La produzione intensiva del suino pesante italiano, è iniziata negli anni ‘50 e ’60 nel centro-nord dell’Italia, spesso legata all’utilizzo del siero dei caseifici, e successivamente si è diffusa a partire dagli anni ’70 il tutto il NordItalia.
Ma quali erano le tipologie di stalla utilizzate per l’accrescimento e l’ingrasso dei suini?
Fondamentalmente due:
- Capannone chiuso, a singola o doppia falda, con pavimento pieno, con le deiezioni che confluiscono agli scarichi posti quasi sempre all’interno;
- Variante con un corridoio di defecazione esterno, a pavimento pieno.
In tempi successivi (anni 70-’90), con l’avvento del fessurato, le stalle nuove da ingrasso venivano costruite con un corridoio di defecazione esterno a pavimento fessurato, con la parte interna spesso costituita sempre da pavimento pieno o, in rari casi, parzialmente fessurato.
Solo negli ultimi 20 anni si è diffuso il pavimento totalmente fessurato.
Il vantaggio del pavimento totalmente fessurato è “la pulizia”, dato che le feci vengono immediatamente allontanate, mentre nel pavimento pieno, o in quello parzialmente fessurato, dobbiamo confidare nel fatto che i suini identifichino correttamente l’area di riposo sul pieno e quella di defecazione sul fessurato.
Se cosi non è, ecco che, soprattutto in estate, viene invertito l’utilizzo delle due aree: riposo sul fessurato e deiezioni sul pieno.
Il suino, poi, è un animale dall’olfatto finissimo, per cui tende a mantenere l’utilizzo degli spazi del gruppo che lo ha preceduto: nel susseguirsi dei cicli produttivi si instaura un meccanismo ripetitivo nell’identificazione delle aree di riposo e defecazione.
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Ed ecco il dramma: quando le aree a pavimento pieno sono utilizzate come “area sporca”, l’ambiente diventa invivibile: umidità, ammoniaca, pavimento scivoloso, ecc.. con frequenti problematiche sanitarie (…e disagio per gli addetti),… e pulire giornalmente richiede molta manodopera, costi, acqua... |
Naturalmente gli allevatori (e le aziende a supporto…) hanno sviluppato negli anni varie strategie per eliminare o attenuare questo fenomeno, più o meno efficaci, più o meno fantasiose, più o meno costose…
L’allevatore in questa scheda, dopo svariati tentativi, ha sperimentato la soluzione qui presentata, che sembra ottenere qualche risultato (ma sembra soprattutto nella stagione invernale).
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Il capannone è un "classico" doppia falda, con camino centrale, corridoio di defecazione esterno su pavimento fessurato, e parte interna con pavimento pieno ad esclusione di una fascia di un metro di pavimento fessurato adiacente alla parete esterna dello stabile, ventilazione naturale. |
Qual è stato il ragionamento per cercare una soluzione?
Se in inverno l’aria fredda scende dal camino centrale, condiziona i suini ad identificare l’area di riposo nella parte più lontana rispetto all’entrata dell’area fredda, in questo caso adiacente alla parete esterna.
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Cosa fare?
Convogliare l’aria fredda nella parte laterale per “convincere” i suini a riposare nella parte centrale. |
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Come realizzarlo?
Con un telo in plastica.
Adagiato sopra il tubo dell’alimentazione liquida situato sopra il corridoio di servizio, e steso sopra il box, ad occupare 2/3 della superficie. |
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In questo modo, l’aria fredda in caduta centrale viene convogliata lateralmente, nell’area fessurata, creando una nicchia nella parte centrale senza correnti d’aria.
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Una volta messo in posizione, il telo è stato semplicemente legato alla conduttura dell'acqua che scorre nella parete laterale. |
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Ogni allevatore è a conoscenza del fatto che l’identificazione delle due aree di riposo e defecazione avviene precocemente, all’introduzione dei suinetti nel box, e raramente si riesce (successivamente) a cambiare ed invertire le abitudini acquisite.
Per questo motivo, un intervento di questo tipo ha senso se applicato all’introduzione degli animali, per cercare di creare un’area a loro favorevole da identificare come area di riposo. Successivamente, ad abitudine acquisita, il telo può essere rimosso. |
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