(Dott. Roberto Bardini)
Nella nostra realtà italiana, evitando di prendere in considerazione le fasi di pre e post svezzamento fino ad almeno 30 kg di peso, nei suini all’ingrasso e nelle scrofe in lattazione l'alimentazione è razionata e a questo proposito si è sempre molto dibattuto su come distribuire l’alimento, in particolare riguardo al numero ed agli orari dei pasti. Vi sono implicazioni legate alla stagionalità, dove sicuramente le alte o basse temperature hanno influenza sulle decisioni , come del resto sappiamo che la maggiore o minore concentrazione del mangime secco nella broda richiede variazioni in base al tipo di alimenti utilizzati o alla lunghezza delle linee o alla distanza dei truogoli dalla vasca di preparazione; di fatto comunque, per quanto riguarda gli orari ed il numero di distribuzioni, ci sono molti pareri discordanti, e le decisioni che ne conseguono sono più frequentemente figlie della impiantistica o delle opinioni dei nutrizionisti piuttosto che della etologia del maiale.
Per esempio, considerando le tempistiche di approccio al truogolo in alimentazione ad libitum, anche variando la qualità degli amidi in base alla loro velocità di digestione, gli orari di maggiore ingestione rimangono pressochè costanti senza venire condizionati appunto dalla tipologia dell’amido ingerito (amido di veloce o lenta digestione), al punto che sembrerebbe quasi che il suino abbia un comportamento alimentare “programmato”, prevedendo un picco di ingestione tra le 15 e le 21 indipendentemente per esempio dalla velocità del transito intestinale (se si escludono mangimi molto fibrosi) del bolo alimentare. Sicuramente (al di là dell’importanza della glicemia) il comportamento alimentare è collegato anche alla produzione di cortisolo e di melatonina, per cui viene il dubbio che il picco di maggiore ingestione sia quasi programmato in base allo stato metabolico del suino, nel senso che nel momento in cui il sistema ormonale e nervoso è più propenso ad ottimizzare la funzione plastica e metabolica degli alimenti, proprio in quel momento il nostro maiale mangerebbe di più.
Nell’uomo i ritmi circadiani e quindi anche il comportamento alimentare possono essere disturbati da diversi fattori quali i turni lavorativi, la variazione del fuso orario, la mancanza di sonno: queste perturbazioni influenzano la secrezione di insulina, la deposizione di grasso, l’assorbimento dei principi nutritivi; a questo punto ci si può allora chiedere se, alterando i ritmi circadiani del suino, noi possiamo o meno essere in grado di influenzare la efficienza nutrizionale e ottenere migliori o peggiori prestazioni di accrescimento, resa o qualità della carcassa. Sono quindi state condotte delle prove in questo ambito con risultati interessanti: è risultato evidente che a seconda delle condizioni di maggiore o minore sovraffollamento cambia qualcosa nel comportamento alimentare del suino ( e credo che sia una logica conseguenza...); in presenza di un numero di soggetti per metro quadro superiore rispetto alla normalità, intesa come rispetto delle direttive sul benessere animale, si nota un aumento della ingestione nelle ore notturne tra le 24 e le 5 del mattino ed una riduzione tra le 15 e le 21. Tutto questo come impatta sugli indici produttivi? Nei test sperimentali svolti a questo riguardo sono stati prodotti dei risultati interessanti che potrebbero avere una certa ricaduta nella gestione alimentare dell’allevamento.
Il sovrafollamento come spiegavo ha modificato il comportamento alimentare (più suini mangiavano al mattino tra le 24 e le 5 rispetto al pomeriggio sera, un atteggiamento anomalo) ma attenzione non ci sono state ricadute né sulla quantità ingerita giornalmente né sull’accrescimento; una grossa differenza è stata però riscontrata a livello di composizione della carcassa: alla macellazione infatti i suini con il comportamento “anomalo” hanno prodotto meno carne magra ed è aumentata in modo statisticamente significativo la parte di grasso delle mezzene. Anche la resa è stata modificata in peggio, riducendosi significativamente (fino al 22%!) nei suini che erano stati costretti dalle condizioni ambientali ad alimentarsi in orari non consoni al comportamento alimentare tipico della specie, pur rimanendo appunto inalterato l’accrescimento ponderale giornaliero.
In sintesi questo studio cosa potrebbe insegnarci? Nella pratica quotidiana direi che innanzi tutto sia i suini all’ingrasso che le scrofe in lattazione (in gestazione in gruppo bisogna fare ragionamenti diversi) dovrebbero essere alimentati con percentuali maggiori di mangime (all’interno di una curva corretta) tra le 15 e le 21, inserendo un pasto in tarda serata e limitando in percentuale la quota somministrata al mattino. Se è vero che rispettando il comportamento alimentare proprio del suino sfruttiamo al meglio l’assorbimento dei nutrienti otterremo più efficienza alimentare e carcasse più magre; più muscolo vuole dire migliore resa e migliore efficienza alimentare (ricordiamo infatti che la proteina lega acqua e quindi fa più peso): certamente in pianura Padana abbiamo a che fare con le elevatissime temperature ed umidità estive che condizionano pesantemente l’ingestione…sappiamo bene cosa succede in porcilaia tra le 14 e le 20 di una giornata estiva! Ma in conclusione mi viene da pensare una volta di più che rispettando la etologia del maiale (nido, grufolamento, pasti etc.) non si fa solo il bene del suino ma anche dell’allevatore.