(Dott.ssa Giusy Romano)
Il famigerato “fattore uomo” rappresenta un aspetto decisamente importante nei vari reparti delle nostre scrofaie, a cui però, molto frequentemente, non viene dato il giusto peso.
Dobbiamo sempre ritenerci fortunati nel momento in cui, identificato un tecnico di qualità, si riesca ad usufruire dei suoi servigi. Avere, per esempio, un uomo bravo all’interno della gestazione, quindi in grado di far esprimere al meglio le tecnologie, le strutture ed il patrimonio genetico messogli a disposizione dall’azienda, è certamente il sogno di molti allevatori. È il caso di un allevamento di 600 scrofe a ciclo chiuso con lattazione di 24 giorni, la cui fertilità, ormai datata, (dal 2004 al 2007) è riportata nel grafico sottostante (andamento della fertilità calcolata all’ecografia a 21-35 giorni dalla fecondazione) .
Ad un primo sguardo sembrerebbe una tipica azienda affetta da una ricorrente sindrome dell’ipofertilità estiva (SIC). Da settembre a giugno, infatti, la fertilità si mantiene su valori più che accettabili, eccetto casi sporadici, per poi avere un crollo molto marcato fra luglio e agosto. Approfondendo la situazione, il profilo sanitario dell’allevamento era da considerarsi convenzionale e PRRS positivo, ma stabile inattivo, con rimonta interna, integrata dall’acquisto di 1-2 verri all’anno. La gestione dei verri, del seme e la preparazione delle fiale per la fecondazione artificiale seguivano le stesse procedure per tutto l’anno, è inoltre da escludere una simultanea, quanto improbabile, ipofertilità di tutti i maschi nella stessa stagione in tre anni su quattro.
Che cosa era accaduto quindi in questa azienda durante il mese di agosto?
Molto semplice, il tecnico addetto alla gestazione si prendeva un intero mese di ferie e, evidentemente, nessuno era in grado di sostituirlo degnamente.
L’importanza del “fattore uomo” è in questo esempio eclatante: la sensibilità di quel tecnico verso la sfera riproduttiva della scrofa si dimostrava essere impareggiabile.
Come si vede bene dal grafico, il 2006 è da considerarsi come una stagione eccezionale, probabilmente per la notevole disponibilità di animali giovani che erano stati preparati per far fronte all’estate, cosa che, per diversi motivi, non era stato possibile fare negli anni precedenti ed in quello a seguire. A livello aziendale, comunque, c’era la consapevolezza che il mese di agosto fosse un mese “difficile” per i risultati del reparto gestazione, pertanto veniva approntato un programma di intervento molto semplice: incrementare il numero delle scrofe in fecondazione durante tale periodo……un grande classico! Quando possibile si attingeva direttamente dalle scrofette, in ogni caso venivano stimolate farmacologicamente le scrofe ritardatarie o venivano svezzate un certo numero di scrofe a 18-21 giorni di lattazione. In questo modo era garantita una quota di scrofe gravide minima per riempire le sale parto prefissate 4 mesi dopo. Il sistema funziona quasi sempre, ma ciò non rappresenta la soluzione del problema, quanto piuttosto un escamotage per limitare i danni.
In definitiva la qualità della manodopera, oggi più di allora, rappresenta un fattore chiave per la produttività aziendale. In particolare la costanza del risultato rimane un obiettivo davvero importante poiché alla base della corretta gestione dei flussi che, senza ombra di dubbio, rappresenta il vero tallone d’Achille della nostra suinicoltura.
Articolo scritto in collaborazione con il Dott. Claudio Mazzoni