Sarà certamente capitato anche a voi di chiedervi perché, durante il parto, le scrofe anziane (oltre il 6° parto) e a volte le scrofette, evidenzino una maggiore incidenza di natimorti. Su questo argomento, ci potrebbe venire in aiuto, uno studio del dott. Olmos-Hernandez et al., pubblicato sugli atti del 19° IPVS di Copenaghen 2006 (a pagina 502) che, sebbene ormai piuttosto datato, affronta le dinamiche uterine in maniera alquanto interessante, relazionandole alla frequenza cardiaca fetale, all’integrità del cordone ombelicale ed al grado di imbrattamento da meconio della cute del neonato (stress fetale).
Nello studio sono state incluse 20 scrofe per ciascun ordine di parto, dal 1° al 6° e come indicatori dell’attività uterina sono stati monitorati il numero delle contrazioni durante l’espulsione fetale (frequenza), l’intensità (in mm di Hg) e la durata (in secondi) delle contrazioni stesse. Per lo stress fetale invece, è stata valutata la riduzione della frequenza cardiaca dei suinetti (ben il 5,23% presentavano una severa bradicardia alla nascita) e sono stati poi classificati come vivi o morti ed imbrattati o meno di meconio. Quest’ultimo parametro è piuttosto interessante perché un suinetto che all’espulsione dal canale del parto evidenzi, a livello di cute, la presenza di abbondante materiale giallo verdastro (meconio) e sangue può far presumere uno stato di sofferenza, infatti potrebbe essere rimasto più tempo nel canale del parto o aver transitato lentamente e questo spesso è sufficiente per determinarne la morte. Possiamo perciò dire che maggiore è l’imbrattamento da meconio, maggiore sarà stata la permanenza nel canale del parto e maggiori quindi saranno state le probabilità di una sofferenza (cardiaca o respiratoria) in grado di indurre anche la morte del feto.
Le scrofe di primo e secondo parto, hanno un numero di contrazioni (frequenza) decisamente superiore rispetto agli altri ordini di parto, mentre solo le scrofe di primo parto hanno un’intensità di contrazione più alta delle altre scrofe poiché il canale del parto si presenta più stretto e difficile da attraversare. Viceversa, è la durata delle contrazioni a risultare decisamente più elevata nelle scrofe di sesto parto rispetto agli altri ordini di parto. Questi dati sono stati messi in relazione alla sofferenza fetale e in particolare le scrofette hanno evidenziato un certo incremento delle aderenze o schiacciamenti del cordone ombelicale ma i nati morti erano solo leggermente imbrattati di meconio. Per le scrofe più anziane invece il 100% dei nati morti presentava un imbrattamento da meconio a diverso grado, ma comunque sempre presente. Le conclusioni degli autori sottolineano che l’incremento, anche se non significativo, della natimortalità e della presenza di suinetti nati con un imbrattamento da meconio, anche se minimo, delle scrofette rispetto agli altri ordini di parto, siano imputabili sì all’aumento della frequenza delle contrazioni, ma che la durata della contrazione sia la vera chiave per determinare lo stress fetale. In effetti l’intensità da sola non sembrerebbe in grado di determinare questo problema, ma se abbinata all’allungamento delle contrazioni permette di evidenziare, a livello fetale, segni di grave sofferenza che giustifica anche il maggior numero di natimorti imbrattati delle scrofe anziane.
Per concludere possiamo dire che:
- Avere una mandria ben distribuita in relazione agli ordini di parto permette di ridurre al minimo le difficoltà e gli incidenti, per cui viene caldamente consigliato di stazionare dal 39 al 43% di parti fra il 3° ed il 5° ordine.
- La sincronizzazione seguita necessariamente dall’assistenza permettono di soccorrere gli eventuali suinetti in difficoltà e sofferenti.
- Dal programma di sincronizzazione ed assistenza, devono essere escluse le scrofette poiché hanno una dinamica di contrazione uterina che di base è già più intensa e frequente delle pluripare. Pertanto una sua ulteriore stimolazione potrebbe generare meccanismi di parto piuttosto imprevedibili e comunque mal tollerati dalla scrofetta stessa.
Articolo scritto in collaborazione con il Dott. Claudio Mazzoni