Lo scorso 24 luglio è stata una giornata piuttosto uggiosa, quasi come se anche il tempo volesse piangere la prematura dipartita di Iller Campani all’età di 57 anni, stroncato da un malore nel sonno. Per molti di noi, che quel giorno erano presenti alle esequie in quel di Castiglione di Ravenna, si è consumata un’autentica tragedia umana. Nessuno voleva accettare quanto accaduto nella notte fra domenica e lunedì, gli sguardi si incrociavano con colleghi ed amici nella speranza di smascherare uno scherzo che, seppur di pessimo gusto, rimettesse le cose al loro posto. Ma, come purtroppo accade nelle storie senza un lieto fine, arriva il durissimo ritorno alla realtà. Dopo l’arrivo del feretro al cimitero, ecco farsi largo fra la folla due persone anziane vestite di nero, uomo e donna, il primo seppur sostenuto da una stampella si portava velocemente a ridosso della bara colpendola con un pugno e lasciandosi scappare, in un famigliare dialetto reggiano: ”al me ragas”. Era il papà di Iller che singhiozzando si chiedeva il perché i ruoli di quella scena non fossero invertiti.
Il nostro primo pensiero è rivolto quindi a questi due anziani genitori che, nell’uomo Iller, avevano quel figlio unico che tanti vorrebbero od avrebbero voluto avere. Gente semplice, d’estrazione contadina che, per dare la possibilità di un futuro migliore al proprio ragazzo, era emigrata dalla bassa reggiana in Svizzera, lasciando Iller con i nonni in Italia a studiare. Tutto davvero molto duro………un genitore non dovrebbe davvero mai sopravvivere alla morte dei propri figli.
Celebrato sobriamente l’ultimo atto della tumulazione della salma di Iller, si sono cominciate a susseguire nella nostra mente, tutta quella serie di immagini, di foto, di momenti che, come sempre accade in queste circostanze, rendono intenso il ricordo della persona scomparsa. Personalmente porterò con me il suo splendido sorriso, che ho sempre visto come quello strumento che Iller usava per trasmettere emozioni.
Già! emozioni…….perchè quando parlava del suo lavoro, era talmente tanta la passione che ci metteva, che era davvero in grado di emozionare dal singolo uditore, all’intera platea, dall’operatore più inesperto al professionista più affermato. La sua competenza e la sua grande preparazione facevano il resto. Tutti noi infatti ricordiamo la ricchezza culturale e l’enorme volume di informazioni trasmesse dalle sue presentazioni. Inoltre, come tutti coloro che voglio divulgare informazioni e che sono in possesso di una grande generosità d’animo per farlo, amava scrivere. Come non ricordare il suo libro, in partecipazione con il Dott. Francesco Bertacchini o le sue rubriche in Professione Suinicoltore e quella del nostro sito (”Il lato oscuro del truogolo”), rispettivamente sotto gli pseudonimi di Bastiano da Caprara e Tommaso da Campegine, sempre per non tradire le sue origini reggiane. Parafrasando il Dott. Gherpelli che, certamente fra no, è quello che lo conosceva da più tempo, Iller può essere ricordato come "un uomo dall’enorme sete di sapere, che voleva entrare nei dettagli delle cose per capirle bene per poi trasmetterle al prossimo grazie alla sua grande generosità ed al suo desiderio di comunicare".
Si tratta, in definitiva, di un’enorme perdita, non solo per chi gli voleva bene, e conoscendolo un minimo era impossibile fosse diverso da così, ma per l’intero movimento della suinicoltura nazionale. Con Iller è scomparsa una autentica “mente pensante” del nostro mondo un vero cultore della materia, un uomo generoso e gentile di cui c’era ancora molto bisogno, una grande persona... un amico... un figlio...
……….. ciao Iller.
(da tutti noi di Suivet e Suivet Training)