…VISTO ED ELABORATO PER VOI… (by Valeria Raffi) - dal 12° Congresso Nazionale Multisala SIVAR del 7-8 Maggio 2010 a Cremona, Palazzo Trecchi: “LA SALMONELLOSI NELL’ALLEVAMENTO SUINO: EPIDEMIOLOGIA E CONTROLLO” (Relatori: Dott. G.Baricco, Dott. V.Sala, Dott. B.Griglio, Dott. G.Merialdi, Dott.ssa A.Ricci, Dott. M.A.Beghian, Dott. J.Mousing)
 

La salmonellosi rappresenta una delle principali cause di malattia alimentare nell’uomo, e, in questo contesto, la carne suina, dopo le uova e il pollame, risulta essere la più importante fonte di zoonosi.
La necessità di ridurre la prevalenza di Salmonella è diventata un obbligo legislativo con l’emanazione del Regolamento (CE) n° 2160/2003, che impone agli Stati Membri, per alcuni agenti zoonotici (in primis Salmonella spp.), di definire specifiche misure di controllo volte a ridurne la prevalenza.
Risulta quindi di fondamentale importanza attuare anche nel settore suinicolo, così come già avvenuto in quello avicolo, un sistema di monitoraggio, gestione e controllo della Salmonella lungo tutta la filiera, a partire dagli allevamenti.
Come sottolineato dagli autori, le forme cliniche di salmonellosi nel suino sono ascrivibili prevalentemente a due sierotipi: S. choleraesuis e S. typhimurium. Mentre il primo è adattato al suino e pertanto colpisce prevalentemente tale specie determinando forme setticemiche, il secondo è un sierotipo ubiquitario, che provoca forme enterocolitiche soprattutto negli animali giovani.
Nella maggior parte dei casi tuttavia l’infezione da Salmonella nei suini evolve in maniera subclinica e i soggetti infetti si comportano come portatori sani. Tale condizione può persistere fino al momento della macellazione ed è alla base della contaminazione delle carcasse al macello.
Il contenimento del problema Salmonella deve dunque iniziare dall’allevamento, dove risulta necessario realizzare un programma di controllo, evidenziando i punti critici e le misure correttive.

Quali sono quindi gli interventi che è possibile realizzare in azienda?
Da un punto di vista farmacologico l’utilizzo degli antibiotici è da riservare esclusivamente per il trattamento della forma clinica, risultano infatti inefficaci nella prevenzione dell’infezione. Mentre per quel che riguarda la vaccinazione, ad oggi in Italia non ci sono vaccini registrati.
L’alimentazione gioca invece un ruolo importante nell’infezione salmonellare, in particolare nelle forme croniche che interessano il grosso intestino. Si può intervenire sia sulla forma di presentazione che sulla formulazione del mangime. Numerosi studi hanno evidenziato gli effetti benefici dati da mangimi a macinazione grossolana (superiore a 1 mm), che potenziano l’effetto-barriera dello stomaco e favoriscono la produzione di AGV (acidi grassi volatili), rendendo così l’ambiente meno favorevole alla persistenza di Salmonella. In associazione poi con l’utilizzo di acidi organici nel mangime, dotati di attività antibatterica, offrono un’ottima soluzione per ridurre il rischio delle forme subcliniche di salmonellosi.

Ma un punto sul quale tutti gli Autori sono d’accordo è l’importanza del management nel mantenimento dell’infezione in allevamento, essendo la salmonellosi considerata come indicatore di igiene piuttosto che espressione di uno specifico stato sanitario. Quindi il miglioramento delle pratiche aziendali e degli standard di biosicurezza interna ed esterna rappresentano uno strumento essenziale per prevenirne l’introduzione e la diffusione in allevamento. Infatti, le possibilità di controllo di questo patogeno dipendono dall’interruzione della catena del contagio al di fuori dell’animale ospite: a questo scopo, gli interventi di profilassi diretta sono dunque assolutamente prioritari e decisivi.
Iniziamo allora a seguire una serie di buone pratiche manageriali in allevamento come quelle di seguito elencate:

  •  Corretta pulizia e disinfezione dei ricoveri a fine ciclo
  •  Adeguato vuoto sanitario
  •  Netta separazione dei box, tale da impedire il contatto tra gli animali
  •  Corretta circolazione dei reflui e manutenzione dei sistemi di drenaggio
  •  Uso, da parte dei visitatori, di calzature e indumenti puliti
  •  Pulizia e disinfezione dei mezzi di trasporto
  •  Accurato piano di derattizzazione
  •  Evitare l’introduzione di soggetti provenienti da più di tre fornitori diversi
  •  Evitare il rimescolamento delle partite
  •  Densità nei box adeguate e conformi alle norme sul benessere animale
  •  Evitare l’utilizzo di antibiotici per fini non terapeutici nella fase di ingrasso
  •  Correlazione con altre infezioni: PRRS, Lawsonia intracellularis, Ascaris suum

Essendo il suino un animale particolarmente suscettibile all’infezione salmonellare di origine ambientale (è stato dimostrato come suini esposti ad un ambiente precedentemente contaminato da soggetti eliminatori di S. typhimurium, possano risultare contaminati a livello intestinale e di linfonodi mesenterici nell’arco di 2-6 ore dall’inizio dell’esposizione), è importante sottolineare ancora una volta, come spesso hanno fatto gli Autori, quanto le operazioni di decontaminazione ambientale siano fondamentali e come una loro corretta e costante applicazione costituisca il prerequisito di qualsivoglia tentativo di riduzione della prevalenza aziendale.
Se una buona gestione dell’allevamento rappresenta il punto di partenza, seguono poi una serie di passaggi altrettanto importanti, come il trasporto e la macellazione. Il macello rappresenta infatti il collo di bottiglia dove confluiscono animali provenienti da allevamenti diversi e con gradi di contaminazione diversi. In tale contesto la macellazione non è in grado di ridurre l’entità del pericolo, ma cattive pratiche nelle fasi di trasporto, stabulazione, scottatura/depilazione, iugulazione, eviscerazione e sezionamento possono aumentare in modo significativo la diffusione del batterio nelle carni.

Qual è allora la reale situazione nel nostro Paese?
In linea generale le prevalenze registrate in Italia risultano essere leggermente superiori rispetto alla media europea, come si può notare in tabella 1.

  Prevalenza
Salmonella spp.
Italia
Prevalenza
Salmonella spp.
Europa
Prevalenza
S.typhimurium
Italia
Prevalenza
S.typhimurium
Europa
Tabella 1: Prevalenza di Salmonella spp. e S. typhymurium nella carne e negli allevamenti italiani, rispetto all'Europa
Carne 16.4 % 10 % 1.6 % 4.7 %
Allevamento 50 % 30 % 7 % 10 %

 I dati di prevalenza confermano come Salmonella rappresenti un problema diffuso nella filiera suina. Al fine di poter rispettare gli obbiettivi di riduzione imposti dalla vigente normativa è necessario definire e metter in atto efficaci piani di ontrollo. In particolare in allevamento bisogna agire a livello manageriale incrementando i livelli di biosicurezza. Per arginare il problema sarà inoltre importante sviluppare efficaci piani di monitoraggio, finalizzati alla rapida identificazione degli allevamenti problema e alla valutazione dell’efficacia delle strategie di controllo adottate.

Un esempio ci è stato offerto dalla relazione del Dott. Mousing, che ha illustrato il programma di riduzione di Salmonella negli allevamenti danesi. Questo programma, iniziato nel 1995, prevedeva un piano di sorveglianza sierologica degli allevamenti, premiando le aziende con una bassa sieroprevalenza e tassando quelle con sieroprevalenza elevata (le imposte vengono raccolte dall’organizzazione degli allevatori!). Il programma di sorveglianza si estendeva anche ai macelli tramite dei tamponi sulle carcasse, con la realizzazione di misure igieniche correttive in caso di superamento dei limiti, e la macellazione in strutture separate, con conseguente decontaminazione delle carcasse, per quegli animali provenienti da allevamenti con elevata sieroprevalenza. L’Autore ha confermato risultati incoraggianti duranti i primi anni, che però si sono arenati successivamente, registrando anzi un leggero aumento della prevalenza negli allevamenti. Questi dati hanno stimolato la messa in atto di misure ancora più restrittive che verosimilmente avranno un effetto positivo, anche se sarà necessario continuare a sviluppare nuovi programmi in funzione delle necessità.
L’esperienza danese rappresenta un buon esempio di come attuare un piano di controllo e sorveglianza per Salmonella che l’Italia potrebbe applicare adattandolo alle proprie esigenze.