(Giulia Catellani, laureata MV)
Un insieme di disturbi riproduttivi delle scrofe che si manifestano durante i mesi caratterizzati da un aumento di fotoperiodo e di temperatura. Questa è la definizione che viene data dell’infertilità stagionale, ma quali sono realmente tutti gli aspetti che tale sindrome va ad influenzare?
L’infertilità stagionale colpisce la sfera riproduttiva a 360°, partendo proprio dal primo momento in cui la scrofetta incomincia la sua vita riproduttiva: l’inizio della pubertà. I fattori concomitanti di questa sindrome, infatti, sono in grado di ridurre la secrezione di gonadotropine e vanno ad inibire la sensibilità ovarica alle stesse. Nella specie suina le gonadotropine LH ed FSH sono necessarie per accrescere i follicoli oltre i 4-5 mm, cioè per permetterne la prima maturazione e l’ovulazione; di conseguenza la limitazione di tale ormone ritarda l’ondata follicolare e la comparsa dell’estro, ritardando la prima venuta in calore delle scrofette.
La differenza delle dimensioni dei follicoli coinvolge tutto il ciclo estrale anche della scrofa, comprendendo modifiche degli intervalli svezzamento-estro (Weaning-oestrus-interval, WOI) e l’intervallo estro-ovulazione (Oestrus-ovulation-interval, OOI). È stato osservato infatti che durante la stagione estiva più del 17% delle scrofe non manifesta l’estro post-svezzamento dopo i canonici 5 giorni e tra il 9% e il 14% delle scrofe rimane in anestro. Inoltre, si registra tra la metà di giugno e i primi giorni di agosto un aumento del ritorno di calore regolare (tra i 18-24 giorni post inseminazione), causate dalla difficoltà di concepimento o da un riassorbimento embrionale precoce, mentre un ritorno nel ciclo irregolare (25-38 giorni post inseminazione) è registrato maggiormente verso il periodo autunnale, suggerendo un’incidenza maggiore di morte embrionale. Tali osservazioni sembrerebbero suggerire come anche il mantenimento della gravidanza, e quindi le funzioni del corpo luteo, risultino inadeguate durante questa stagione. Sebbene Il ritorno in ciclo della scrofa sia una perdita abbastanza comune anche nel resto dell’anno, avendo cause multifattoriali, al contrario gli aborti tardivi si aggirano intorno al 2%. Durante l’ipofertilità estiva anche questi valori aumentano, arrivando a più del 12%. Ciò suggerisce come la mancanza di LH influisca anche sul supporto luteale alla gravidanza, interferendo quindi con la corretta crescita degli embrioni e di conseguenza con il segnale ormonale che essi dovrebbero mandare per il riconoscimento materno. Più gli embrioni sono piccoli, o meno embrioni sopravvivono, più il segnale mandato sarà debole e questo creerà un maggior rischio di riassorbimento e, nel caso la gravidanza riesca a procedere, di perdita tardiva dovuto al supporto mancante.
L’effetto dell’infertilità estiva sui suinetti neonati è ampiamente discusso, riportando risultati differenti in base al paese oggetto di studio; ogni ricerca è concorde però sul fatto che sia lo stress da calore ad influenzare maggiormente la dimensione della nidiata. Quando la scrofa viene colpita durante il concepimento o durante il primo terzo della gestione, come detto in precedenza, a causa della disfunzione dell’asse ipotalamico-ipofisario-ovarico, diminuisce lo sviluppo follicolare, si ha difficoltà nell’ovulazione, si abbassano i tassi di gravidanza per la difficoltà dell’impianto embrionale e diminuisce la possibilità di sopravvivenza dell’embrione. Quando si considera allora stress da calore nella scrofa? Una temperatura che si aggira tra i 25°C fino a raggiungere un massimo di 39°C viene considerata pericolosa per il corretto funzionamento dell’apparato riproduttivo; tuttavia non tutte le temperature hanno lo stesso effetto su tutti i componenti del ciclo ovarico. E’ stato osservato infatti come a 28°C l’espressione estrale fosse fisiologica ma l’ovulazione invece fosse già alterata. Il range termico di comfort per una scrofa si considera 18-20°C, senza considerare però tutti gli altri fattori ambientali altrettanto importanti. I suinetti svezzati durante l’estate tendono a essere più leggeri rispetto a quelli svezzati nel resto dell’anno, a causa della ridotta produzione di latte della scrofa. Questa diminuzione è attribuibile a vari fattori, come una possibile riduzione dei livelli di prolattina, una minore assunzione di acqua o una perdita di appetito; ciascuno di questi elementi può influire sulla lattazione in modo indipendente, ma nella stagione estiva tendono a coesistere.
Figura 1, descrizione schematica dei possibili meccanismi attraverso i quali lo stress da calore e il fotoperiodismo influenzano la riproduzione nelle scrofe. Lo stress da calore può influenzare direttamente il sistema ipotalamo-ipofisario o indirettamente, riducendo l’assunzione di sostanza secca. Il fotoperiodo a giorni lunghi può avere effetti negativi sulla fertilità. Con una linea tratteggiata sono indicati alcuni interventi per contrastare l'infertilità stagionale nelle scrofe. NEBAL = bilancio energetico negativo. KNDy = complesso kisspeptina/neuromedina/dinorfina. Fonte: De Rensis et al. "Seasonal infertility in gilts and sows: Aetiology, clinical implications and treatments." 2017
Oltre a migliorare la produttività delle scrofe tramite una gestione ottimale durante la gestazione, la lattazione e lo svezzamento, il miglior approccio per contrastare gli effetti stagionali negativi è il controllo della temperatura e dell'umidità ambientali. Quando questa strategia non è attuabile o risulta inefficace, si possono adottare interventi ormonali esogeni per stimolare lo sviluppo dei follicoli ovarici e l'ovulazione. Il ciclo estrale dei suini, ad esempio, può essere manipolato prolungando la fase luteale con la somministrazione di progestinici e/o controllando la fase follicolare tramite trattamenti a base di gonadotropine corioniche e GnRH o suoi analoghi. Esistono diversi trattamenti terapeutici, costantemente studiati e perfezionati, con l’obiettivo di ottimizzare il momento dell’inseminazione rispetto all’ovulazione, rafforzare il segnale di riconoscimento materno della gravidanza e sostenere il mantenimento e la funzionalità dei corpi lutei.
Il caldo ed il fotoperiodo, quindi, possono influenzare notevolmente lo sviluppo dei follicoli e la qualità dei corpi lutei, degli ovociti e degli embrioni, con effetti negativi sul tasso di gravidanza e sul numero totale di suinetti nati. L’infertilità stagionale include pubertà ritardata, un intervallo prolungato tra svezzamento ed estro, ridotto tasso di gravidanza, minore dimensione della cucciolata e anestro. Le cause dell’infertilità stagionale sono molteplici, differenziando i paesi con latitudini subtropicali e tropicali dove il fattore principale è probabilmente lo stress da calore e l’umidità, dai paesi temperati dove il problema può essere legato anche al fotoperiodo. Nonostante tutte le diverse tecniche applicabili, durante l’estate, rimane essenziale in primis monitorare e gestire ancora più attentamente tutto ciò che riguarda il management dell’ambiente e dell’alimentazione, che sono in grado di condizionale le prestazioni riproduttive dell’azienda.
Tratto da: De Rensis, Fabio, Adam J. Ziecik, and Roy N. Kirkwood. "Seasonal infertility in gilts and sows: Aetiology, clinical implications and treatments." Theriogenology 96 (2017): 111-117.