Vale sempre la pena scambiare opinioni con colleghi che provengono da altre realtà, (si impara sempre qualcosa di nuovo), soprattutto quando i colleghi con cui si discute provengono da paesi ad altissima specializzazione suinicola (parlo della Danimarca).
Ho avuto la fortuna di fare un tour in alcune aziende di riproduttori a fianco di 6 colleghi che fanno parte del gruppo Danvet, 20 veterinari che gestiscono 400.000 scrofe, cioè un terzo dei riproduttori dell’intero patrimonio suinicolo danese. In realtà ho avuto l’impressione che stiano un po’ cambiando l’approccio all’allevamento dal punto di vista economico rispetto a quanto facevano in passato; fino a un paio di anni fa l’unico target era la riduzione dei costi…mi ricordo in quali condizioni arrivavano i lattoni, molto magri e financo “pelosi”, spesso il loro peso era inferiore di 5\6 kg a quello atteso rispetto alla età dichiarata: Il tutto perché la produzione doveva essere economica e basta (primo, non spendere!) e lo stesso metro credo fosse applicato anche ai mangimi per riproduttori. Di fatto forse nei nostri allevamenti è più facile trovare le scrofe iin gestazione più vicine al Body Condition Score di 4 o 5 (sbagliatissimo) piuttosto che 2, proprio perché nella mente dell’allevatore “grasso è bello”, ma in realtà non è proprio così…la scrofa “giusta” va ottenuta limitando le curve di ingestione od aumentandole in base alla media della mandria.
Ma veniamo a qualche cosa di (quasi) nuovo che è stato sottolineato durante il tour: in primis, al di là della tendenza a smagrare le scrofe, che deve essere la preoccupazione principale dell’allevatore in fatto di nutrizione, è stato interessante capire come anche il peso maggiore sia causa di pressione meccanica sulle arterie mammarie mentre la scrofa allatta in decubito, in particolare su quelle che irrorano la porzione caudale dell’apparato mammario: gli ultimi capezzoli della mammella infatti soffrono di un flusso ematico inferiore e quindi di una ridotta produzione di latte per la figliata: infatti a questo proposito viene consigliato di somministrare almeno 4 pasti al giorno per stimolare l’animale ad alzarsi più spesso e limitare la compressione (attenzione qui alla dimensione delle gabbia parto, che spesso sono sottodimensionate e causano un maggior numero di schiacciati se la scrofa continua ad alzarsi e coricarsi...).
Prendiamo in considerazione anche il numero di somministrazioni, soprattutto all’inizio della lattazione: dato per scontato che entro i primi 10 giorni post parto l’animale deve arrivare ad ingerire la massima quantità possibile di alimento soprattutto per ovulare al meglio allo svezzamento successivo (sì, il flushing post svezzamento è importantissimo, ma se effettuato concomitantemente ad una restrizione nella prima settimana post parto, soprattutto sulle primipare, vale forse meno della metà!!), appunto dicevo che su quattro pasti, alle 8, alle 11, alle 15 ed alle 20, almeno uno andrebbe dato a mano (il secondo della giornata, alle 11 di mattina, consente all’operatore attento di valutare lo stato dell’animale) e preferibilmente, anzi forzatamente a BAGNATO (anche in caso di alimentazione liquida automatica, una passata a mano a secco e poi bagnata con acqua fa la differenza, provare per credere). Di più: questa aggiunta andrebbe fatta con un mangime tipo svezzamento prestarter da 10 a 15 kg, NON MEDICATO (guai ad addizionare zinco ossido!!), 400 grammi capo on top sulla razione della curva (per chi ha un sito due lontano dal sito uno può essere un problema, meno per chi invece ha sito uno e due insieme). Questa pratica, che va effettuata da 3 giorni preparto a 8 giorni post parto, permette di ottimizzare il soddisfacimento del fabbisogno di produzione di latte con effetti benefici appunto anche sulla ovulazione successiva.
I colleghi poi mi hanno mostrato un prodotto alimentare venduto in Danimarca e dedicato soprattutto alle scrofe grasse, a base di carnitina, sorbitolo e magnesio solfato da tre giorni pre parto a tre giorni post parto: permette di limitare oltremodo il diabete transitorio della scrofa con perdita urinaria di glucosio, rendendolo disponibile per la galattogenesi assieme ad un rapido svuotamento dell’intestino. Invece alle scrofe grasse dal decimo giorno di lattazione in poi sarebbe consigliabile una extra aggiunta di 400 grammi di farina di estrazione di soia per aumentare la produzione di latte e contemporaneamente “smagrare” la scrofa (ricordate le diete iperproteiche per perdere peso in uso in umana, diverse solo per il fatto che nel caso della scrofa una certa quota di carboidrati è presente). Tutte queste pratiche come dicevo sono derivate da un approccio nuovo che favorisce una maggiore spesa legata però ad un ritorno economico: i colleghi mi hanno citato la teoria dell’economista italiano del secolo scorso Wilfredo Pareto, che ipotizza un bilanciamento tra spesa e ritorno economico, nel senso che esiste un punto di equilibrio tra l’aumento dell’investimento ed il ritorno sull’investimento stesso, un limite che va cercato verso l’alto appunto, fino ad un punto di equilibrio.
Skol!