Da qualche tempo tra gli allevatori, all’interno delle aziende produttrici di farmaci e addirittura tra i veterinari si aggira un sottile timore, una paura sorda ed incombente: il momento del ritiro dal commercio delle premiscele medicamentose associate a base di amoxicillina e colistina. La Comunità Europea, a seguito dei pareri degli organismi preposti con la finalità di ridurre l’uso di antibiotici in generale e l’utilizzo di mangimi medicati in particolare, ha già imposto il proprio credo: la riduzione dell’uso di antibiotici nelle produzioni zootecniche è uno dei capisaldi della Unione in ambito della produzione di alimenti di origine animale, ed in effetti, se facciamo un esame di coscienza e non vogliamo essere ipocriti, tutti noi siamo consapevoli dell’uso che si fa in zootecnia di mangimi medicamentosi per periodi molto prolungati, spesso più per abitudine che per reale necessità……. Queste prese di posizione a livello centrale sono giustificate dall’ esigenza di combattere l’insorgenza di infezioni da stafilococchi meticillino resistenti nella popolazione umana, argomento talmente importante che non può ammettere repliche (anche se potremmo parlare all’infinito di quanto succede nei nosocomi piuttosto che degli antibiotici a libera vendita nelle farmacie, ma evidentemente le categorie più aggredibili e meno protette a livello di media sono proprio quelle degli allevatori e forse anche quella dei veterinari…).
Dicevamo dunque della associazione di colistina e amoxicillina: a breve non esisterà più (si parla del prossimo autunno) la disponibilità sul mercato di premiscele con questi antibiotici associati e non si sa se ne verrà lasciato il libero uso fino ad esaurimento scorte o se addirittura le giacenze verranno ritirate dai magazzini con effetto immediato; la colistina come premiscela o in acqua da bere probabilmente resterà da sola e utilizzabile esclusivamente come farmaco salvavita… di fatto è già ora di pensare alle alternative. Ma perché è (era..) in libera vendita una associazione di questo tipo, inesistente in altre nazioni europee? Sappiamo bene che negli svezzamenti la streptococcosi è una patologia molto diffusa, e sappiamo altrettanto bene che l'amoxicillina per via orale, ancora efficiente grazie a Dio, aumenta per contro la presenza di diarree più o meno gravi nella mandria, per cui un supporto di colistina, efficiente ed a basso prezzo, non si è mai negato a nessuno per contenere il fastidio di un gruppo di animali in enterite. A questo punto posso dire che nella mia esperienza lavorativa ormai da diversi anni non faccio più uso di colistina nei mangimi se non in caso di forme particolarmente aggressive di E. Coli o salmonelle (pochissimi casi in verità) ed in caso di controllo della streptococcosi mi limito a concentrare i trattamenti di amoxicillina in fasi ben definite senza l’ausilio di altri antibiotici anti Gram negativi; penso infatti che vi siano molte alternative valide disponibili con la stessa finalità.
La prima alternativa è l’ossido di zinco, estremamente efficiente e consigliato subito dopo lo svezzamento in quanto proprio questo momento è quello più a rischio per l’insorgenza di diarree, soprattutto a causa della diminuita ingestione di alimento: ma si può anche provare a limitarne ulteriormente l’uso se lavoriamo bene con gli additivi alimentari disponibili sul mercato e mi riferisco in particolare alla categoria degli acidificanti (dei probiotici e prebiotici ne parleremo un’altra volta).
La funzione degli acidificanti può essere riassunta in poche ma fondamentali azioni: riduzione del pH gastrico del suinetto, con attivazione della pepsina per la digestione proteica, attività antimicrobica a livello intestinale con controllo della proliferazione dei Gram negativi, come contributo ad una selezione mirata di ceppi batterici tipo i lattobacilli e favorendo una colonizzazione microbica utile al suinetto. Gli acidi disponibili sul mercato sono fondamentalmente di due categorie, organici ed inorganici: a loro volta si possono trovare liberi, sotto forma di sali o gliceridi e possono essere più o meno appetibili o dotati di odore più o meno gradevole. L’industria si è adoperata, anche con finalità squisitamente commerciali, a proporre blend di vari tipi e dotati anche di ricoperture o matrici le più fantasiose e più o meno funzionali (grassi, a lento rilascio, a liberazione solo in determinati tratti dell’intestino...), ma di fatto l'utilità di questi additivi è realmente incontrovertibile. Il loro meccanismo di azione è strettamente legato al loro valore di pKa, cioè il pH a cui il 50% di acido si dissocia in catione H+ ed anione COO- . Molto spesso questi prodotti vengono somministrati sotto forma di sali: data la natura dissociata di questi cosiddetti “sali acidi”, l'effetto antibatterico nel mangime è molto ridotto. Quando i sali, se complessati con ammoniaca, dotata anch’essa di attività antibatterica, in forma dissociata, raggiungono lo stomaco hanno la capacità di formare un nuovo equilibrio, influenzato dal valore di pKa dell’acido di partenza e del pH ambientale (2-4 in uno stomaco ben funzionante). In poche parole una parte della quantità di sale sarà trasformata ancora nell’acido iniziale da cui si è prodotto il sale e potrà svolgere effetti antibatterici.
È utile ricordare che un acido ha effetto antibatterico diretto (penetrando le membrane dei patogeni ed entrando così nel citoplasma batterico alterandone il metabolismo della cellula) solo quando si trova nella sua forma indissociata.
La loro attività si esplica sia sulla membrana della cellula batterica disgregandola, entrando nel citoplasma scompensandone la sintesi proteica ed interferendo sul meccanismo di produzione di energia. Alcuni acidi organici sono anche essi stessi fonti di energia per l’animale, entrando direttamente nel ciclo di produzione appunto di energia (acido propionico e lattico per esempio). Ultimi arrivati (meno di un decennio circa) sono i sali degli acidi grassi a media e corta catena (caprilico e caproico e caprico) che possiedono un forte effetto antibatterico, mentre altri acidi svolgono anche una funzione trofica sui villi intestinali, aumentandone il volume e la lunghezza e quindi aumentando la superficie di assorbimento dei nutrienti (sali dell’acido butirrico). Ultimamente ha avuto grande visibilità l’acido laurico, derivato dall’olio di cocco, che sembra disporre di una attività antimicrobica, oltre che contro i Coli (vedi figura sotto), specifica anche contro i batteri Gram positivi tipo Clostridi e Streptococchi e quindi perfettamente complementare ai classici acidi organici come il lattico, propionico e formico .
Per dare una indicazione di uso per categoria di prodotti all’atto della produzione di un mangime per svezzamento suinetti, in mancanza di “Santa Colistina” possiamo dunque provare a inventarci un protocollo di uso di alcuni acidi o loro sali con caratteristiche diverse ma complementari, suddivisi per categoria:
Acidi organici forti: citrico, fumarico lattico : da 0.5% a 0,65%
Acidi o Sali ad attività batteriostatica media: formiati, butirrati e propionati : da 0,4 a 0,6%
Acidi grassi a media catena (protetti a lento rilascio) : caprilico, caprico e caproico : da 0,13% a 0,17%
Naturalmente questi accorgimenti vanno applicati concomitantemente a diete “complesse” che si basino su materie prime di alta qualità, ad alta digeribilità ed appetibilità: non possiamo ad esempio pensare che sia sufficiente una buona acidificazione a mantenere la salute del gruppo se formuliamo un mangime da svezzamento con 20 kg/qle di soia farina estrazione! In conclusione fortunatamente abbiamo a disposizione alternative valide alla colistina, non resta che usare un po’ di, se mi permettete, “nutrizione creativa”.
Inibizione di crescita di E.Coli in presenza di acido caprico