Maternità - Ultimi articoli inseriti https://suivet.it/maternita.aspx http://www.rssboard.org/rss-specification mojoPortal Blog Module it-IT 120 no Cosa resta di una orrida estate torrida (Dott.ssa Lucia Tagliaferri - Dott. Mazzoni)
Le temperature raggiunte tra giugno e agosto di quest'anno hanno avuto veramente dell'incredibile, soprattutto per la costanza nel mantenersi molto elevate anche sulla media giorno/notte.

Le principali conseguenze di un’estate così torrida sono legate a problemi riproduttivi ossia, più nello specifico: l'incremento delle scrofe vuote al parto, la riduzione della natalità, i parti con solo uno o due suinetti, e l’elevata disparità all'interno della covata con anche quattro taglie differenti di suinetti. Non è semplice dipanare questa matassa di eventi davvero ingarbugliati, ma una delle poche cose veramente certe è che il tutto parte durante la lattazione precedente. Cerchiamo quindi di fare un po' di ordine e creiamo un punto zero.

È ben noto a tutti che le alte temperature influenzino, in maniera negativa, l'ingestione di alimento delle scrofe durante la lattazione. Indicativamente, sopra i 30 gradi, si calcola che una scrofa ingerisca circa 1,5-2,0 kg in meno al giorno. Tuttavia quando le temperature sfiorano i 38 gradi ed il tasso di umidità si approssima al 90%, non credo che vi siano più regole, ma la cosa che si vede è che le scrofe smettono proprio di mangiare ed il danno metabolico sulla fisiologia della riproduzione, è tanto più alto quanto più persiste questa condizione atmosferica.

Per meglio comprendere i motivi di questo danno, basta focalizzare l'attenzione su una parola: l'insulina. Questo ormone, fra le varie cose, è responsabile del rilascio delle gonadotropine a livello ipotalamico quindi, in buona sostanza, degli ormoni deputati al controllo dell'attività riproduttiva. Ecco che allora il quadro completo potrebbe essere così dipinto: le elevate temperature riducono l'ingestione di alimento, la cosa abbassa la glicemia che, come diretta conseguenza, porta ad una riduzione della secrezione di insulina e quindi degli ormoni preposti al corretto sviluppo dei follicoli e degli ovuli in essi contenuti.

La prima conseguenza è una compromissione della qualità della manifestazione estrale, poiché collegata alle dimensioni del follicolo e, più in particolare, agli estrogeni che da esso sono prodotti. Ecco che allora la qualità dei follicoli, quindi degli ovuli, sarà più scadente, per vitalità, per dimensioni, ma anche per numero.

A questo punto, avvenuta l'ovulazione, l'oocita va in contro alla fecondazione. Sfortunatamente, anche per questa delicatissima fase, le alte temperature giocano un ruolo molto negativo, aumentando il rischio di fallimento del concepimento. Quindi avremo una riduzione del numero di ovuli fecondati. Gli embrioni che hanno superato queste prime fasi di drastica selezione, cominciano il loro percorso all'interno delle corna uterine, in attesa di "annidarsi" attorno ai 12-14 giorni di gestazione sulla mucosa uterina. Purtroppo anche l'annidamento risente in modo negativo del caldo incrementando la mortalità embrionale precoce. A questo punto il numero di embrioni si è ridotto in modo superiore rispetto al resto delle altre stagioni dell'anno e, questa, è una faccenda da avere ben presente!

Molti di voi ricorderanno la storia dei due segnali di gravidanza, il primo circa a 10-12 ed il secondo fra i 17 ed i 25 giorni di gestazione, con i quali si instaura un vero e proprio dialogo fra i feti e la madre. Durante questa fase i suinetti debbono, per così dire, avvisare la madre della propria presenza, affinché l'attività ovarica rimanga quiescente. In effetti un suo riavvio coinciderebbe con la perdita della gravidanza e quindi, con la morte degli embrioni stessi. Questo avviso, meglio dire segnale, che si realizza fra i suinetti e la scrofa, viene mediato da degli ormoni, in prevalenza estrogeni che, tramite un complesso meccanismo biochimico, impediscono la liberazione delle prostaglandine F2 alfa dall'utero al torrente circolatorio, e l'inevitabile luteolisi che ne conseguirebbe responsabile della perdita della gravidanza e del ripristino dell'attività ciclica della scrofa. Sfortunatamente però, non solo servono questi estrogeni, ma ne servono anche una certa quantità, ecco così che abbiamo una dose dipendenza la quale si raggiunge solamente se sono presenti un certo numero di feti in grado di produrla. Questo numero di feti, che viene universalmente riconosciuto come sufficiente per dare il segnale, e di 5 tanto per il primo quanto per il secondo segnale di gravidanza. Ben inteso, stiamo parlando di eventi biologici, quindi non è detto che siano tassativamente 5 feti in tutti i singoli animali, in alcuni saranno anche 2 ed in altri anche 7, ma questo è un valore medio di riferimento, una linea guida. Proseguendo nel ragionamento iniziale, se a livello di annidamento (10-12 giorni) abbiamo un incremento della mortalità embrionale, ci sono i presupposti affinché il numero minimo di feti sia raggiunto al limite o non sia raggiunto del tutto. Le conseguenze di questo fatto sono che la scrofa vada in parto con pochissimi feti oppure che il primo od anche solo il secondo segnale di gravidanza non riescano neppure a scatenarsi, ed il ciclo della scrofa vada a ripartire. Con l'assenza del primo segnale direi che è tutto chiaro, la scrofa rimane vuota e ritorna in ciclo dopo 18-24 giorni. Diversa la situazione legata all'assenza del II segnale dove il ritorno sarà quindi oltre i 25 giorni di gestazione (per tale motivo sarà detto fuori ciclo), essendo mancato il segnale fra i 17 ed i 25 giorni di gestazione (riepilogo nell'immagine 1).

Schema dei segnali in gravidanza
Immagine 1: i segnali di gravidanza

Il quadro dell'infertilitá estiva ha tutti i suoi elementi in fila partendo con l'aumento considerevole dei ritorni in ciclo, ma anche di quelli fuori ciclo, questi ultimi preceduti dalla perdita dell'embrione già visibile nella sua caratteristica struttura filiforme che fuoriesce dalla vulva della scrofa (immagine 2). Non mancano inoltre un aumento dei parti poco numerosi, fino alla pseudogravidanza, o con covate più piccole rispetto alla media aziendale, oltre che l'aumento della disomogeneità della covata.

Perdita dell'embrione
Immagine 2: Perdita dell'embrione

Nel settore suinicolo, e più in generale nel settore zootecnico, abbiamo spesso a che fare con eventi negativi improvvisi che hanno una spiegazione solo se riusciamo a correlarli a fatti aziendali del recente passato. La clinica dell'infertilita stagionale, è forse l'esempio più eclatante di questa condizione e dovrebbe insegnarci a lavorare in prevenzione, dato che una torrida estate, più o meno orrida, si ripresenta quasi tutti gli anni.


Dott. Claudio Mazzoni
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L’importanza del “fattore uomo” (Dott.ssa Giusy Romano)

Il famigerato “fattore uomo” rappresenta un aspetto decisamente importante nei vari reparti delle nostre scrofaie, a cui però, molto frequentemente, non viene dato il giusto peso.

Dobbiamo sempre ritenerci fortunati nel momento in cui, identificato un tecnico di qualità, si riesca ad usufruire dei suoi servigi. Avere, per esempio, un uomo bravo all’interno della gestazione, quindi in grado di far esprimere al meglio le tecnologie, le strutture ed il patrimonio genetico messogli a disposizione dall’azienda, è certamente il sogno di molti allevatori. È il caso di un allevamento di 600 scrofe a ciclo chiuso con lattazione di 24 giorni, la cui fertilità, ormai datata, (dal 2004 al 2007) è riportata nel grafico sottostante (andamento della fertilità calcolata all’ecografia a 21-35 giorni dalla fecondazione) .

 Andamento della fertilità calcolata all’ecografia (21-35 giorni dalla fecondazione)

 

Ad un primo sguardo sembrerebbe una tipica azienda affetta da una ricorrente sindrome dell’ipofertilità estiva (SIC). Da settembre a giugno, infatti, la fertilità si mantiene su valori più che accettabili, eccetto casi sporadici, per poi avere un crollo molto marcato fra luglio e agosto. Approfondendo la situazione, il profilo sanitario dell’allevamento era da considerarsi convenzionale e PRRS positivo, ma stabile inattivo, con rimonta interna, integrata dall’acquisto di 1-2 verri all’anno. La gestione dei verri, del seme e la preparazione delle fiale per la fecondazione artificiale seguivano le stesse procedure per tutto l’anno, è inoltre da escludere una simultanea, quanto improbabile, ipofertilità di tutti i maschi nella stessa stagione in tre anni su quattro.

Che cosa era accaduto quindi in questa azienda durante il mese di agosto?

Molto semplice, il tecnico addetto alla gestazione si prendeva un intero mese di ferie e, evidentemente, nessuno era in grado di sostituirlo degnamente.

L’importanza del “fattore uomo” è in questo esempio eclatante: la sensibilità di quel tecnico verso la sfera riproduttiva della scrofa si dimostrava essere impareggiabile.

Come si vede bene dal grafico, il 2006 è da considerarsi come una stagione eccezionale, probabilmente per la notevole disponibilità di animali giovani che erano stati preparati per far fronte all’estate, cosa che, per diversi motivi, non era stato possibile fare negli anni precedenti ed in quello a seguire. A livello aziendale, comunque, c’era la consapevolezza che il mese di agosto fosse un mese “difficile” per i risultati del reparto gestazione, pertanto veniva approntato un programma di intervento molto semplice: incrementare il numero delle scrofe in fecondazione durante tale periodo……un grande classico! Quando possibile si attingeva direttamente dalle scrofette, in ogni caso venivano stimolate farmacologicamente le scrofe ritardatarie o venivano svezzate un certo numero di scrofe a 18-21 giorni di lattazione. In questo modo era garantita una quota di scrofe gravide minima per riempire le sale parto prefissate 4 mesi dopo. Il sistema funziona quasi sempre, ma ciò non rappresenta la soluzione del problema, quanto piuttosto un escamotage per limitare i danni.

In definitiva la qualità della manodopera, oggi più di allora, rappresenta un fattore chiave per la produttività aziendale. In particolare la costanza del risultato rimane un obiettivo davvero importante poiché alla base della corretta gestione dei flussi che, senza ombra di dubbio, rappresenta il vero tallone d’Achille della nostra suinicoltura.

Articolo scritto in collaborazione con il Dott. Claudio Mazzoni


Dott.ssa Giusy Romano
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https://suivet.it/l’importanza-del-“fattore-uomo”.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/l’importanza-del-“fattore-uomo”.aspx https://suivet.it/l’importanza-del-“fattore-uomo”.aspx Sat, 30 Dec 2017 09:15:00 GMT
La sindrome dell’infertilità stagionale (SIS) e la regola delle 3A L’infertilità stagionale (SIS) può essere suddivisa in due periodi: quello estivo SIC (complesso dell’infertilità estiva) e quello autunnale AAS (sindrome degli aborti autunnali).

Tale suddivisione, tuttavia, è da ritenersi puramente didattica, in quanto la SIC e la AAS possono considerarsi una la conseguenza dell’altra ed hanno nella stagionalità una causa comune. In via del tutto teorica e, tenuto conto delle stagioni che si susseguono nel nostro paese, è possibile ritenere che la SIC inizi dai primi di Giugno per terminare verso la seconda metà di Settembre, mentre la AAS è possibile farla iniziare dalla fine di Agosto per vederla concludersi attorno alla seconda metà di Novembre (fig.1).

Per cercare di inquadrare meglio il problema, i fattori in grado di influenzare la SIS possono essere sintetizzati nella regola delle 3A: Ambiente, Allevamento e Alimentazione.

Il Fattore Ambientale

Essendo chiamato in causa come attore principale, l’ambiente dovrebbe essere il fattore determinante per l’insorgenza della SIS, ma non sempre è così. Questo perché, di base, è difficile comprendere come due stagioni diverse fra loro abbiano un effetto così simile sulla sfera riproduttiva, oltre al fatto che le stesse stagioni non si comportino allo stesso modo di anno in anno.

Questa variabilità climatica, tanto imprevedibile quanto inevitabile, è certamente negativa, poiché limita molto i modi di intervento (l’accensione dei raffrescatori in estate o del riscaldamento in autunno).

Tuttavia questo aspetto deve essere tenuto in considerazione, visto che le temperature alte per lunghi periodi e le ampie escursioni termiche, soprattutto giorno-notte, rientrano fra le molteplici cause della SIS.

Il Fattore Allevamento

Con questo termine intendiamo le strutture presenti in azienda unite alla capacità manageriale dell’imprenditore. La presenza di ambienti confortevoli, ben illuminati (anche artificialmente) ed adeguatamente raffrescati in estate, quanto riscaldati e riparati in autunno, limita notevolmente l’incidenza della sindrome.

Anche il management, d’altro canto, ricopre un ruolo fondamentale, in particolare la mandria ben distribuita in relazione all’ordine di parto (39-43% della mandria fra il 3° ed il 5° parto). Non vanno inoltre dimenticati la densità delle scrofe nei box gestazione, il rapporto uomo-animale e l’igiene.

Il Fattore Alimentazione

È ormai riconosciuto da tutti il ruolo che una corretta alimentazione ha sull’incidenza della SIS, sia durante la lattazione che nel contesto del primo mese di gestazione.

La questione non è rivolta tanto alla qualità degli alimenti, aspetto che rimane importante tutto l’anno, quanto alla quantità degli stessi. Ridotti livelli di ingestione in sala parto, infatti, non permettono alla scrofa di regolarizzare l’attività riproduttiva dei mesi successivi. Questo perché si instaurano delle interferenze che agiscono indirettamente sull’attività ormonale preposta alla regolazione della sfera riproduttiva.

Non sono pochi gli allevamenti in cui, in estate, viene volutamente ridotto il quantitativo di mangime fornito alle scrofe in lattazione, con la scusante che le scrofe mangiano poco per il caldo, quindi non ha senso “sprecare” eccessivamente il mangime. La soluzione, però, non è ridurre il quantitativo di mangime disponibile, ma è trovare un sistema in grado di permettere alle scrofe una maggiore ingestione di alimento in questa stagione.

 

La somma di questi 3 fattori (Ambiente, Allevamento e Alimentazione) determina un accumulo di stress nella scrofa, se protratti nel tempo. Ciò si traduce nell’alterazione dell’equilibrio ormonale che regola la sfera riproduttiva, sfociando conseguentemente nella SIS.

È necessario sottolineare che la SIS non si manifesta in tutte le scrofe allo stesso modo e, per fortuna, nella maggioranza dei casi gli animali riescono a compensare egregiamente lo stress.

In alcuni casi, però, i 3 fattori prendono il sopravvento, rendendo così molto accreditata l’ipotesi che esistano alcune sottopopolazioni di scrofe maggiormente sensibili rispetto ad altre.

 

Articolo scritto in collaborazione con il Dott. Claudio Mazzoni


Dott.ssa Giusy Romano
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