Lo scarso controllo e l’errato management dell’ingestione alimentare delle scrofe in sala parto sappiamo essere alla base dell’insorgenza di diversi disturbi riproduttivi quali l’allungamento dell’intervallo svezzamento estro, l’anestro, una bassa frequenza di ovulazione, un minor tasso di fertilità ad anche un aumento della mortalità embrionale.
L’ingestione volontaria durante la lattazione è, soprattutto nelle scrofette, frequentemente inadeguata a soddisfare le domande di mantenimento, produzione di latte e crescita corporea. Peraltro, la produzione di latte ha la massima priorità e, se l’ingestione dei nutrienti è insufficiente, la scrofa mobilizzerà tessuto corporeo per garantire tale produzione diventando catabolica.
Inoltre la durata della lattazione riveste una grande importanza, dato che nella scrofa le riserve corporee vengono aggredite principalmente durante le prime 2-3 settimane di lattazione. Paradossalmente si assiste ad un progressivo recupero dalla quarta settimana in avanti.
La selezione genetica delle “linee materne” si è rivolta ad incrementare il numero di suinetti svezzati per scrofa per anno, con il risultato di avere un consistente miglioramento in termini di dimensioni delle covate svezzate. Questa selezione si è tradotta, già a partire dalle scrofette, in animali sì molto "performanti", che però richiedono alti costi energetici di mantenimento e produzione per tutta la carriera. Il tutto è aggravato dalle scarse riserve di grasso che contraddistinguono queste linee. Quindi in buona sostanza, le moderne genetiche crescono più velocemente, producono più muscolo, fanno più suinetti e producono più latte, ma presentano un equilibrio metabolico molto delicato, proprio per gli alti fabbisogni e le scarse riserve energetiche di cui dispongono.
Sebbene la selezione non abbia un’influenza diretta sull’ingestione volontaria dell’alimento, viceversa appare chiaro che la selezione, per i parametri produttivi, ne abbia. Ad esempio la selezione verso la magrezza e l’efficienza produttiva piuttosto che la percentuale di crescita del magro possono ridurre l’appetito. Questo carattere non può che trasferirsi anche sulle scrofe in lattazione.
In generale sono molti i fattori in grado di influenzare l’ingestione. Per convenienza vengono classificati in tre gruppi, anche se c’è una grossa interazione fra essi (Tavola 1):
- Scrofa: peso corporeo e sua composizione, taglia della covata, ordine di parto e genotipo.
- Ambiente: temperatura, qualità dell’aria, management, lunghezza della lattazione, densità di allevamento e incidenza di patologie.
- Dieta: digeribilità, composizione, densità energetica, equilibrio fra proteine ed amminoacidi, disponibilità d’acqua e frequenza dei pasti.
Per il momento voglio soffermarmi sugli aspetti fisiologici che regolano l’ingestione, per meglio capire come funziona questo meccanismo.
Il controllo dell’ingestione dell’alimento passa da un sistema multifattoriale, ed è estremamente complesso coinvolgendo meccanismi centrali (Sistema Nervoso Centrale) e periferici. Un gran numero di centri nel SNC e di recettori sistemici periferici, perfettamente coordinati fra loro, sono disseminati in varie parti dell’organismo per determinare in ogni momento lo stato metabolico dell’animale.
Vediamo qual è il modello generale che governa l’ingestione dell’alimento nella scrofa (Tavola 2). Si riconoscono due tipi di regolazione: una fisica, rappresentata dalla cavità orale (B), dallo stomaco (S) e dal piccolo intestino (PI), ed una metabolica che vede nel fegato (F) e nel cervello (C) i suoi attori principali.
Nel primo tipo sono coinvolti recettori ed ormoni che informano il SNC. Ad esempio quando lo stomaco è pieno invia segnali nervosi al cervello, così come segnali nervosi ed umorali sono inviati dal piccolo intestino sempre al cervello, ma anche al fegato. Questi segnali sono fondamentali ed indicano la presenza di nutrienti al loro interno. Per la regolazione metabolica, sono i nutrienti che circolano nel sangue a dare preziose informazioni a fegato e cervello, utili per la modulare l’ingestione.
Nella regolazione dell’ingestione volontaria di alimento si riconoscono inoltre due livelli. Il primo è un livello di regolazione a breve termine, che regola il comportamento alimentare (forma e lunghezza del pasto), mentre la regolazione a lungo termine, determina l’ingestione media giornaliera (che è la somma dell’ingestione durante ciascun pasto) in un certo periodo di tempo. Pertanto mentre la forma del pasto può variare molto, la quantità di cibo ingerita quotidianamente deve essere controllata per mantenere l’equilibrio energetico.
Cerchiamo ora di semplificare, per quanto possibile, le interazioni fra questi sistemi, sempre con l’aiuto della tavola 1. Durante il pasto lo stomaco progressivamente si riempie (1) e comincia a passare l’alimento (2) nel piccolo intestino (regolazione fisica), si attivano gli specifici recettori di questi organi (3) che nel giro di poco tempo informano il cervello (regolazione metabolica) del progredire del pasto (4), inoltre dal piccolo intestino (5) cominciano a partire i nutrienti (regolazione fisica) diretti al fegato (regolazione metabolica) che in associazione ai precedenti stimoli nervosi, danno il senso di sazietà (regolazione a breve termine). Una volta finito il pasto, rimane il senso di sazietà, nonostante che lo stomaco si svuoti, fintanto che al fegato (6) continuino ad arrivare dall’intestino fonti di energia utilizzabili (regolazione a lungo termine). Grazie a quest’ultimo sistema verrà regolamentata la cadenza fra un pasto e l’altro.
(tratto da Eissen ed all., 2000).
Bene! ora che abbiamo una base su questi meccanismi fisiologici, ci sarà più semplice capire ed affrontare quei delicati ma fondamentali aspetti che influenzano l’ingestione di alimento nelle scrofe in lattazione, poiché …
"... portare le scrofe ad una corretta ingestione di alimento è un’arte"
Muirhead e Alexander (1997)