Con buona pace dell’animal welfare,è noto che in diversi paesi è prassi abbastanza comune il sopprimere i suinetti neonati inferiori ai 750 grammi di peso, pensando che, al di sotto di quel peso, non ci sia più possibilità di recupero ….ma siamo così sicuri che sia vero?
E’assodato che l’ uniformità alla nascita si crea durante i primi 35 giorni di gravidanza, come è altrettanto provato che il peso della figliata lo si possa condizionare a partire dall’ottantesimo giorno di gestazione alzando il livello nutritivo del mangime riproduttori (maggiore ingestione o più grasso aggiunto): fisiologicamente quindi è il primo mese di gestazione che condiziona il peso ma soprattutto la uniformità dei suinetti (vedi foto), ed è per questo che qualche accorgimento nutrizionale , come un elevato quantitativo di mangime o una supplementazione di amminoacidi ramificati tra 15 e 35 gg di gestazione, hanno la capacità di omogeneizzare il peso della figliata alla nascita.
Questo teoricamente, perché in presenza di genetiche iperprolifiche (ed oggi, per sopravvivere in un mercato particolarmente selettivo, negli allevamenti troviamo solo questo tipo di animali) al parto aumenta il numero di soggetti sottopeso, aggravando una condizione già naturalmente presente. Ammettiamo quindi che all’interno di una figliata numerosa siano presenti uno o due soggetti che non siano omogenei al resto della covata: quanto margine di manovra abbiamo a disposizione?
Approfondiamo l’argomento: siamo sicuri che il latte della scrofa sia l’alimento migliore per il suinetto? Non è una provocazione:il latte di scrofa mostra un deficit di circa il 12% nel rapporto proteina/energia rispetto a quanto necessiterebbe un suinetto per espletare completamente il proprio potenziale genetico di accrescimento:studi recenti di Pluske (2014) hanno messo in evidenza come la natura abbia provveduto a far produrre alla scrofa un alimento che sia finalizzato si ad aumentare il peso dei suinetti, ma prediligendo soprattutto l’ accumulo di tessuto adiposo a scapito della crescita muscolare : muscolo, cioè più acqua, che contribuirebbe ad aumentare maggiormente il peso corporeo; questo sistema quindi non sfrutta completamente il potenziale genetico di accrescimento che il maiale potrebbe estrinsecare . Aggiungiamo a questo la difficoltà di garantire a tutti una corretta quantità di latte, cosa non facile a causa delle numerosità delle figliate , dello stato delle mammelle , della correttezza sia nutrizionale che qualitativa dei mangimi di lattazione….si può facilmente immaginare quindi come il latte di scrofa non sia esattamente il miglior alimento per il periodo pre-svezzamento, almeno con le finalità che una produzione industriale moderna si proponga. Infatti se svezziamo una covata precocissimamente dopo una buona colostratura (non dimentichiamo che possiamo condizionare alimentarmente la qualità e la quantità del colostro nella scrofa nella fase di pre parto) ed alimentiamo questa nidiata con un latte artificiale arricchito di principi nutritivi, ad esempio arginina, di cui il latte di scrofa è particolarmente povero, dalla nascita fino a 21 giorni di vita siamo in grado di misurare un accrescimento di 450 grammi al giorno! Un appunto sul colostro, che necessiterebbe di una chiacchierata a parte: studi di Decaluwè (2013) hanno dimostrato che in media circa il 40% dei suinetti di una figliata non assume la quantità minima di colostro necessaria per le funzioni vitali a cui è preposto il colostro stesso, cioè i 160 grammi capo.
La ricerca di diverse aziende del settore della nutrizione, soprattutto in nord Europa ed in collaborazione con diverse università, ha reso disponibili sul mercato alimenti liquidi a diversa composizione e valori nutritivi da utilizzare immediatamente dopo la colostratura, con il fine di compensare sia il deficit quantitativo che qualitativo del latte di scrofa, con risultati sorprendenti; in più , dopo lo svezzamento, abbiamo a disposizione ancora un’altra finestra di intervento per permettere agli svezzati sottopeso di raggiungere i propri fratelli “normodotati”: le prime due settimane post svezzamento (tre se svezziamo a 21 giorni, due se li svezziamo a 28). Si tratta di un concetto relativamente nuovo, che stabilisce come le prestazioni zootecniche di un suino possano essere condizionate attraverso la alimentazione nelle prime 6 settimane di vita, pesando in modo importante su tutto il ciclo produttivo.
Un bellissimo lavoro di Paredes, che le ha fatto guadagnare l’anno scorso il dottorato di ricerca alla università di Wageningen, ha prodotto una serie di dati proprio sul periodo pre e post svezzamento, dimostrando come si possa influire sulla carriera economica di un soggetto da macello lavorando proprio nelle prime 6 settimane di vita: i concetti si basano prevalentemente sulla formulazione corretta di mangimi cosiddetti di transito (a cavallo dello svezzamento del suinetto) e quelli fino 6 settimane di vita: lavorando sulla qualità degli ingredienti, sulla capacità di condizionare il microbioma del suinetto ed investendo su diete cosiddette “complesse” è stato dimostrato come un soggetto di 21 giorni svezzato a 5 kg di peso possa raggiungere 10 giorni dopo lo stesso peso di un soggetto di 21 giorni svezzato a 7 kg di peso vivo (Nutreco RD, 2013).
Concludendo, il suinetto sottopeso non è sempre irrecuperabile: esistono sistemi per evitare che ne nascano numerosi all’interno delle figliate ed esiste anche un periodo di 2 settimane post svezzamento in cui si può offrire a questi animali una chance in più.
(immagine per gentile concessione di Rutger Jansen, For Farmers)