Non è una banalità: se c’è una cosa che ho imparato a mie spese, mai basarsi completamente e pedissequamente sui fabbisogni alimentari forniti delle case genetiche (che vanno tenuti in considerazione, per carità, ma che vanno anche adattati a seconda dello stato nutrizionale della mandria ed ai risultati zootecnici).
Come al solito prendo spunto da un episodio accaduto proprio la settimana scorsa per affrontare un tema abbastanza ricorrente durante le mie visite in azienda: l’anno scorso ho avuto la fortuna di incrociare in allevamento un collega danese molto preparato , parte di un gruppo di 20 veterinari che seguono qualcosa come 300.000 scrofe in Danimarca. Ho avuto la possibilità di imparare molto da lui, ma se c’è una cosa che ha stupito lui ed i suoi colleghi che sono venuti in visita in Italia appunto la settimana scorsa, accompagnati da me in aziende suinicole per imparare qualcosa (ebbene sì, sembra che noi italiani, così esterofili, abbiamo qualcosa da insegnare anche ad una delle suinicolture più avanzate d’Europa...) è proprio la gestione alimentare delle scrofe….danesi! Gli allevamenti visitati hanno colpito favorevolmente questi tecnici, soprattutto per la produzione di latte e per i kg di suinetti svezzati per parto. Per questo , più in generale, vorrei collegare questa visita ad alcuni errori nutrizionali che spesso rilevo nelle nostre scrofaie.
Innanzi tutto bisogna dire che chi è abituato a frequentare allevamenti da riproduzione all’estero rimane particolarmente colpito paragonando lo stato di ingrassamento delle scrofe italiane a quelle “straniere”: i riproduttori (olandesi, danesi, belga, non importa) sono sempre estremamente magri paragonati alle nostre scrofe, che spesso sono più simili ad animali all’ingrasso… ora, non è che io pensi che la “scrofa sogliola” sia il massimo dal punto di vista dell’efficienza, ma probabilmente in Italia abbiamo l’occhio abituato ad un’altra stazza, e non sempre l’animale grasso è segno di efficienza riproduttiva. Nei mesi scorsi per esempio mi è capitato di impattare in alcuni casi di sovralimentazione (e sottoalimentazione, più rara) che hanno portato a conseguenze molto gravi.
Primo caso
Allevamento di 500 scrofe di genetica PIC . Il problema maggiore era la difficoltà di colostratura ed allattamento della figliata: entrando in sala parto si evidenziava immediatamente la postura innaturale delle scrofe puerpere, che giacevano sullo sterno. I suinetti intorno si aggiravano smilzi ed affamati, ed in qualche caso venivano addirittura addentati dalle madri, mentre si notava un edema mammario imponente ed una dolorabilità estrema della mammella, che al tatto faceva sobbalzare di dolore la scrofa: la conseguenza immediata, oltre ai cannibalizzati, era evidente nella perdita di numerosi suinetti nelle prime 2 giornate post parto (morti per fame), oltre allo svezzamento di capi sottopeso ed ad una successiva crisi sanitaria attorno ai trenta giorni a causa della mancata colostratura. Essendo una azienda che si produceva il proprio mangime, è stata rapidamente presa in considerazione la formulazione alimentare in gestazione: per assurdo, a parte la bassissima quantità di fibra, la quota di amido nel mangime gestazione era più che in lattazione , ed anche il sodio era in eccesso. Inutile sottolineare che le scrofe erano troppo grasse (vedi il classico schema dello stato di nutrizione nella figura soprastante) e ne conseguivano edema mammario, costipazione e dolorabilità della mammella alla quale i suinetti non potevano neppure avvicinarsi (foto 1) , pena la loro uccisione a morsi….questo per ribadire che se le scrofe pagano troppo l’occhio per un loro aspetto di “troppo benessere” probabilmente non siamo sulla strada giusta….
Secondo caso
Altro allevamento di 500 scrofe di genetica PIC (non ha importanza, la genetica, è stato un caso che entrambi i problemi fossero con questo tipo di riproduttori: l’errore era nella formulazione (e se volete nei prossimi articoli possiamo presentare altrettanti casi con Danbred, Topics, Goland, Hypor e chi più ne ha...). Dicevamo appunto di un allevamento ben condotto, igienicamente ineccepibile: parti veloci, buona omogeneità delle nidiate, numerose e di buona qualità. Il problema era nella presenza di ritorni fuori ruota , attorno a 28\32 giorni e soprattutto sulle secondipare: facendo un rapido giro in gestazione, era evidentissimo un elevato numero di animali in gabbia post inseminazione con lesione ulcerosa alla spalla. Si sa bene che in animali di genetica performante ed iperprolifica lo strato di grasso di copertura è abbastanza limitato, mentre la quota di muscolo è preponderante; spesso animali che appaiono ai nostri occhi “grassi” in realtà hanno una muscolatura imponente ma uno strato di grasso molto limitato. Se questo tipo di scrofa non viene sottoposta ad un piano alimentare corretto (soprattutto quantitativo: possiamo somministrare la migliore formula sulla carta , ma se la quantità è scarsa o irrisoria non compenserà mai i fabbisogni nutrizionali specifici della razza), anche se l’alimento di lattazione sarà eccellente non saremo in grado di compensare le perdite a cui la scrofa è sottoposta in sala parto. Un animale in stato catabolico non riesce a portare a termine la gravidanza successiva, e questo soprattutto se è una secondipara (sappiamo bene che la “sindrome della seconda figliata” è legata ad una non corretta preparazione alimentare della scrofetta alla copertura ed alla successiva curva alimentare in gravidanza\allattamento con cui è gestita).
Soluzioni
Nel primo caso è stato sufficiente alzare la fibra fino al 7% ed abbassare l’amido. Abbiamo previsto anche una purga “leggera” con sorbitolo (appetibile e poco irritante), ma l’abbiamo subito abbandonata perché il mangime giusto in gestazione non necessitava di altro attorno al parto. Ora è sufficiente carezzare la mammella della scrofa per vederla appoggiarsi immediatamente sul lato ed allattare chiamando la figliata con il tipico richiamo vocale. Inutile dire che i morti pre svezzamento si sono ridotti e che le crisi sanitarie post svezzamento sono scomparse.
Nel secondo caso è stato suggerito un innalzamento della curva alimentare dei primi 25 giorni di gestazione ed un miglioramento dei tenori di energia ed amminoacidi, soprattutto valina, nella dieta di lattazione.
Per tornare all’inizio della chiacchierata, alla fine i danesi hanno spiegato da soli la differenza tra le prestazioni delle “loro” Danbred e le “nostre”: in Danimarca spendono veramente poco per alimentare i propri riproduttori, accettando anche tenori di rimonta superiori al 50% nelle aziende… d’altro canto forse noi esageriamo iperalimentando o costruendo mangimi eccessivamente ricchi e costosi e, probabilmente, la verità (cioè la corretta gestione), come sempre, sta nel mezzo (foto2)
Foto 1: scrofa iperalimentata con difficoltà all'allattamento |
Foto 2: Scofa con alimentazione corretta e corretto allattamento |
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