Al tempo in cui la suinicoltura “tirava”, quando gli allevatori costruivano un nuovo allevamento o ampliavano quello vecchio, la parola d’ordine era: sfruttare tutti gli spazi possibili.
Non erano in vigore ancora le norme sul benessere… il suino era visto essenzialmente come un “produttore di reddito”; la ricerca scientifica si concentrava sulle malattie infettive, virus e batteri, tralasciando il management e l’ambiente in cui gli animali erano alloggiati.
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Quando si progettavano le sale parto, l’obbiettivo era di metterci il maggior numero di gabbie possibile, allo scopo di poter allevare sempre più scrofe, poco importa se la gabbia parto, stretta e corta, produceva un numero elevato di suinetti schiacciati.
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In tempi di crisi, guardando a massimizzare il numero di suinetti prodotti scrofa/anno per abbassare i costi di produzione, e consapevoli che la dimensione della gabbia parto ha un ruolo fondamentale nel ridurre la mortalità perinatale, soprattutto con gli ibridi iper-prolifici attuali, l’allevatore si ritrova però con le vecchie gabbie inadeguate, e non ha le risorse finanziarie per una corretta ristrutturazione dei locali-parto.
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Ma resta la possibilità di cercare soluzioni alternative che con poco investimento possano migliorare la situazione.
Allora, perché non allargare le gabbie parto esistenti?
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Ecco quanto ha fatto questo allevatore, dopo essersi reso conto della perdita economica che subiva ad ogni lattazione a causa della dimensione esigua delle stesse.
Naturalmente, nell’allargare le gabbie ha dovuto rinunciare ad una gabbia per fila, riducendo il numero di scrofe, ma si ritiene soddisfatto dell’intervento eseguito: l’assistenza al parto è più agevole ed è diminuita la mortalità per schiacciamento. |
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