(dott.ssa Irene Cucco)
Tra le varie presentazioni esposte durante il 14° Simposio Europeo sulla gestione della salute del suino – ESPHM 2023, una in particolare ha attirato la mia attenzione. L’obiettivo di questo studio, condotto da Elise Bernaerdt, Emma De Boe e Dominiek Maes, è stato valutare le pratiche manageriali correlate alla stimolazione e alla ricerca calori nelle scrofaie. Tutti noi sappiamo quanto sia importante eseguire correttamente la ricerca calori al fine di inseminare le scrofe nei tempi ottimali, per massimizzare la fertilità, la portata al parto e la dimensione delle nidiate. Tuttavia, teoria a parte, qual è la situazione reale in allevamento?
Per scoprirlo, gli autori hanno sviluppato e testato un questionario, contenente 59 domande riguardanti le caratteristiche delle aziende (n=5), la gestione delle scrofette (n=8), la gestione delle scrofe (n=3), i verri ruffiani (n=14), le procedure di inseminazione (n=10), il tipo di stabulazione, il cibo e l’acqua (n=19). Il questionario è stato compilato in azienda dai ricercatori stessi e da veterinari liberi professionisti che hanno intervistato gli allevatori durante le loro visite nel periodo compreso tra agosto 2021 e marzo 2022.
Nello studio sono state coinvolte 51 aziende, molto diverse tra loro, situate nella regione delle Fiandre. Agli estremi troviamo un’azienda con solo 65 e una con al massimo 2500 scrofe, con una mediana di 300 scrofe. La banda trisettimanale è la più registrata, seguita dalla banda quadrisettimanale, pentasettimanale, assenza di un sistema in bande e infine, la banda settimanale e bisettimanale. [IC1]
Per quanto riguarda la gestione delle scrofette, il 59% delle aziende le acquista, mentre il 41% fa rimonta interna. Un aspetto interessante è che solo l’86% delle aziende con autorimonta mantengono una separazione tra le scrofette e i maiali grassi, sia per quando riguarda la stabulazione sia per quanto riguarda la gestione dell’alimentazione. È vero, l’86% non è poco, ma sappiamo quanto sia importante la razione della scrofetta in accrescimento che, rispetto a quella dei grassi, dovrebbe essere più ricca in sali minerali e vitamine, con livelli energetici, di lisina e di calcio e fosforo ben bilanciati. Per non parlare del fatto che mantenere le scrofette insieme ai grassi e poi reintrodurle in azienda potrebbe comportare un grosso rischio sanitario. Le scrofette sono il futuro dell’azienda e bisogna dedicare loro tutte le attenzioni che meritano! Dallo studio è emerso anche che solo nel 18% delle aziende si esegue la ricerca calori nelle scrofette prima della sincronizzazione. Tuttavia, è fondamentale l’esposizione al verro dai 180 gg di età, registrando i calori, perché l’inseminazione dovrebbe avvenire al secondo o terzo calore utile. Inoltre, qualora si volessero sincronizzare le scrofette per la messa in banda ricorrendo all’altrenogest, è bene ricordare che questo principio attivo funziona solo per le scrofette che abbiano già ovulato almeno una volta. La prima inseminazione viene eseguita a 250 gg nella maggior parte delle aziende (min. 210 e max. 309 giorni). Tuttavia, poche aziende verificano il peso o lo spessore del grasso dorsale delle scrofette alla prima copertura. Sebbene sia sempre consigliato fare riferimento ai valori della propria casa genetica, nell’ottica di ottimizzare le loro performances riproduttive e la loro longevità, le scrofette andrebbero coperte al peso di 135 – 140 kg, valutando non solo lo spessore del grasso dorsale, ma anche la massa muscolare. Anche per le scrofe è risultato che nella maggior parte delle aziende (55%) la condizione corporale viene valutata a livello visivo, soprattutto al momento dello svezzamento. Solo il 37% degli allevatori misura lo spessore del grasso dorsale, anche qui soprattutto dopo lo svezzamento, ma anche al parto.
Alcuni risultati molto interessanti sono emersi dalle risposte riguardanti la gestione dei verri ruffiani. Per quanto riguarda il numero, infatti, il 22% delle scrofaie coinvolte possiede solo un ruffiano e addirittura due aziende non ne hanno neanche uno.
Distribuzione dei verri ruffiani nelle varie aziende intervistate
Questo è un dato interessante perché, sebbene il numero dei verri dipenda anche dalla dimensione del parco scrofe, sarebbe buona norma avere almeno due maschi da alternare durante la ricerca calori. Può capitare, infatti, che dopo un po’ di tempo dall’inizio della stimolazione, il verro si stanchi, perda interesse o si distragga alla ricerca di residui di mangime. Due verri possono essere utili, soprattutto per averne sempre uno riposato e con una libido più alta per quei gruppi più problematici, ovvero le scrofette e le vuote/ritorni. Inoltre, più banalmente, se un verro dovesse farsi male o morire, l’altro compenserebbe la perdita. E poi non dimentichiamoci che scrofe e scrofette non sono macchine, anche loro hanno le proprie preferenze e possono rispondere in modo diverso a seconda del verro che viene loro presentato!
Solo nel 35% delle aziende i verri vengono stabulati in un settore dedicato, separato dalle scrofe. Questo è un punto critico, in quanto le scrofe dovrebbero entrare in contatto con il verro solo per circa 15 minuti, due volte al giorno. L’esposizione per brevi periodi permette infatti di indurre nella scrofa una sorta di stress positivo acuto che facilita la manifestazione estrale e che verrebbe a mancare nel caso in cui la presenza del verro fosse costante nel tempo. Questo perché le scrofe sarebbero ormai abituate a percepire i feromoni maschili, uno dei principali fattori che innescano il comportamento estrale. È inoltre importante utilizzare dei ruffiani non troppo giovani, perché devono essere sufficientemente maturi da stimolare adeguatamente le scrofe sia da un punto di vista tattile che olfattivo. Tuttavia, in questo studio, hanno rilevato che nel 22% delle aziende selezionate veniva utilizzato un verro di età inferiore agli 11 mesi.
Nell’80% delle aziende la ricerca calori viene effettuata facendo passare il verro liberamente davanti alle gabbie fecondazione, nel 14% il maschio viene fatto entrare in una gabbia, che man mano viene spostata davanti alle scrofe e, solo nel 6% dei casi, il contatto tra scrofe e verro avviene liberamente nei box. È interessante notare che tra gli strumenti utilizzati per la fecondazione troviamo gli “archetti” per fare pressione sui fianchi della scrofa (63%), lo spray all’odore di verro (37%) e, addirittura la registrazione delle vocalizzazioni del verro (8%).
Nel 43% delle aziende vengono utilizzati trattamenti ormonali a base di analoghi del GnRH (14%) e gonadotropine (35%), soprattutto su scrofette e su scrofe di primo parto, per sincronizzare e stimolare la manifestazione estrale. Tuttavia, alcune buone pratiche come il flushing e il controllo artificiale delle ore di luce non sempre vengono attuate. Solo il 69% delle aziende fornisce alle scrofe svezzate un mangime più ricco di zuccheri e, sebbene l’84% delle aziende ricorra all’illuminazione artificiale per garantire 16 – 18 h di luce al giorno, il 74% di questi non conosce l’intensità della fonte luminosa utilizzata, che dovrebbe essere minimo 300 lux. Il dato però più preoccupante è che solo il 75% delle aziende fornisce acqua ad libitum, mentre nelle altre l’accesso all’acqua è disponibile per un tempo limitato, ad esempio solo due volte al giorno per 3h.
Per concludere, questo studio ci rende più consapevoli delle varie realtà aziendali e deve farci riflettere sul fatto che molti aspetti chiave che riguardano la gestione della scrofetta, della scrofa e dei verri ruffiani vengono dati, a volte, quasi per scontati. In realtà, l’attenzione su questi fattori va mantenuta sempre alta, perché sono alla base del buon rendimento dell’azienda. E voi? Come avreste risposto a questo questionario?
[IC1]Non sono sicurissima di aver capito bene in realtà...ti allego il grafico, magari mi sai dire meglio come interpretare sto grafico