Sappiamo tutti che il Ministero della Salute ha deciso che nessun presidio sanitario a base di Zinco ossido sarà più registrato in Italia, e che entro 5 anni le premiscele contenenti questo principio attivo dovranno essere bandite; inoltre, in questo periodo di tempo, le autorità e gli organi di controllo saranno tenuti ad avviare un monitoraggio in allevamento per verificare la presenza di questo elemento nei mangimi (correlandola alla contemporanea esistenza in azienda di prescrizioni veterinarie), mentre in alcune zone sono già in atto campionamenti di terreno per verificarne la quantità nel suolo adibito a spandimento liquami. Capiamo quindi quanto velocemente sarà necessario trovare soluzioni alternative (come vedremo non solo alimentari) per ovviare alle diarree post svezzamento, fase in cui raramente oggi si trovano mangimi completi privi sia di questo presidio antidiarroico sia di antibiotici attivi contro i Gram negativi. Non voglio ritornare su concetti già espressi in questa rubrica ma volevo segnalare qualche spunto di riflessione riguardo ad alcuni aspetti meno approfonditi negli articoli precedenti per dare un quadro un pò più completo, in particolare riguardo al comportamento alimentare del suinetto, alla cinetica digestiva ed alla fibra.
Un principio che vale sempre, indipendentemente dalla età dei suini presi in considerazione, è che una digestione rapida dei principi nutritivi velocizza il passaggio attraverso l’intestino, non permette la permanenza di frazioni del bolo alimentare nell’intestino stesso e quindi evita una fermentazione delle varie frazioni alimentari nel grosso intestino, fermentazione che spesso è causa di crescita batterica indiscriminata e quindi di diarrea. La base di tutto resta comunque la quantità di mangime ingerita post svezzamento (l’ho ribadito fino alla nausea...), che deve essere la più elevata possibile, ma è proprio a questo punto che iniziano a presentarsi delle variabili indipendenti dalla composizione del mangime e che riguardano ad esempio la gestione dei pasti e la genetica.
Numeri pasti
E' stato verificato in corso di una prova sperimentale l’impatto di tre modi diversi di somministrare l’alimento, cioè la medesima quantità a volontà ed a disposizione sempre, la stessa quantità in un picco unico di ingestione con lo stesso mangime disponibile per solo un’ora e mezza ed infine in piccole porzioni più volte. Sono state misurate le quantità di colonie di E. Coli, Lattobacilli e lieviti a livello intestinale, ed è risultato evidente come, a parità di quantità ingerita, la migliore qualità del microbioma intestinale sia ottenuta con molti pasti in piccole quantità, diluiti nella giornata, con una riduzione importante di sovraccarico dello stomaco e del passaggio di materiale indigerito nei distretti del grosso intestino. In aggiunta, è stato verificato come sarebbe importante determinare i posti mangiatoia a seconda del comportamento alimentare del gruppo svezzato; in pratica i posti mangiatoia dovrebbero essere uno ogni due suinetti per poi passare ad uno ogni 8/10 capi una volta stabilizzata la ingestione in modo uniforme per tutto il lotto. Altro argomento riguarda la famosa “pappetta” tipo muesli, somministrata a partire da 6/7 giorni pre svezzamento fino a qualche giorno dopo (si parla di quasi 200 grammi di mangime ingerito in più al giorno per figliata rispetto al mangime somministrato a secco). Tutte pratiche che coinvolgono alcuni ragionamenti sul personale, sui costi e sulla igiene dei posti mangiatoia ma che facilmente, con le nuove tecnologie, possono essere by passati (un po’ meno i costi…): vi invito a visitare il sito della WEDA ed il sistema di somministrazione di mangime sottoscrofa.
Genetica
sempre in corso di una prova sono stati testati 5 diversi tipi genetici nel comportamento post svezzamento fino a 48 giorni di vita, partendo dallo stesso peso medio di partenza (6,4 Kg): nella prima settimana si passava dalla meno vorace, 131 grammi di mangime, a 184 grammi per la razza più “affamata”. A seconda quindi delle genetiche sono stati categorizzati suinetti con tre comportamenti diversi: partenza a basso quantitativo ingerito e fine svezzamento con elevata ingestione, partenza ad elevata ingestione e termine a bassa ingestione, ingestione graduale e costante: i tre gruppi hanno avuto diversi risultati zootecnici e diversi comportamenti sanitari, a riprova che non sempre la voracità è auspicabile, soprattutto se non si adattano i mangimi alla genetica.
Ancora due parole aggiuntive sulla fibra e gli amidi
devo dire che ultimamente anche i nord-europei hanno riscoperto la crusca, alimento molto vituperato e poco utilizzato dai miei colleghi olandesi, almeno in passato… Le fibre nel suinetto devono essere valutate in modo diverso da quello che si fa per i poligastrici, concentrando l’attenzione su alcune caratteristiche specifiche quali solubilità, fermentescibilità, viscosità, granulometria ma soprattutto sulla palatabilità. Ad esempio le fibre solubili come le pectine (derivate da polpe di barbabietola o cicoria) fermentano nell’intestino, abbassano il pH del chimo, riducono la velocità di svuotamento gastrico, rallentano la velocità di passaggio nell’intestino, aumentano il peso della mucosa intestinale, legano i sali biliari ed agiscono regolarizzando gradualmente l’assorbimento del glucosio (il senso di sazietà arriva più tardi). La fibra insolubile (crusca) non fermenta o fermenta poco, velocizza il passaggio attraverso l’intestino, non influenza l’assorbimento del glucosio ed aumenta il volume ed il peso delle feci, mentre l’inulina si posiziona in una fase intermedia tra le due tipologie di fibre. I suinetti, in caso di formulazione corretta per la fibra con aggiunta di crusca, poco gradita, ci mettono due settimane per aggiustare l’ingestione e compensare il periodo precedente di mancata ingestione ottimale. Fin troppo scontato affermare come la scelta delle materie prime debba essere fatta dal nutrizionista in base alle problematiche, ma mi sento di affermare che la soluzione migliore sia un equilibrio tra le diverse tipologie di alimenti fibrosi. Per concludere due parole sul tipo di cereale preferibile, prendendo in considerazione la fermentescibilità degli amidi: tra riso, frumento e mais, in post svezzamento abbiamo detto che dobbiamo scegliere il più digeribile per evitare che una parte di amido sfugga e si posizioni nel grosso intestino fermentando e favorendo la pullulazione di Coli, ed in questo caso noi italiani innamorati del mais dovremmo fare un passo indietro, visto che il riso è il più digeribile…inoltre si devono bilanciare le quote di amido gelatinizzato e crudo evitando l’eccesso di un tipo o dell’altro, influenzando la cinetica del flusso dell’alimento nello svuotamento gastrico e nell’intestino.
In conclusione per il controllo delle enteriti post svezzamento, proteine, lattosio, amido, fibra e grassi sono parametri fondamentali, ma non sono i soli da dover essere considerati poiché le variabili sono moltissime e, purtroppo, spesso difficilmente gestibili.