Ossitocina e carbetocina: le conosciamo davvero?

(Dott.ssa Irene Cucco)

Eccoci qui, in azienda, nel corridoio della sala parto. Le scrofe sono già in postazione, la loro gravidanza sta giungendo al termine e nell’aria si percepisce un certo nervosismo, mascherato da una tranquillità solo apparente. In effetti, il parto è da sempre considerato un momento critico per qualsiasi allevatore che si occupa di riproduttori. La nascita di suinetti sani e forti è il risultato dell’investimento di tempo e denaro dedicato alla cura dell’accrescimento, dell’inseminazione e della gestazione della scrofa. Tutto questo genera sempre una certa apprensione, che si traduce nel voler essere presenti al momento del parto, per intervenire qualora qualcosa andasse storto. Dunque, cerchiamo di farci trovare pronti! Abbiamo già preparato la cassettina per l’assistenza contenente i guanti da esplorazione, il gel lubrificante, aghi, siringhe, penna, gessetti e poi, ovviamente, qualche farmaco. I principi attivi che possono tornarci utili sono tanti ma, tra questi, due su tutti sono tra i più utilizzati, l’ossitocina e la carbetocina. Entrambe le sostanze ci vengono in aiuto perché, se usate all’interno di protocolli di induzione e sincronizzazione, ci permettono di concentrare i parti in un range ristretto di giorni e, soprattutto, durante le ore lavorative, in modo da poter organizzare e sorvegliare con maggiore serenità la sala parto. Inoltre, anche nelle aziende in cui non viene praticata l’induzione, l’azione uterotonica di ossitocina e carbetocina può essere utile per ridurre la durata del parto che, se si protrae per un tempo superiore ai 300 min, può diventare un fattore di rischio per la ritenzione placentare, il ritardo dell’involuzione uterina e la conseguente riduzione della fertilità dopo lo svezzamento. Tuttavia, sappiamo davvero come e quando impiegare al meglio questi principi attivi? Sicuramente, la principale differenza tra i due è che la carbetocina, sebbene sia un derivato ossitocina – simile, è stata formulata per stimolare delle contrazioni uterine di maggiore durata, ma con minore intensità. Infatti, l’emivita dell’ossitocina è molto breve, di 1 – 5 min, mentre quella della carbetocina è di 41 min.

Molti studi hanno cercato di far luce sui pro e i contro di queste sostanze, ma una ricerca del 2021 merita una particolare attenzione (Muro et al., 2021). Si tratta di una metanalisi, ovvero un tipo di studio in cui, a partire dai dati provenienti da differenti ricerche su uno stesso argomento, si arriva a comparare i risultati tra loro e, quando possibile, anche ad individuare una conclusione. Il vantaggio è che le metanalisi permettono di correggere la grande variabilità delle diverse condizioni sperimentali e di aumentare la numerosità del campione, mettendo in evidenza alcuni effetti che altrimenti non potrebbero essere osservati nelle ricerche convenzionali.

In questa metanalisi in particolare, i ricercatori hanno selezionato 20 articoli aventi come oggetto di studio alcuni parametri come la durata del parto, l’intervallo di nascita tra un suinetto e l’altro, la natimortalità e l’assistenza al parto in gruppi di scrofe trattate con ossitocina e/o carbetocina. Tutti gli studi sono stati valutati qualitativamente secondo un punteggio, sulla base di alcuni criteri prestabiliti (es. la presenza di una descrizione accurata della gestione dell’alimentazione, dei criteri con cui è stata eseguita l’assistenza al parto ecc…). Questo è un punto molto importante, perché alcune variabili ambientali e manageriali possono chiaramente condizionare l’andamento dei parti e, conseguentemente, anche i dati raccolti.

Tutti i 20 studi selezionati hanno confrontato il gruppo delle scrofe trattate con il gruppo dei controlli e di questi, 16 hanno valutato gli effetti dell’utilizzo dell’ossitocina, 2 si sono concentrati invece sulla carbetocina, mentre i restanti 4 hanno preso in considerazione entrambi i principi attivi. Analizzando i dati grezzi, 12 studi hanno provato che l’utilizzo dell’ossitocina permette di ridurre la durata del parto, ma in 11 l’ossitocina ha causato un aumento significativo della natimortalità nelle nidiate delle scrofe sottoposte a trattamento. Per quanto riguarda la vitalità dei suinetti, in 11 studi i suinetti nati da scrofe trattate con ossitocina hanno mostrato una ridotta vitalità che, a seconda dei casi, è stata valutata come rottura del cordone ombelicale, presenza di macchie da meconio o aspetto cianotico e/o pallido dei suinetti alla nascita.  

Per la carbetocina, 5 dei 6 studi hanno dimostrato una riduzione della durata del parto dopo il trattamento, mentre il sesto studio non ha preso in considerazione questo parametro. Tre ricerche hanno anche notato un aumento della sofferenza fetale, valutata come incremento delle macchie da meconio e aumento delle rotture del cordone ombelicale. In ultimo, tre studi hanno mostrato un’interessante riduzione dell’assunzione di colostro nei suinetti figli delle scrofe trattate, misurato o come differenza di peso dei suinetti (0 – 24h) o mediante valutazione delle proteine plasmatiche.

Analizzando tutti i dati mediante metodi statistici, quello che è emerso da questo studio è che entrambi i principi attivi siano in grado di ridurre la durata del parto, del 18% per l’ossitocina e del 27% per la carbetocina. La loro azione stimolante sui recettori per l’ossitocina a livello di miometrio determina contrazioni più intense, durature e frequenti che riducono l’intervallo di nascita tra un suinetto e l’altro. Molto interessante è anche l’effetto dose dipendente mostrato dall’ossitocina; maggiore è la dose somministrata e maggiore sarà la riduzione della durata del parto. Lo svantaggio è che entrambi i principi attivi aumentano la necessità di assistenza al parto, addirittura del 137% per l’ossitocina e del 40% per la carbetocina. Inoltre, la somministrazione di ossitocina può causare un aumento del 30 % della natimortalità rispetto alle scrofe non trattate, mentre la carbetocina non sembra avere questo effetto collaterale.

L’aspetto più interessante che è emerso da questo studio riguarda proprio il dosaggio e il tempo di somministrazione dei due principi attivi. Sebbene l’ossitocina sintetica venga ormai utilizzata da molti anni, sono ancora poche le informazioni disponibili riguardo alla posologia ottimale. Dosaggi elevati (30 – 50 UI) di ossitocina dovrebbero essere evitati, perché potrebbero causare un incremento degli effetti collaterali. Tuttavia, anche l’impiego di dosaggi più bassi (10 UI) ha portato a risultati contraddittori. In uno studio del 2014, le nidiate di scrofe trattate con 10 UI di ossitocina 24h dopo l’induzione con la prostaglandina hanno mostrato percentuali più elevate di nati morti. In un altro lavoro del 2019, invece, lo stesso dosaggio di principio attivo, somministrato dopo la nascita del primo suinetto, non ha causato variazioni della natimortalità rispetto al gruppo controllo. La variabilità di questi risultati potrebbe essere determinata anche dalla precisione con cui viene individuato il giorno ideale per l’induzione e quindi l’effettiva prossimità della scrofa al parto. Per la carbetocina i dosaggi utilizzati sono ancora più variabili (dai 35 fino a 210 mcg/scrofa) e arrivare ad una conclusione è molto difficile. Inoltre, data la loro potenza, sarebbe sempre meglio cercare di dosare ossitocina e carbetocina sulla base del peso dell’animale, senza ricorrere a somministrazioni a tappeto, dove il rischio sovradosare è piuttosto elevato.

Anche il tempo di somministrazione dei principi attivi ha una certa rilevanza, soprattutto se consideriamo che all’inizio del parto, l’espressione dei recettori per l’ossitocina a livello miometriale è più elevata. Per questo, il trattamento con ossitocina o carbetocina in questa fase potrebbe causare contrazioni uterine più intense e, conseguentemente, una riduzione dell’afflusso di sangue all’utero e alla placenta, determinando un aumento dell’incidenza di ipossia fetale. Somministrazioni più tardive di ossitocina, dopo la nascita del 5° - 8° suinetto, permettono di ridurre la durata del parto con minori effetti collaterali. Va inoltre ricordato che ossitocina e carbetocina sono in grado di stimolare anche le cellule mioepiteliali della ghiandola mammaria, ma anche qui, sarebbero necessari altri studi per comprendere quali siano i dosaggi e i tempi di somministrazione che rispettino maggiormente la fisiologia della lattazione. Il fatto che alcune ricerche abbiano evidenziato una riduzione dell’assunzione di colostro nei suinetti figli di scrofe trattate con carbetocina potrebbe essere legato a posologie scorrette che sovrastimolano la ghiandola mammaria, alterandone la funzionalità. Poco si sa però sull’effetto che queste sostanze possono avere nel medio termine e quindi sulla rimanente fase della lattazione.  

Insomma, per utilizzare questi principi attivi ci vuole la giusta dose di accortezza, ma quello che certamente dobbiamo sottolineare è che farmaci come questi sono in grado di alterare il normale insorgere e la normale dinamica del parto. Parliamo di una forzatura che ha come obiettivo quello di permetterci una puntuale assistenza del parto in grado, in buona parte, di correggere i difetti dei protocolli di induzione massimizzandone i vantaggi. Inoltre, conoscere i possibili effetti collaterali è un vantaggio, perché ci permettere di scegliere l’opzione più adatta al contesto aziendale in cui ci troviamo, tenendo conto delle caratteristiche degli animali che abbiamo davanti e alle difficoltà che si presentano.

Bibliografia

Muro, B. B. D., Carnevale, R. F., Andretta, I., Leal, D. F., Monteiro, M. S., Poor, A. P., Almond, G. W., & Garbossa, C. A. P. (2021). Effects of uterotonics on farrowing traits and piglet vitality: A systematic review and meta-analysis. Theriogenology, 161, 151–160.