Quando un medico veterinario è chiamato in un allevamento di suini per la prima volta può trovarsi, suo malgrado, in situazioni piuttosto “rischiose”, per le conseguenze che potrebbero derivare da un comportamento non sufficientemente attento. Farò alcuni esempi di tali “casistiche rischiose”.
Caso A: allevamenti che non dispongono della prevista registrazione presso l’ASL.
Quando il veterinario all’atto della sua visita si accorge che l’allevamento non è registrato presso l’ASL, deve chiedere immediatamente all’allevatore di provvedere a tale incombenza, comunque prima di prescrivere qualsiasi tipo di trattamento terapeutico.
Caso B: allevamenti che non dispongono del codice d’allevamento/notifica OSA Modello A1.
Quando il veterinario all’atto della sua visita si accorge che l’allevamento è registrato presso l’ASL come allevamento da autoconsumo, ma, pur detenendo più di un suino, non dispone del codice d’allevamento, o della notifica ai fini della registrazione ai sensi dell’art. 6 Reg. (CE) 852/2004 come Operatore del Settore Alimentare (OSA), deve chiedere immediatamente all’allevatore di provvedere a tali incombenze, comunque prima di prescrivere qualsiasi tipo di trattamento terapeutico.
Caso C: allevamenti che non dispongono del “Registro dei trattamenti terapeutici”.
Quando il veterinario all’atto della sua visita si accorge che l’allevamento è registrato presso l’ASL, dispone del codice d’allevamento, della notifica ai fini della registrazione ai sensi dell’art. 6 Reg. (CE) 852/2004 come Operatore del Settore Alimentare (OSA), ma non ha il “Registro dei trattamenti terapeutici”, deve chiedere immediatamente all’allevatore di provvedere a procurarselo, farselo vidimare dalla ASL, prima di prescrivere qualsiasi tipo di trattamento terapeutico.
Dalla disamina dei tre casi risulta chiaro che il veterinario deve, prima di tutto, accertarsi che l’allevamento sia in regola e disponga di tutte registrazioni, notifiche e registri del caso, per evitare, in caso proceda a prescrivere trattamenti in allevamenti “irregolari”, conseguenze spiacevoli.
Corre d’obbligo, infatti, una precisazione: è stata comminata una sanzione amministrativa a un collega che, in un allevamento di bovini, a fronte di una patologia che colpiva i vitelli non ancora identificati (età inferiore a 20 gg.), ha proceduto comunque a prescrivere un trattamento, invocando il fatto che per il benessere animale, era necessaria la cura, anche in assenza di una identificazione dei capi trattati, che nel bovino corrisponde alla marca auricolare individuale. Ma il giudice ha confermato la sanzione amministrativa, in quanto, come si legge nell’estratto della sentenza del tribunale ordinario coinvolto, il veterinario doveva far identificare l’animale di età inferiore a 20 gg. prima di curarlo, al fine di garantire il rispetto della normativa sulla tracciabilità del farmaco. Per il giudice risulta quindi predominante garantire la sicurezza alimentare rispetto al benessere animale.
Perciò è necessaria molta cautela di fronte a casi, seppur rari, in cui potremmo trovarci nell’allevamento di suini. In tali casi sarebbe meglio chiedere all’allevatore di regolarizzare al più presto tali formalità, contattando, magari personalmente, il Servizio Veterinario della locale ASL, per sensibilizzarlo al problema in modo da accelerare la procedura, prima di fare qualsiasi prescrizione medico veterinaria.
Ubi maior minor cessat.