverse realtà che cercano di soddisfare le richieste dei propri clienti, certificando che i propri animali sono stati trattati nel rispetto delle cinque libertà, che l’uso degli antibiotici è stato ridotto al minimo e che è garantita la qualità della carne. A tal proposito si è espresso l’italiano Umberto Rolla, medico veterinario e manager di produzione della Martini Spa, il quale ha affermato che la sua società punta molto alla trasparenza e alla tracciabilità dei prodotti, cercando di fornire etichettature dettagliate per rassicurare i propri clienti e guidarli in un acquisto consapevole.

Già oggi qualche consumatore è disposto a pagare di più per un prodotto di cui conosce la ‘storia’ ed è molto probabile che questa fetta di popolazione si allarghi sempre di più con il passare del tempo. A tale crescita dovrebbe, quindi, corrispondere un corrispettivo aumento degli allevamenti che si conformino alle nuove richieste dei clienti.

 

Un futuro senza ago e intradermico, la combinazione vincente

L’utilizzo di siringhe senza ago e con iniezione intradermica rappresenta, oggi, uno dei metodi più avanzati per vaccinare i suini. Olivia Azlor, Swine Global Marketing Director di MSD Animal Health, ne ha illustrato i benefici. Una vaccinazione senza ago garantisce un’elevata sicurezza sia per l’operatore, poiché riduce il rischio di auto-iniezioni, sia per l’animale, poiché quasi azzera la possibilità di trasmissione iatrogena dei patogeni, come il virus della PRRS. Inoltre, salvaguardia il benessere dell’animale, in quanto l’assenza di ago induce meno dolore e stress, e aumenta la qualità della carne, non sussistendo il rischio che un pezzo di ago, rotto in corso di vaccinazione, rimanga intrappolato nel muscolo, oppure, evenienza meno grave ma molto più frequente, che il riutilizzo di un ago inquinato e/o “spuntato” possa danneggiare e quindi compromettere qualitativamente una porzione di muscolo. In termini di copertura vaccinale, i benefici della vaccinazione intradermica risiedono innanzitutto in una risposta del sistema immunitario più veloce e, almeno altrettanto efficace, rispetto alla via intramuscolare, grazie alla presenza nel derma di un’alta concentrazione di cellule specializzate a ricevere l’antigene vaccinale e rispondere ad esso. Oltre a ciò, si incorre in un minor rischio di danno muscolare da vaccino, poiché il volume di vaccino iniettato è solo il 10-20% di quello iniettato intramuscolo (0,2 ml anziché 1 ml o più spesso 2 ml) e la sua distribuzione è limitata allo strato cutaneo. Questo si traduce anche in una minore incidenza di reazioni sistemiche avverse nel soggetto vaccinato. La relatrice ha anche illustrato tre immagini di uno stesso ago prima che venisse usato, dopo una singola iniezione e dopo 12 iniezioni consecutive, per far in modo che  i presenti si rendessero conto di quanto già una singola iniezione alteri la qualità dell’ago in senso negativo, figuriamoci dopo 12 iniezioni o dopo le molte volte in più in cui uno stesso ago viene utilizzato.

Nella sua relazione Deborah Temple, ricercatrice spagnola appartenente al Servizio di Nutrizione e Benessere degli Animali (SNIBA), ha evidenziato, utilizzando dei dati obiettivi espressi mediante dei grafici molto esplicativi, quanto la vaccinazione intradermica senza ago sia più vantaggiosa rispetto a quella intramuscolare con ago. In particolare, si hanno meno vocalizzazioni, tentativi di fuga, reazioni di paura e, in generale, una minore alterazione del normale comportamento dell’animale. Al momento della vaccinazione si hanno meno indicatori di paura, dolore e stress, come dimostrato da una minor presenza di Cromogranina A (glicoproteina acida, indice di stress acuto) nella saliva dei soggetti vaccinati senza ago. Il livello di Proteina C Reattiva (proteina di fase acuta, che aumenta durante gli stati infiammatori) risulta essere maggiore nel sangue dei soggetti vaccinati per via intramuscolare con ago. Questo, assieme alla presenza nei soggetti vaccinati per tale via, di evidenti reazioni locali a 28 giorni dall’iniezione, conferma che la vaccinazione intradermica senza ago previene sia una risposta infiammatoria di tipo acuto sia il danno muscolare a lungo termine causato dall’ago.

Si può quindi evincere da tutto ciò che la vaccinazione intradermica senza ago previene la sofferenza dell’animale causata da paura, dolore e stress, e quindi migliora il benessere dell’animale stesso.

Tornando all’operatore, non è da sottovalutare che da oggi esiste la possibilità di effettuare due iniezioni intradermiche con un unico dispositivo, quindi con un unico gesto sarà possibile vaccinare l’animale per la polmonite enzootica ed il Circovirus.

Questo è ora possibile impiegando il nuovo modello di IDAL 3G, nella sua variante “TWIN”, che è stato presentato in anteprima a Baveno. Infatti, questo dispositivo innovativo, grazie alla sua doppia “testa”, permette di somministrare due vaccini intradermici in contemporanea. Per i partecipanti al congresso di Baveno è stato possibile provarlo sui modelli di suino presenti.

 


Dott.ssa Giusy Romano
]]>
https://suivet.it/panoramica-dellevento-high-quality-pork-congress-di-msd-animal-health.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/panoramica-dellevento-high-quality-pork-congress-di-msd-animal-health.aspx https://suivet.it/panoramica-dellevento-high-quality-pork-congress-di-msd-animal-health.aspx Thu, 20 Dec 2018 09:41:00 GMT
Panoramica dell'evento Porcine Gut Health Seminar for European practitioners - Bulgaria …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLA BULGARIA… (by Alessia Trafficante)
Da Huvepharma® Porcine Gut Health Seminar for European practitioners - Bulgaria, June 5-6th 2018: Panoramica dell'evento

E’ in questa cornice bizantina che si è tenuto il “Porcine gut health seminar”, un incontro scientifico organizzato dall’azienda farmaceutica HUVEPHARMA® incentrato sulle principali malattie enteriche del maiale.

Il seminario si è svolto in due giornate: nella prima il dott. M. Christiansen ha illustrato gli aspetti economici della produzione del maiale e gli scenari futuri su scala mondiale; nella seconda, invece, si sono alternati diversi relatori che hanno esposto le principali problematiche legate al management della flora intestinale e le diverse affezioni dell’apparato gastro-enterico del maiale, proponendo alcune soluzioni interessanti per il loro controllo e monitoraggio in allevamento.

Al dott. R. Bardini l’onere e l’onore di esporre le principali malattie gastro-enteriche (batteriche e virali) viste da un’ottica di campo (“Gastro intestinal diseases through the eyes of a practitioner”). Come è ormai consolidato, esistono malattie “ad incidenza tipica”, correlate cioè, ad una fase produttiva e altre che invece sono “ad incidenza atipica”, riscontrabili in tutte le fasi produttive. Nel primo gruppo rientrano la colibacillosi (E. coli F4 in sito 1, E. coli F18 in sito 2), la clostridiosi (C. perfringens A-C e C.difficile in sito 1), la rotavirosi (maggiormente in sito 1 ma anche in sito 2), l’ileite proliferativa (L. intracellularis, in sito 2 ma soprattutto in sito 3) e la dissenteria emorragica (B. hyodissenteriae, tipica in sito 3 pur se descritta anche in sito 2); nel secondo gruppo rientrano, invece, la coronavirosi (PEDV) e la salmonellosi (S. enterica subsp. Enterica serovar typhimurium e cholaerasuis), descritte in tutte le fasi produttive.

Esistono molti punti che accomunano queste malattie e l’epidemiologia in particolar modo: tutti gli agenti patogeni menzionati si diffondono nella popolazione suina prevalentemente attraverso il ciclo oro-fecale sia in maniera diretta sia indiretta. Anche il sito di localizzazione e il quadro sintomatologico sono pressoché comuni; ad eccezione della dissenteria emorragica e della salmonellosi che colpiscono il grosso intestino, i batteri ed i virus sopracitati tendono a colonizzare il piccolo intestino causando danni ai villi intestinali che portano a malassorbimento, diarrea (catarrale o emorragica), disidratazione e mortalità tutt’altro che trascurabile.

La diagnosi si basa, oltre alle evidenze anatomopatologiche, in primo luogo sul prelievo di materiale patologico in sede necroscopica e, successivamente, sull’isolamento e identificazione dell’agente causale. Per le forme batteriche l’esame colturale è efficace ad isolare gli agenti patogeni, mentre per i virus e per l’identificazione dei ceppi tossigeni di E. coli (ETEC) la PCR è l’esame d’elezione. Per quanto riguarda la prevenzione, considerando l’eziologia e l’epidemiologia dei patogeni, bisogna sicuramente considerare il corretto management, la biosicurezza e la vaccinazione. Come ricorda il Dott. Bardini, tra le misure gestionali, sicuramente la corretta e adeguata colostratura dei suinetti sottoscrofa permette di avere una copertura immunitaria passiva efficace e duratura, riducendo non solo l’incidenza e la gravità di queste malattie ma anche il rischio di avere suinetti poco robusti allo svezzamento. Più volte sottolineato da Bardini, non sono da sottovalutare gli aspetti di biosicurezza (interna ed esterna) come il tutto pieno-tutto vuoto, un costante igiene dei locali, il lavaggio delle scrofe prima del parto, l’acidificazione dell’acqua di bevanda che possono limitare la circolazione e la diffusione in azienda degli agenti patogeni. Tra le altre misure manageriali, il relatore ha ribadito l’importanza del benessere animale e il ruolo che ricopre nel creare un ambiente favorevole alla salute animale l’eliminazione dei fattori stressogeni in generale. Critici, infine, la profilassi vaccinale e i trattamenti terapeutici. Come spiega Bardini il pericolo “multi drug resistance” (resistenza ai diversi principi antibiotici sviluppata dai microrganismi patogeni) è più che concreto. I batteri enterici (soprattutto E. coli e Salmonella) sono molto spesso multi-resistenti e rispondono solo a pochi antibiotici, non lasciando spazio ad una vera e propria terapia d’elezione che, viceversa rimane per Lawsonia e Brachyspira, dove i trattamenti a base di tilosina e lincomicina, riscontrano rispettivamente ancora buoni risultati. Discorso diverso per le malattie virali dove, non esistendo né vaccini (almeno nel nostro paese) né terapie valide, gioca un ruolo determinante la buona gestione e l’eliminazione dei fattori predisponenti

Conclude il Dottor Bardini sottolineando, il notevole impatto che queste affezioni  hanno sulla suinicoltura sia in termini produttivo/economici che sanitari in tutto il mondo, augurandosi che la ricerca scientifica futura possa portare ad un miglioramento di queste problematiche.


Dott.ssa Alessia Trafficante
]]>
https://suivet.it/panoramica-dellevento-porcine-gut-health-seminar-for-european-practitioners-bulgaria.aspx trafficante@suivet.it (Dott.ssa Alessia Trafficante) https://suivet.it/panoramica-dellevento-porcine-gut-health-seminar-for-european-practitioners-bulgaria.aspx https://suivet.it/panoramica-dellevento-porcine-gut-health-seminar-for-european-practitioners-bulgaria.aspx Sat, 25 Aug 2018 05:22:00 GMT
Il microbiota, un organo da nutrire …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLA BULGARIA… (by Chiara Pesce)
Da Huvepharma® Porcine Gut Health Seminar for European practitioners - Bulgaria, June 5-6th 2018: "Optimizing gut health with enzymes and probiotics"
Relatori: V. Hautekiet

Argomenti del seminario sono stati la comprensione del funzionamento del tratto gastro-intestinale e come prevenire e curare le patologie ad esso correlate. Tra i vari relatori internazionali di prestigio, citiamo Roberto Bardini (nostro collaboratore per quanto riguarda gli interventi sull'alimentazione).

La nostra collaboratrice Chiara Pesce ci presenta qui in sunto tratto dall'intervento di V. Hautekiet "Optimizing gut health with enzymes and probiotics"

Il microbiota, un organo da nutrire

Da alcuni anni gli occhi della ricerca sono puntati sul microbiota, cioè l’insieme di microrganismi che popolano il corpo degli animali. Dato che la maggior parte di questi microrganismi risiede nell’intestino, l’industria della nutrizione suina è sempre più orientata allo sviluppo di soluzioni nutrizionali che garantiscano un incremento dei batteri benefici e/o una riduzione dei patogeni, in modo da mantenere la salute intestinale ed ottimizzare le performance del suino.

I prodotti con queste proprietà devono tenere conto non solo dei meccanismi digestivi, ma anche delle caratteristiche della dieta del suino, in particolare della componente fibrosa; infatti la fibra alimentare  influisce sulla digeribilità dell’alimento soprattutto per la presenza della frazione di NSP (polisaccaridi non amidacei), la quale rallenta la velocità di transito dell’alimento, causando la proliferazione di batteri indesiderati, o intrappola altri nutrienti, rendendoli meno disponibili per il suino.

 

Oggi disponiamo di prebiotici e probiotici che supportano la salute intestinale del suino, soprattutto nelle fasi più delicate come svezzamento, stress da caldo, lotte gerarchiche, perché il primo organo che ne subisce le conseguenze è proprio l’intestino.  Ma qual è la logica che sta alla base del loro utilizzo?

 

 

 

 

 

Con l’integrazione di enzimi (ad esempio β-glucanasi, xilanasi, pectinasi) nella dieta si vuole migliorare la digeribilità della proteina grezza e di altri nutrienti e  favorire lo sviluppo di batteri positivi: il loro meccanismo d’azione riduce la viscosità dell’alimento e libera i nutrienti intrappolati nella cellulosa o nelle pectine, ottimizzandone l’assorbimento e l’utilizzo da parte dell’animale. Inoltre permettono una migliore scissione delle macromolecole in componenti più piccole, che hanno proprietà prebiotiche e prevengono l’abrasione della mucosa  intestinale da parti fibrose indigerite. In questo modo si ha un incremento dell’accrescimento e una ridotta mortalità nei suini sia in fase di svezzamento sia all’ingrasso.

La somministrazione di probiotici, invece, contribuisce a ridurre i patogeni intestinali perché sfrutta i benefici apportati dai microrganismi positivi, che operano con ben otto meccanismi d’azione diversi: competizione per i nutrienti, bioconversione, produzione di substrati di crescita, antagonismo diretto, esclusione competitiva per i siti di legame, rafforzamento della barriera intestinale, riduzione dell’infiammazione e stimolazione della risposta immunitaria. Sebbene il probiotico ideale (con tutti e otto i meccanismi) non esista, è interessante approfondire i vantaggi di Clostridium butyricum: questo batterio previene la colonizzazione intestinale da parte dei patogeni grazie all’adesione alla mucosa intestinale e produce acido acetico e acido butirrico, che hanno proprietà antinfiammatorie e antibiotiche mirate. In particolare, i colonociti (le cellule del colon) utilizzano l’acido butirrico e l’ossigeno presenti nel lume intestinale come principale fonte di energia; in mancanza di butirrato traggono energia a partire dalle molecole di glucosio senza però consumare ossigeno, che rimane a disposizione di microrganismi indesiderati come Salmonella. Un probiotico con queste caratteristiche si dimostra quindi un valido alleato per ridurre le enteriti e un’alternativa all’uso di antibiotici.

Tutto ciò ci fa comprendere come miglior accrescimento, minor mortalità, riduzione dell’uso di antibiotici e benessere animale siano fattori strettamente legati alla corretta nutrizione non più solamente dell’ospite suino, ma anche del suo microbiota!

 

 

 

 

 


Dott.ssa Chiara Pesce
]]>
https://suivet.it/il-microbiota-un-organo-da-nutrire.aspx pesce@suivet.it (Dott.ssa Chiara Pesce) https://suivet.it/il-microbiota-un-organo-da-nutrire.aspx https://suivet.it/il-microbiota-un-organo-da-nutrire.aspx Fri, 29 Jun 2018 05:36:00 GMT
Studio dei fattori che influenzano il consumo di mangime della scrofa in lattazione VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2017… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP 49a edizione). Autori:  Alexandra LEMAY et Frédéric GUAY

 

Introduzione

La crescita della covata dipende da vari fattori, ma principalmente dalla produzione di latte della scrofa. Questa, a sua volta, dipende anch’essa da numerosi fattori, tra cui il consumo di alimento della scrofa. Oltre ad assicurare la crescita ponderale della covata, un consumo elevato di mangime in lattazione limita la mobilizzazione delle riserve corporee della scrofa, consentendo di ottimizzare le performances riproduttive sia al ciclo successivo che durante tutta la carriera riproduttiva dell’animale.

Molti studi sono stati dedicati al consumo alimentare della scrofa in lattazione ed hanno messo in evidenza diversi fattori in grado di influenzarlo: la temperatura ambiente, l’ordine di parto, il genotipo, il livello di deposito adiposo all’entrata in sala parto, così come le caratteristiche della covata e la frequenza di alimentazione.

Nonostante questi fattori siano stati studiati dettagliatamente in passato, pochi studi sono stati condotti integrandoli in un solo modello. Obiettivo di questo studio, infatti, è quello di integrare e quantificare gli effetti concomitanti di diversi fattori in grado di influenzare il consumo di alimento della scrofa in lattazione.

 

Materiali e metodi

1.      Gli animali e le strutture

I dati sono stati raccolti in un allevamento canadese, includendo 404 scrofe Large White (LW) e 315 scrofe Landrace (LA), con ordine di parto compreso tra 1 e 3.

Le scrofe erano alloggiate per tutta la gestazione in gabbie individuali (2,11m x 0,56m) e spostate in sala parto circa una settimana prima della data prevista del parto, in sale da 15 gabbie ciascuna con dimensioni della gabbia parto di 2,08m x 0,7m.

L’età media registrata nei 3 parti era la seguente: scrofe LW, 367-523-664; scrofe LA, 368-525-664.

2.      Alimentazione delle scrofe

Le scrofe in gestazione ricevevano due pasti/die di un mangime “tipo gestazione” del commercio.

Le scrofe in lattazione ricevevano anch’esse un mangime “tipo lattazione” del commercio, ma distribuito mediante un sistema automatico di alimentazione, basato su di una riserva di mangime munita di un dispositivo elettronico comandato dalla scrofa. Ogni volta che ciascuna scrofa attivava la sonda, l’orario e la quantità di mangime rilasciato venivano registrati sul data base aziendale. Il sistema di distribuzione prevedeva un rilascio di 0,75kg di alimento ad ogni comando della scrofa, con un tempo di sospensione nei 5 minuti successivi per evitare spreco di mangime.

All’ingresso in sala parto, ad ogni scrofa veniva attribuita una curva di alimentazione a seconda dell’ordine di parto (curva 1 per le primipare e curva 2 per quelle di 2°-3° parto), studiata in modo da garantire un consumo elevato di mangime.

I resti di mangime non consumato venivano verificati e stimati a vista due volte/die (h6.30 e h16) svuotando le mangiatoie.

3.      Raccolta dati su scrofe e suinetti

Per ogni scrofa, in ingresso e in uscita dalla sala parto, venivano  registrati il peso corporeo e lo spessore di lardo dorsale (SLD), misurato mediante ecografia eseguita nel punto P2 con una sonda lineare.

I dati raccolti al parto erano: numero, sesso e peso di ciascun suinetto, nato vivo o nato morto. Dopo l’identificazione, le eventuali adozioni venivano effettuate nelle 24h dopo il parto. Il numero minimo di suinetti/covata dopo i pareggiamenti era di 11 e il numero medio di suinetti/covata presenti a 24h dal parto era di 12,6. Tutte le scrofe con meno di 11 suinetti sono state escluse dallo studio. I suinetti morti durante la lattazione erano pesati individualmente. La durata media della lattazione è stata di 19,5 (±0,1) giorni per le scrofe LW e 17,3 (±0,1) giorni per le LA.

 

Risultati e discussione

Le variabili maggiormente correlate con il consumo totale di mangime durante la lattazione erano: il consumo alimentare nei giorni 1-6, la durata di lattazione, lo SLD al parto, il peso della scrofa allo svezzamento e il peso della covata allo svezzamento.

In particolare, questo studio ha messo in evidenza l’importanza del consumo precoce (giorni 1-6) di mangime delle scrofe in lattazione in quanto direttamente correlato con il consumo totale, particolarmente nelle giovani scrofe. I dati rilevati permettono di affermare che per ciascun Kg in meno di mangime consumato nei primi 6 giorni dal parto si avrà un consumo totale inferiore di 3 kg sul periodo considerato (lattazioni brevi, vedi Materiali e metodi, NdT).

Inoltre, più che il peso corporeo o l’ordine di parto (strettamente correlati tra loro), questo studio ha messo in evidenza la correlazione negativa tra SLD all’ingresso in sala parto e consumo totale di alimento. Infatti, per ciascun mm di SLD in più (valore medio 14,4 mm) si registrava una diminuzione del consumo di mangime di 1,47kg sull’intera lattazione.

Confermato un dato acquisito da tempo, cioè che la numerosità della covata (o il suo peso totale) sia un fattore in grado di stimolare il consumo alimentare della scrofa.

 


Dott. Mario Gherpelli
]]>
https://suivet.it/studio-dei-fattori-che-influenzano-il-consumo-di-mangime-della-scrofa-in-lattazione.aspx gherpelli@suivet.it (Dott. Mario Gherpelli) https://suivet.it/studio-dei-fattori-che-influenzano-il-consumo-di-mangime-della-scrofa-in-lattazione.aspx https://suivet.it/studio-dei-fattori-che-influenzano-il-consumo-di-mangime-della-scrofa-in-lattazione.aspx Fri, 07 Apr 2017 05:47:00 GMT
Monitoraggio delle concentrazioni di steroidi nella saliva di scrofette impuberi, pre-puberi e puberi VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2017… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP 49a edizione). Autori:  Ghylène GOUDET, Philippe LIERE, Cécile DOUET, Jonathan SAVOIE, Christophe STAUB, Eric VENTURI, Stéphane FERCHAUD, Sylviane BOULOT, Armelle PRUNIER.

 

Introduzione

L’allevamento suino da riproduzione necessita del continuo e regolare inserimento in produzione di lotti di scrofette al fine di garantire l’ottimale distribuzione del branco.

Questa introduzione deve seguire il ritmo di produzione aziendale, soprattutto degli allevamenti che lavorano in banda (quasi sempre tri-settimanale in Francia, NdT) e spesso si ricorre alla sincronizzazione dei calori mediante l’impiego di progestinici orali somministrati alle scrofette già puberi.

Nel tentativo di limitare l’uso di ormoni, un metodo del tutto naturale consiste nell’esposizione delle scrofette pre-puberi al contatto con verri adulti in modo da stimolare/sincronizzare la manifestazione del primo calore. Questa pratica è poco utilizzata negli allevamenti perché non è facile stabilire quando gli animali sono nella fase ottimale per ricevere la stimolazione.

L’obiettivo di questa ricerca è quello di cercare e monitorare dei bio-marcatori che possano indicare il passaggio dalla fase pre-pubere a quella pubere mediante tecniche di prelievo non invasive sugli animali.

E’ risaputo che, durante la fase di pre-pubertà, aumentano nella scrofetta le concentrazioni di estrone nell’urina, ma le condizioni di allevamento in gruppo rendono i prelievi di urina molto disagevoli. Esistono dosaggi ormonali basati sul sangue, ma i ripetuti prelievi necessari rendono la metodica troppo invasiva.

Al contrario, i prelievi di saliva dai singoli animali sono piuttosto agevoli e non invasivi, ma necessitano dello studio di bio-marcatori che possano essere collegati con il profilo degli steroidi sessuali degli animali.

 

Materiali e metodi

Sei scrofette LW sono state monitorate per un periodo di cinque settimane, a partire dai 140 giorni di vita fino alla pubertà. Erano stabulate insieme, disponendo dello stesso regime alimentare e non avendo nessun contatto con maschi interi.

Tre volte/settimana, l’utero e le ovaie erano monitorate mediante ecografia trans-cutanea al fine di rilevare le modifiche anatomiche caratteristiche della pubertà.

Con la stessa frequenza, venivano realizzati prelievi individuali di urina per dosare l’estrone e prelievi di saliva individuali alla ricerca di bio-marcatori correlabili allo sviluppo sessuale. Questi prelievi erano stoccati a -80°C in attesa delle analisi.

Una settimana dopo la determinazione della pubertà mediante ecografia, le scrofette furono abbattute per confermare la pubertà attraverso lo studio macroscopico di ovaie e utero.

 

Risultati e discussione

La pubertà è stata identificata mediante ecografia nelle sei scrofette in esame rispettivamente a 182, 189, 190, 190, 191 e 192 giorni, venendo confermata in tutti i casi dall’esame delle ovaie post-macellazione.

I campioni di urina e di saliva hanno coperto il periodo che andava dalla settimana -5 alla settimana -1 rispetto alla pubertà.

L’analisi statistica dei dati raccolti ha messo in evidenza un aumento significativo (P <0,05) delle concentrazioni di estrone nelle due settimane che precedono la pubertà.

L’analisi della saliva mediante GC (Gas Cromatografia) e MS (Spettrometria di Massa) ha permesso di evidenziare 28 steroidi nella saliva, tra cui 13 che mostravano variazioni significative tra i 140 giorni di vita e la pubertà. In particolare, il deidroepiandrosterone (DHEA) e il 17β-estradiolo (E2) mostravano variazioni significative al sopraggiungere della pubertà.

 

Conclusioni

L’E2 e il DHEA potrebbero essere bio-marcatori salivari della fase pre-puberale nella scrofetta, facilitando i metodi di prelievo/monitoraggio attualmente disponibili.

Questi primi risultati devono comunque ricevere ulteriori conferme, sia per il collegamento specifico con la pubertà degli animali sia per il rinvenimento di eventuali livelli-soglia utilizzabili ai fini di screening di popolazione.


Dott. Mario Gherpelli
]]>
https://suivet.it/monitoraggio-delle-concentrazioni-di-steroidi-nella-saliva-di-scrofette-impuberi-pre-puberi-e-puberi.aspx gherpelli@suivet.it (Dott. Mario Gherpelli) https://suivet.it/monitoraggio-delle-concentrazioni-di-steroidi-nella-saliva-di-scrofette-impuberi-pre-puberi-e-puberi.aspx https://suivet.it/monitoraggio-delle-concentrazioni-di-steroidi-nella-saliva-di-scrofette-impuberi-pre-puberi-e-puberi.aspx Sun, 26 Feb 2017 08:02:00 GMT
Comunicato importante Nei mesi scorsi, abbiamo per errore pubblicato in chiaro un articolo legato al lancio di un vaccino nel commercio, riportandone il nome.  Senza nulla togliere alla validità del prodotto, e all’abilità del nostro collaboratore che l’ha redatto, l’articolo avrebbe dovuto avere un target esclusivamente veterinario.

Ci scusiamo con le aziende partner del nostro sito, e con i colleghi tutti, per il disagio arrecato dal nostro disguido certi di aver implementato quelle soluzioni interne atte a scongiurare il ripetersi di casi analoghi.

La direzione.


Admin
]]>
https://suivet.it/comunicato-importante.aspx https://suivet.it/comunicato-importante.aspx https://suivet.it/comunicato-importante.aspx Wed, 22 Feb 2017 10:18:00 GMT
SIPAS 2016, un'annata per amanti del settore Difficilmente in passato mi sono espresso sul meeting della SIPAS (Società Italiana di Patologia ed Allevamento del Suino), ma quest'anno, ne sento davvero il bisogno. Come molti di voi lettori sapranno, si tratta dell'evento per veterinari, tecnici ed allevatori, di maggior rilievo nel panorama della suinicoltura scientifica nazionale. Anche quest'anno la sede del centro congressi di Montichiari, si è prestata più che degnamente per lo svolgimento dell'evento, ma in questa edizione, sono stati sicuramente i contenuti ed i richiami ai grandi personaggi della suinicoltura del nostro passato, a fare la differenza.

L'argomento attorno al quale ha girato tutto l'evento, è stato quello della scrofetta, e per affrontarlo, si sono succeduti sul palco relatori molto noti nel panorama della nostra suinicoltura e di quella internazionale. È stato così dato spazio ad un segmento della filiera, sempre troppo bistrattato ed al quale tutti, dagli allevatori ai veterinari, spesso riservano un ruolo di secondaria importanza. Devo dire che il tutto si è svolto in un ottimo equilibrio fra gli spazi dedicati alla sanità, al management, all'alimentazione ed alla cultura più in generale dell'argomento. Insomma un evento davvero gradevole, oserei dire fra i più riusciti degli ultimi anni, tenuto anche conto delle difficoltà che devono affrontare i consiglieri della società nel reclutamento dei relatori.

A questo punto vi chiederete il motivo di tanta enfasi da parte di chi vi scrive, e credo sia il caso di fare un piccolo passo in dietro, portando la vostra memoria, quella serie consecutiva di rubriche dove ho cercato di sottolineare l'importanza della scrofetta come futuro dell'azienda. Ecco che quindi l'aver visto affrontati argomenti comuni con i relatori e ritenuti da tutti assolutamente fondamentali per il futuro dell'azienda suinicola, mi ha profondamente gratificato, se non altro poiché oggetto di miei recenti studi.

A mio avviso di grande interesse l'enfatizzazione del rapporto uomo-animale ovvero la necessità che abbiamo sin già dalle prime fasi, di dover trattare bene questi animali affinché vedano l'uomo, non più come una fonte di pericolo, ma come un partner di giochi con il quale condividere esperienze comuni. Affascinante l'idea di raggiungere questo obiettivo, anche attraverso la somministrazione di frutta per accattivarsene appieno le grazie. Ridurre quindi lo stress da adattamento all'uomo come primo evento, ma anche alle strutture, soprattutto le gabbie gestazione, per le quali è raccomandato un periodo di presenza di minimo 16 giorni al loro interno prima dell'inseminazione vera e propria, questo per ridurre l'incidenza di perdite di gravidanza tardive o di riduzione della natalità totale. In ogni caso, e su questo tutti i relatori sono stati concordi, bisogna inseminare le scrofette attorno agli otto mesi (220-250 giorni di vita) e ad un peso compreso fra 135 ed i 145 kg. Attenzione quindi alla pubertà, che si ha con un'età giusta, ma anche agli accrescimenti, che si evidenziano attraverso il peso degli animali. Interessante al riguardo, come sia cambiato negli ultimi 10 anni il valore delle misurazioni del lardo che, come sappiamo dalla letteratura contemporanea, presta il fianco a diverse critiche, ma che di fatto rimane l'unico strumento di uso comune, per correlare numericamente condizioni corporee e prospettive riproduttive. Si è partiti in passato con i 14 mm di lardo dorsale, rilevati nel punto P2, per raggiungere gli attuali 18-20 mm richiesti dai più recenti profili genetici.

Rimane fondamentale, e questa è una certezza, l'adeguata stimolazione con il verro, meglio più di uno, che dovrebbe incominciare a partire dai 200-210 giorni di vita, e non prima, in modo repentino, senza preavvisi, sfruttando così l'effetto sorpresa.

Per completare il quadro sulla scrofetta sono stati affrontati nei dettagli gli aspetti nutrizionali e sanitari. Per quanto concerne il primo punto è utile sottolineare la vastità delle informazioni che sono state date nel corso del meeting, partendo dagli specifici fabbisogni per arrivare alla curva di alimentazione sia in gestazione che in sala parto. La discussione ha messo in evidenza che i livelli di ingestione di questi giovani riproduttori dovrebbero essere più bassi di quelli che in realtà assumono nella stragrande maggioranza delle aziende. Questo è una conseguenza del fatto che devono adattarsi alle stesse curve delle pluripare, a causa della convivenza fra le due popolazioni di animali negli stessi reparti.

Relativamente alla sanità, non sono state apportate nuove conoscenze rispetto a quanto già noto da tempo, e come spesso accade, la PRRS, ha avuto un ruolo da protagonista. In effetti si tratta di una malattia davvero affascinante poiché ad oltre 20 anni dalla sua scoperta, sono ancora molti i lati oscuri legati alla sua epidemiologia. Quello che è certo è il ruolo chiave che la scrofetta ha nel controllo della diffusione del virus in azienda, sia esso omologo che eterologo. Molto interessanti sono stati i richiami ad un agente patogeno troppo spesso trascurato, l'Actinobacillus pleuropneumoniae (APP) dove è stato messo in correlazione ad una serie di disordini riproduttivi davvero inaspettati.

Alla base di tutto rimane il corretto acclimatamento di questi giovani riproduttori verso tutto quello che riguarda l'azienda, personale, strutture, alimentazione, patogeni e quant'altro. Attraverso questa delicatissima quanto difficilissima fase passa il successo oppure il fallimento del risultato produttivo. Anche se questo concetto suona piuttosto famigliare, non dobbiamo mai dimenticarlo e, per enfatizzarlo ulteriormente, sono stati scomodati anche due grandi della suinicoltura italiana a cui tanti, compreso il sottoscritto, sono molto affezionati, mi riferisco al Prof Casimiro Tarocco ed al compianto dottor Iller Campani, entrambi citati in sede congressuale e che quindi, anche se solo con il loro ricordo, hanno impreziosito un meeting certamente fra i più interessanti......davvero tanta roba.


Dott. Claudio Mazzoni
]]>
https://suivet.it/sipas-2016-unannata-per-amanti-del-settore.aspx mazzoni@suivet.it (Dott. Claudio Mazzoni) https://suivet.it/sipas-2016-unannata-per-amanti-del-settore.aspx https://suivet.it/sipas-2016-unannata-per-amanti-del-settore.aspx Thu, 31 Mar 2016 16:03:00 GMT