(Dott. Claudio Mazzoni)
Durante un mio viaggio “esplorativo” in Danimarca di qualche anno fa, mi sono incuriosito molto ad una pratica che per quel popolo di abili allevatori di suini sembrava piuttosto normale, che consisteva nel monitoraggio periodico dell’emoglobina dei suinetti prossimi allo svezzamento.
Ad una prima domanda sul perché ritenessero necessario implementare dei controlli in quella direzione dal momento che in tutti i paesi del mondo l’argomento dell’anemia è stato affrontato ed ampiamente superato dalla ben nota iniezione di ferro entro i 5 giorni dalla nascita, la risposta semplice e piuttosto lapidaria ricevuta mi gettò subito nell’imbarazzo: “beh! Tutto quello che può essere misurato, può essere monitorato e migliorato”.
Già! Misurare…
Perché non ci ho mai pensato prima anche io? Da qui il mio inevitabile imbarazzo. Inoltre, la frase in sé per sé non mi era affatto nuova e, a mano a mano che il tempo passava, continuava a ridondarmi nella mente. L’avevo sentita alla SIPAS di non ricordo più quale anno e in quale discorso, ma ricordo che era stata detta durante l’esposizione di uno dei soci e che mi aveva decisamente colpito.
Il tecnico danese che stavo intervistando in azienda aveva poi rincarato la dose mettendo in evidenza che il monitoraggio dell’emoglobina era una pratica tecnica piuttosto semplice oltre che professionalizzante, quasi a sottolineare, se ce ne fosse stato bisogno, l’enorme distanza che separa i nostri mondi zootecnici. A questo punto, mi sono fatto coraggio e mi sono ripromesso di indagare anche in Italia la situazione dell’emoglobina delle nostre aziende, sebbene pervaso da tutte le perplessità del caso vista la consapevolezza di sapere molto diffusa la pratica della somministrazione del ferro nei suinetti di praticamente tutte le sale parto.
Dispositivo HemoCue (dal sito del produttore)
Nei giorni a seguire e poi ancora durante il viaggio di ritorno, grazie anche all’ispirazione onirica, ho incominciato a pensare sul significato della misurazione dell’emoglobina e su quali potessero davvero essere i risvolti pratici di quest’analisi. In effetti da qualche decennio, allorquando è stata inserita l’iniezione di ferro, diverse cose sono cambiate. Quella più importante di tutte direi che potrebbe essere considerata proprio la genetica. In effetti oggi abbiamo un animale molto più performante in termini di produzione rispetto al passato: come conseguenza è logico pensare che anche il soddisfacimento dei suoi fabbisogni sarà mutato acuendosi rispetto al passato. Nelle genetiche più recenti, ad esempio, le scrofe producono più suinetti che inoltre crescono più rapidamente rispetto al passato, ed ecco che forse tutto quello che stiamo facendo attorno ai nostri animali deve essere aggiornato, o quantomeno monitorato, per evitare di rimanere legati a concezioni del passato obsolete, somministrazione di ferro inclusa.
Tutti questi ragionamenti continuavano a farmi crescere uno stato di disagio, che cominciò a diventare proprio ansia dal momento che il pensiero si spostava verso le conseguenze derivanti da uno stato di anemia, clinica o sub-clinica che sia, nei suinetti svezzati. In particolare, il mio pensiero si rivolse alle infezioni a cui vanno incontro i suinetti nella fase dello svezzamento ed il collegamento fra anemia ed infezioni respiratorie divenne praticamente inevitabile. Come reagirà mai un soggetto anemico, con una scarsa ossigenazione del sangue, che venisse colpito da una infezione virale in grado di creare un’ulteriore deficienza dell’ossigenazione del sangue come nel caso di una polmonite interstiziale? Sarete d’accordo con me nel dire che non sia necessario nessun titolo di studio per cogliere il fatto che i due eventi negativi possano sommarsi e sortire un risultato finale ancora più negativo.
Tutto questo può essere affrontato già partendo dalla sala parto attraverso una integrazione del ferro, sia per via iniettabile nelle forme cliniche più evidenti che, in alternativa e certamente nei casi meno gravi (subclinici), con presidi orali a base di paste o farine contenenti un’integrazione di ferro sufficiente al ripristino della quota di ferro carente.
Ed è proprio questo approccio che abbiamo implementato di ritorno dalla Danimarca quando incominciando a monitorare con uno strumento da umana (HemoCue) dedicato alla misurazione dell’emoglobina, ci siamo resi effettivamente conto che la situazione dell’anemia dei nostri allevamenti, anche fra quelli più attenti alla somministrazione del ferro, vedeva oltre il 25% dei suinetti con anemia almeno sub-clinica (circa l’8% con anemia clinica). Come sempre il passo decisivo è stato quello di inserire una misurazione per verificare lo stato di partenza, insomma, il sapere dove si è per sapere dove poter andare. Già! Questa frase che ritorna...
... Ma sì! Ecco chi l’ha detta, si trattava di Lord W.T. Kelvin che più precisamente nella metà dell’800 sosteneva: “Ciò che non è definito, non può essere misurato. Ciò che non viene misurato non può essere migliorato. Ciò che non è migliorato, è sempre degradato”, direi un concetto piuttosto condivisibile e sul quale vale la pena di meditare...sempre!