Perdonatemi fin da ora, con questa breve riflessione non vorrei smantellare certezze ormai sedimentate da tempo, ma credo che alla fine della chiacchierata forse molti di voi si ricrederanno, o perlomeno si porranno qualche domanda, a proposito di come fino ad ora abbiamo cercato di influenzare il peso dei suinetti alla nascita, e soprattutto (forse…) prenderanno in considerazione un approccio del tutto diverso per il prossimo futuro. Partiamo dal presupposto che, se vogliamo dare credito alle previsioni della casa genetica Danese ufficiale, grazie al progresso genetico tra ora ed il 2025 avremo un incremento medio delle nidiate da 17 a 21 suinetti per parto, con una prevista perdita di mortalità pre svezzamento che varierà dai 4 a 5 animali per scrofa; tutti sappiamo che questa mortalità si concentra entro i primi due, massimo tre, giorni post parto, con il picco di massima mortalità nella prima giornata, e che mentre i soggetti nati con un peso superiore a 1,3 kg hanno un tasso di sopravvivenza superiore al 92%, quelli sotto 1,3 kg precipitano ad un livello attorno all’ 83%.
Sempre dalla Danimarca apprendiamo che, mentre in ordine di nascita i primi 7 suinetti nati al di sotto di 1 kg di peso hanno una percentuale di sopravvivenza del 92%, i soggetti di pari peso nati successivamente si attestano attorno ad un 25% di sopravvivenza: se invece parliamo di animali partoriti di peso superiore al chilogrammo, questi numeri si trasformano immediatamente in un 97% di tasso di sopravvivenza per quelli nati da 1 a 7 e 92% per i nati successivi al settimo. Altrettanto accade nella differenza di peso a pari quantità di assunzione di colostro, dove, se il suinetto leggero (inferiore ad 1 kg) ingerisce meno di 100 ml, avrà un tasso di sopravvivenza solo del 20% rispetto ad un soggetto più pesante che, avendo ingerito la stessa dose di 100 ml di colostro, avrà invece un tasso di sopravvivenza del 50%.
Il messaggio arriva forte e chiaro: è imperativo far nascere suinetti più pesanti indipendentemente dalla numerosità della figliata.
Fino ad ora, come dicevo prima, c’era (c’è!) la convinzione che l’aumento quantitativo di alimento negli ultimi 20/30 giorni di gestazione consenta alla scrofa un parto di suinetti più pesanti, ma se attraverso la metaanalisi esaminiamo 12 lavori scientifici diversi, ci accorgiamo che l’aumentare da 2,5 kg capo a 3,3 kg non comporta nessun incremento statisticamente significativo del peso alla nascita; in effetti già negli anni 90 qualche lavoro aveva ipotizzato che la dimensione dell’embrione a 35 giorni di vita condizionasse il peso alla nascita, ma ancora più interessante è un lavoro di Wientjes (2012) eseguito su 722 scrofe di genetica Topics, che dimostra come la perdita di grasso di copertura durante la lattazione incida sulla differenza di peso alla nascita all’interno della figliata successiva: scrofe con perdita superiore ai 5 mm di grasso dorsale comportavano una differenza statisticamente significativa all’interno della figliata rispetto a quelle con perdita di grasso meno di 2 mm o tra 2 e 5 mm. Ancora, per complicare ulteriormente le cose, il peso della placenta è chiaramente correlato con la sopravvivenza ed il peso dei feti. Qualche cosa di diverso evidentemente va previsto ed attuato fin dalla lattazione precedente e nella prima fase di gestazione, questo è certo, anche perché se tutto quanto fatto fino ad ora in certe situazioni non ha comportato nessun miglioramento in termini di peso alla nascita significa che è tempo di tentare qualcosa di nuovo. D’accordo, ma tutto questo deve suggerire qualcosa di nuovo e soprattutto attuabile.
L’uso del destrosio nelle scrofe è molto comune in Nord Europa, tanto che visitando gli allevamenti almeno nel settore ricerca calore non è raro vedere un sacchetto di zucchero appoggiato al muro: ma ciò che dice l’autore Van den Brand risulta interessante; non ho idea che tipo di dieta fosse in uso, ma 250 grammi capo giorno di destrosio in lattazione ha provocato nel parto successivo a questo esperimento un sensibile aumento di peso alla nascita, maggiore numerosità, meno mortalità pre svezzamento. Più recentemente invece un altro lavoro del 2012, suggerendo la gestione del destrosio sempre allo stesso dosaggio ma esclusivamente nella ultima settimana di lattazione, ha comportato un aumento di peso alla nascita nel parto successivo. Una ricerca del centro ricerche Nutreco ha inoltre dimostrato che un extra energia nella prima fase di gestazione ha prodotto un aumento di peso della placenta del 5% rispetto al controllo ed un incremento dell’uniformità della figliata del 12%, certamente un buon risultato, confermando un altro lavoro (Hoving 2012) che ha dimostrato, sempre con una forzatura alimentare nei primi 35 giorni , un aumento del peso della placenta di 0,8 kg rispetto ad un razionamento “tradizionale”(2,5 kg per il controllo, 3,3 kg per il test). Se scendiamo più nel particolare riguardo alla qualità della dieta, inaspettatamente un aumento di fibra sempre nella prima parte della gestazione favorisce il maggior peso alla nascita (Nutreco RD, 2013). Per terminare, torno a ricordare un concetto già espresso in una precedente esposizione fatta su questo sito, ovverosia il ruolo della arginina somministrata dal 30° giorno di gestazione fino al parto: la sua efficacia è stata nuovamente comprovata attraverso la chiara dimostrazione di una migliore vascolarizzazione della placenta, per cui le industrie collegate alla nutrizione animale stanno dimostrando un rinnovato interesse nel suo uso per un eventuale inizio di produzione e commercializzazione in futuro.
In sintesi sembra allora che tutti gli studi più recenti concentrino la attenzione più sulla fase iniziale di gestazione che su quella finale, spostando completamente il focus in un momento della gravidanza dove fino a qualche tempo fa si tendeva a razionare e limitare l’ingestione; era già comprovata l’influenza sulla uniformità alla nidiata di questa particolare fase, ma ora sembra veramente che ci si possa giocare la dimensione della figliata in termini di peso alla nascita soprattutto in due momenti: lattazione precedente e primi 35 giorni post inseminazione. E per le primipare? E’ evidente che la gestione alimentare delle scrofette non vada più risolta banalmente con un accrescimento ingrasso ed una dieta di gestazione ma che, sia in termini di qualità di mangime che di razionamento, si debba prestare molta attenzione: capita di vedere in giro qualcosa che mi ricorda molto l’atteggiamento di alcuni allevatori di vacche da latte, che alimentano le manze con il peggiore foraggio disponibile in quanto il meglio và garantito alla vacca in lattazione, visto che produce latte…