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AMR: le filiere zootecniche minori (MUMS) e gli animali non destinati a produrre alimenti (NDPA) seconda parte

(dott. Andrea Setti)

In questo report legislativo completerò la trattazione dell’antimicrobico resistenza nelle filiere zootecniche dei cosiddetti “MUMS” e negli animali non destinati a produrre alimenti (NDPA), intesa come emergenza sanitaria e come patologia a carattere zoonosico.

Coniglicoltura

Il coniglio è esposto nella sua fase di allevamento ad un elevato consumo di antimicrobici. Il rischio maggiore è nel trattamento di massa: per via orale, mangime medicato soprattutto, e in acqua da bere. Gli interventi per via parenterale sono poco frequenti.

Ma quali sono le maggiori criticità legate a tali trattamenti con mangimi medicati, comuni, peraltro, a qualsiasi trattamento di massa per via orale:

  • Problemi dosaggio, demiscelazione;
  • Mantenimento piccole quantità in circolo post trattamento, carry-over;
  • Presenza, in caso di patologie in atto, di soggetti conriduzione di assunzione acqua/mangime.


Tutto ciò porterebbe ad un rischio elevato di assunzione di quantità sotto dosate di antimicrobico.

Ovi-caprini

Se è vero che esistono medicinali veterinari dedicati, anche antimicrobici, è altrettanto vero che mancano dati di AMR e manuali di BP. Per i greggi vaganti-transumanti, poi, non è da sottovalutare il possibile impatto ambientale dell’AMR (deiezioni, contatto con selvatici).

Filiera animali selvatici (fagiani, pernici, starne, quaglie, cervi, daini e lepri)

Per tali specie sono quasi del tutto assenti i medicinali veterinari dedicati, soprattutto antimicrobici. Inoltre, mancano dati di AMR e manuali di BP. Da valutare, poi, l’impatto ambientale di queste filiere in quanto in molti casi questi animali sono allevati anche a scopo di ripopolamento di riserve di caccia.

Cani e gatti

L’AMR fa rientrare inevitabilmente ed a pieno titolo anche il Veterinario che opera nel campo degli animali d’affezione o sportivi. L’insorgenza di AMR negli animali d’affezione, che maggiormente condividono comportamenti ed ambienti di vita dei proprietari e spesso sono esposti agli stessi patogeni, può far aumentare la probabilità di trasmissione di germi divenuti resistenti (animale-uomo, uomo-animale). Sono RESERVOIRS. Quali sono le maggiori criticità:

  • stesse molecole utilizzate in medicina umana. Uso di antibiotici destinati esclusivamente all’uomo (motivi di costo/pronta disponibilità del proprietario);
  • vasto prontuario di medicinali veterinari, contenenti AM, dedicati a disposizione del veterinario, nonostante ciò, si ricorre molto spesso all’uso in deroga;
  • l’AMR deriva maggiormente da un uso eccessivo di AM, spesso somministrati a scopo preventivo, dalla durata e frequenza dei trattamenti (protocolli terapeutici discutibili), dalla errata somministrazione da parte dei proprietari nei trattamenti per via orale;
  • vengono utilizzate tutte le classi di AM, troppo spesso con predilezione per i CIA, sia in caso di terapia che per uso empirico.


Se guardiamo alcuni dati di resistenza nei pets, la situazione appare veramente molto grave. Uno dei più grandi problemi del veterinario clinico è proprio quello relativo a protocolli che prevedono necessariamente la somministrazione endovena di AM che in commercio sono solo ospedalieri e/o antibiogrammi che evidenziano germi sensibili solo ad antibiotici introvabili o ad uso ospedaliero.

Ma quali sarebbero i comportamenti ed approcci corretti da tenere nelle strutture di cura veterinarie? Ecco alcuni esempi:

ogni struttura dovrebbe esaminare ogni 6 mesi il risultato delle sensibilità osservate interne alla struttura in modo retrospettivo ed elaborare dei protocolli di terapia ottimizzati su questi dati;
la somministrazione empirica di antibiotici secondo schemi di protocollo dovrebbe essere sempre confermata più precocemente possibile da esami colturali;
ove possibile, la terapia antibiotica dovrebbe essere sempre rivalutata scegliendo l’antibiotico con lo spettro d’azione il più ristretto possibile.
Per avere un quadro dell’importanza dei pets, ai fini dell’insorgenza dell’AMR, basta andarsi a leggere la Comunicazione UE 2015/C 299/04 del 11.09.2015, in particolare la parte relativa ad “Altre specie (animali da compagnia, animali da pelliccia e altre specie non destinate alla produzione di alimenti)”. Per facilitarvi la lettura, qui trovate un sunto di questa parte.

Cavalli sportivi ed equidi DPA

L’AMR fa rientrare inevitabilmente ed a pieno titolo anche il veterinario che opera nel campo degli equidi, sia DPA che non-DPA. Per quanto riguarda i cavalli, la promiscuità in allevamento di animali DPA e non-DPA non favorisce la raccolta di dati in merito al consumo di AM e sorprende il fatto che quasi sempre si ammalino gli equidi non-DPA per i quali le prescrizioni non sono in RNRT e non c’è l’obbligo della registrazione dei trattamenti. In ogni caso mancano in questo settore dati sulle eventuali resistenze agli AM (isolamenti, antibiogrammi) e manuali di BP.

Uccelli ornamentali e pesci d’acquario (esotici)

Esistono medicinali veterinari dedicati anche contenenti AM venduti senza obbligo di ricetta veterinaria (visita) anche presso esercizi di vendita che non fanno parte dei normali canali distributivi dei medicinali (Rivendite agrarie, pet shops) e AM senza LMR (es. furanici → impatto ambientale). Molto spesso si ricorre alla prescrizione in deroga di AM anche ad uso umano. Non esistono dati e controlli ufficiali sull’uso di AM in questo settore e visto l’enorme numero di questa tipologia di animali presenti nelle abitazioni, esso potrebbe costituire un eventuale problema di sanità pubblica, soprattutto quando questi animali sono allevati a scopo amatoriale o nei negozi di vendita.

In conclusione, il problema dell’antimicrobico resistenza nelle filiere zootecniche dei cosiddetti “MUMS” e negli animali non destinati a produrre alimenti (NDPA), non è assolutamente da sottovalutare, tenuto conto delle varie criticità evidenziate nella trattazione dei due reports.