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Suinicoltura + Suinicultura

 

L’allevamento suino da riproduzione non si sottrae alla legge di mercato: in un contesto ormai continentale/mondiale di bassi prezzi di vendita della carne suina, si prospetta un futuro solo per gli allevatori/imprenditori che riusciranno a tenere basso il proprio costo di produzione.

Dall’analisi di un nutrito data-base di bilanci aziendali elaborata recentemente (SIP Consultors, 2005) emerge che, raggruppando gli allevamenti in tre categorie per il costo di produzione (alto – medio – basso), gli allevamenti che si collocano al livello inferiore (migliori) appartengono a due profili aziendali: a “produzione media” (23-25 suinetti svezzati/scrofa/anno) se riescono a collocarsi nella fascia “ a bassa spesa” (mangime autoprodotto, ridotti oneri finanziari, manodopera familiare, ecc..); a “produzione alta” (oltre i 25 suinetti svezzati/scrofa/anno) se si collocano nella fascia “a spesa media”.
Non sono competitivi tutti gli altri profili di allevamento, sia quelli che producono tanto ma hanno le spese fuori controllo, sia quelli che, pur essendo gestiti molto “al risparmio”,  producono un numero insufficiente di suinetti/scrofa.

(Fig. 1: Profili aziendali con il minor costo di produzione).
Per questo motivo, parlare di miglioramento della produttività non è solo un tema “da conferenza” o di confronto più o meno competitivo tra allevatori, ma riveste un ruolo decisivo per la sopravvivenza economica delle varie scrofaie (in questa sede, infatti, non verranno affrontati i pur importanti aspetti legati alle fasi di post-svezzamento/ingrasso).

Come si misura l’efficienza produttiva di una scrofaia (sito 1)?
Il parametro classico, utilizzato a livello internazionale come indice di riferimento, è il n° di suinetti svezzati/scrofa/anno, noto anche come “produttività numerica”. Il suo valore deriva dal prodotto di altri due fattori basilari della produttività, uno relativo al reparto gestazione (n° parti/scrofa/anno), l’altro relativo al reparto lattazione (n° suinetti svezzati/parto) (Fig. 2).
Fig. 2. Calcolo semplificato della produttività numerica di una scrofaia
Vedremo in seguito, analizzando la produttività sia del reparto gestazione che lattazione, come si vengano a formare questi valori riassuntivi. Per il momento, ritornando al legame produttività-economia che resta il filo conduttore della nostra relazione, vediamo di simulare il vantaggio economico di una produttività numerica crescente, prendendo come base di calcolo quella di un costo di 800 euro/scrofa/anno (cioè 2,2 euro/scrofa/giorno) e suddividendolo per il n° di suinetti svezzati/scrofa/anno (Fig. 3).
Fig. 3. Simulazione del costo di produzione di un suinetto svezzato a produttività numerica crescente e  costo/scrofa costante

Le differenze sono importanti e ogni allevatore potrà confrontarsi, inserendo il proprio valore di costo/scrofa/anno che deriva dal bilancio.
Ciò che a noi interessa capire, a questo punto, è come si forma il dato della produttività numerica. Meglio: andando ad analizzare la realtà del ciclo riproduttivo negli allevamenti e non volendo correre il rischio di perderci in troppi numeri, come possiamo fissare l’attenzione sull’essenziale? Esiste un modello in grado di descrivere la realtà che ci permetta di individuare rapidamente i punti deboli, permettendoci così indicare una scala di priorità? Dal nostro punto di vista, proponiamo un modello sintetico quanti-qualitativo, che definiremo “modello di produzione a flusso”.
Fig.4: Modello di produzione "a flusso"
L’idea-guida di questo schema è la seguente: per aumentare la produttività non è sufficiente migliorarsi negli aspetti che chiameremo “di efficienza” (qualità), ma occorre non perdere mai di vista gli aspetti “di portata” (quantità), che, se trascurati, possono vanificare tanto impegno e tanto lavoro. Un esempio calzante è quello di paragonare la produzione di suinetti svezzati al flusso di un liquido in uscita da due tubi a diversa sezione, alimentati all’origine entrambi a piena capacità (Fig. 5).
Fig. 5. Flusso produttivo secondo portata
ed efficienza
Nel tubo a sinistra, il flusso in uscita è maggiore, nonostante esista un maggior spreco durante il percorso (inefficienza del 20% rispetto al 10% del tubo a destra), grazie alla maggior portata iniziale. Questo ci deve far riflettere su quanto accade in un allevamento. Seguendo questa impostazione teorica, è arrivato il momento di tradurre i concetti di “portata” ed “efficienza” nella realtà di una scrofaia. Proprio l’analisi separata dei due fattori che concorrono alla produttività numerica saranno l’oggetto delle prossime puntate.