Al termine (teorico) di una estate estremamente calda ed afosa, ci troviamo a fare i conti con i carichi di suini pronti per il macello con un peso di 10 -15 kg inferiore rispetto alla media annuale ed a pari giorni di permanenza, sapendo purtroppo che questa situazione comunque si trascinerà ancora per almeno un altro mese… A differenza delle scrofe, dove, come abbiamo visto nell'ultima chiacchierata, qualcosa di gestionale ed alimentare può essere messo in cantiere, sui suini all’ingrasso i pochi artifici disponibili sono insufficienti a controllare il problema del caldo afoso, cioè il binomio minore ingestione-minore accrescimento.
Questo breve cappello per introdurre una riflessione sugli ingrassi dopo gli scorsi articoli su materie prime, suinetti e scrofe; il mestiere dell’ingrassatore , se mai sia stato semplice nel passato, oggi è decisamente più complicato.
Nella mia esperienza in questi mesi ho assistito ad un aumento esponenziale delle patologie all’ingrasso (APP, Dissenteria Emorrragica, Rinite Atrofica, Coronavirus come ultima new entry…); a partire dalla qualità sanitaria dei fornitori di lattoni per passare appunto alle patologie , produrre un suino pesante che sia remunerativo per l’allevatore ed accettabile dal macellatore non è impresa così semplice.
La mia sensazione, confermata anche dalle statistiche, è che la produzione DOP sia in calo come numeri a vantaggio della sempre maggiore introduzione di suini smarchiati dall’estero, suini che danno maggiori garanzie sanitarie (a mio parere non sempre rispettate..) e prestazioni zootecniche di grande rilievo; per questo motivo volevo fare qualche considerazione non sulle caratteristiche dei mangimi da ingrasso e sui fabbisogni nutrizionali, ma sottoporre alla vostra attenzione alcuni banali errori che frequentemente condizionano le prestazioni di una azienda da ingrasso.
Uno degli errori più frequenti che affligge sia gli autoproduttori di mangime che chi acquista mangime finito riguarda la corretta introduzione dati delle materie prime nel sistema di distribuzione degli alimenti: non tutti gli impianti hanno la stessa logica di registrazione dei dati, per cui il consiglio, al momento della creazione degli archivi delle materie prime e delle curve alimentari, è quello di affiancare un tecnico alimentarista al responsabile “impiantista”, le cui logiche spesso sono incomprensibili per un nutrizionista (attenzione, non errate…. si tratta solo di sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda…). E’ infatti molto facile che si sbagli l'assegnazione della sostanza secca agli alimenti, soprattutto quando siano presenti nella dieta alimenti liquidi o ad elevata umidità tipo i sieri o gli insilati di granella di mais ( per complicare ulteriormente, a loro volta prediluiti in vasche di miscelazione prima della introduzione in vasca con gli altri alimenti).
Il controllo successivo riguarda la calibratura delle diluizioni in base al peso vivo dei suini, che deve essere in aumento progressivo dall’ingresso nelle strutture di accrescimento ingrasso fino alla macellazione: in media si parte con un rapporto di secco\acqua di 1:3,5 fino ad un massimo di 1:4,5; la differenza e la fattibilità la fanno sia la capacità della pompa dell’impianto a spingere la broda sia la lunghezza totale dei tubi di distribuzione, oltre alla capienza dei truogoli ed il numero di animali presenti nel box.
Credetemi, non sono banalità: più di una volta mi sono trovato a rilevare rese scadenti per eccesso di alimentazione, a causa della sottostima della sostanza secca della broda, o mancati accrescimenti per una confusione tra sostanza secca e tal quale della curva o a causa di diluizioni eccessive, che obbligavano i maiali ad ingerire moltissima acqua e poco mangime. Non si deve sottovalutare oltremodo la omogeneità delle brode: in genere i primi box o\e gli ultimi box del capannone assumono brode a diluizione diversa rispetto ai box centrali, ingerendo o più mangime degli altri animali o più acqua, mostrando al momento del carico differenze significative dai loro pari età. A questo proposito, se si vuole valutare la qualità di un mangime, consiglio caldamente di evitare di campionare ed esaminare i mangimi liquidi al truogolo, perché rarissimamente si trovano corrispondenze tra il teorico ed il reale creando ancora più confusione: per omogeneizzare le brode esistono in commercio alcuni prodotti mutuati dalla industria alimentare umana che evitano la separazione tra alimento secco ed acqua, creando una sorta di “muesli “ o “effetto corn flakes”. Al costo di meno di mezzo euro quintale otterremo una sorta di “mangia e bevi” nel truogolo, e l’addetto alla distribuzione dell’alimento se ne accorgerà immediatamente , notando come negli angoli del truogolo, alla fine del pasto, non resti più quel mucchietto di mangime residuo.
Le pesate sono un altro punto dolente: almeno un paio di volte all’anno si dovrebbe verificare se la pesa sotto il miscelatore registra correttamente le quantità immesse in vasca, ed in caso di coclee che pesino ad esempio nuclei minerali concentrati tra il 2% ed il 5% o prodotti a bassa inclusione , suggerisco di provvedere ad inserire un riduttore che impedisca la caduta di troppo o troppo poco nucleo in vasca (risultato: diete sbilanciate e maggiori costi, del tutto ingiustificati). Ogni tanto si dovrebbe prendere ad esempio una materia prima, meglio se fissa in tutte le formule (per esempio un nucleo) , e verificarne il consumo in un periodo di tempo predefinito, rapportando il consumo della stessa alla presenza media in stalla sia in numero che in peso: questa procedura ci dà l'idea della correttezza dell’alimento ricostituito, senza eccessi o carenze di materie prime e conseguente sbilanciamento della formula. La stessa procedura è consigliata almeno una volta al mese, rapportando al peso medio di stalla il consumo totale di alimento giornaliero, sempre per verificare la coerenza dei consumi totali con la presenza media.
Altra nota sulle curve alimentari; possono essere inserite con quantità giornaliere sul tal quale o sul secco ma anche in base alla energia giornaliera ingerita: quest'ultimo sistema è il più pericoloso e soggetto ad errore, in quanto la stessa formula con le stesse materie prime, in base al database ed i nutrients di formulisti diversi, può fornire dati di energia assolutamente diversi! Consideriamo anche che i sistemi più moderni, dopo una riduzione delle quantità somministrate a causa di una patologia che abbia causato minor appetito, riportano nel giro di qualche giorno l’ingestione al livello precedente alla patologia stessa, ma se il sistema non lavora automaticamente si rischia, a volte, di prolungare il digiuno oltre le effettive necessità nel caso nessuno si ricordi di ripristinare manualmente il sistema alla normalità ( mi è successo più di una volta…soprattutto se al computer si avvicendano persone diverse).
In sintesi, tutto questo per ricordare che a volte non sono i 30 grammi di lisina in più o in meno in un mangime che fanno la differenza...