Quando anni fa mi sono approcciato alla professione, il mondo suinicolo era ovviamente molto diverso da oggi: negli allevamenti da ingrasso (in particolare nelle latterie della bassa Lombardia e dell’Emilia) la tradizione del suino pesante era legata all’uso del siero di latte derivato dalla produzione di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Se guardiamo all’oggi, gran parte delle latterie o sono sparite (come aziende suinicole) o hanno affittato le stalle ad imprenditori che hanno trasformato questi allevamenti in soccide, mentre i caseifici oggi vendono preferibilmente il siero o per uso alimentare umano, per l’industria farmaceutica o per la trasformazione in sieri in polvere ( a tutt’oggi scelte decisamente più remunerative). Innanzi tutto è importante sapere che, a seconda della lavorazione e del tipo di formaggio prodotto, la qualità del siero varia enormemente. Il prodotto migliore deriva dalla produzione di formaggi duri tipo Parmigiano Reggiano e Grana Padano: si addiziona rennina per coagulare la proteina, non vi è necessità di neutralizzazione successiva perché si lavora a pH 6 ed il siero che ne deriva è siero cosiddetto “dolce”. Al contrario con l’addizione di batteri produttori di acido lattico o direttamente di acido cloridrico \ solforico , lavorando a pH 4 , vi è necessità di una neutralizzazione successiva da eseguirsi tramite basi forti come idrossidi di sodio o calcio. Da questa lavorazione vengono prodotti formaggi molli o caseinati.

 

Il maggiore rischio legato all’uso del tipo di  sieri  visti sopra sta soprattutto nella presenza di lieviti e nel tipo  di flora microbica di contaminazione del prodotto. La maggior parte dei sieri liquidi  oggi in commercio non ha più le caratteristiche descritte dai manuali di alimentazione (a proposito, chi ricorda i “fattori sconosciuti di crescita”?) , ma il prodotto che viene reso disponibile sul mercato  deriva dopo intenso sfruttamento  (filtrazione) dalla  asportazione  della quota proteica , prevalentemente albumine,  e dalla concentrazione  della residua sostanza secca (mediamente dal 13 al 18%). Il risultato di questi processi è  un alimento liquido (siero concentrato o permeato)  sostanzialmente composto da lattosio e sali minerali, con proteina praticamente inesistente (6% sulla sostanza secca) o addirittura ridotta  solo ad un po’ di azoto non proteico: nella valutazione delle caratteristiche nutrizionali del prodotto io personalmente consiglio di calcolarlo come un mix di destrosio o saccarosio con un 10% di ceneri in aggiunta; esiste anche una versione di siero concentrato molto ricca di sali e più elevata sostanza secca (23%), che però deve essere inserita in razione eliminando completamente il cloruro di sodio dalla dieta.  Una caratteristica importante è che, a differenza del siero “classico”, anche nella stagione estiva il suo pH non varia.

A parte qualche rara situazione quindi, oggi l’uso del siero che conoscevamo noi non è più così frequente, essendo stato sostituito appunto dal permeato. Parlando della qualità del siero concentrato, disponibile sul mercato ma soggetto, per esempio in estate, ad una certa difficoltà di reperimento,  e in qualche caso da una contaminazione da parte di lieviti e batteri indesiderati , non è possibile una sua comparazione qualitativa  con il siero fresco di latteria  a cui eravamo abituati anni fa: spesso il consiglio era di “regalare” il prodotto come aggiunta senza valutare le sue caratteristiche nutritive né ricalcolare la base di mangime secco con caratteristiche diverse: come abbiamo visto, con il permeato non è possibile pena la perdita di prestazione della mandria. Naturalmente, dando per scontato che il prodotto esca  costante dalla fabbrica  in tutte le sue forniture indipendentemente dal produttore, essendo “figlio” di un procedimento industriale ben determinato, al momento del computo economico questo  siero concentrato si rivela estremamente interessante: è chiaro che più il prezzo dei cereali è basso e più questo sottoprodotto diventa meno allettante; viceversa nel momento in cui i cereali, come qualche anno fa, aumentano il loro prezzo di vendita a dismisura,  allora quello è proprio il momento in cui diventa profittevole il suo utilizzo. Nella formulazione per diete all’ingrasso il siero permeato può essere inserito al posto di un cereale, meglio al posto dell’orzo in  quanto quest’ultimo ha in genere un costo più elevato di 15\20 euro tonnellata rispetto al mais. Come sopra specificato, essendo povero di proteina, all’atto del suo inserimento in dieta consiglio di aumentare la soia farina di estrazione di almeno uno  o due punti percentuali in base alla quantità di siero somministrata capo giorno. Diciamo che calcolandone l’uso sulla sostanza secca una corretta media di inserimento può essere attorno al 10% su tutte le fasi, con un minimo di 5% in partenza nel ristallo fino ad un 15% nelle fasi di ingrasso, con punte del   20% dove vi sia necessità ( intendo dove, in base al carico di suini presenti e per favorire una   riduzione del costo di trasporto,  ci si debba adattare alla consegna di un autotreno da 30 tonnellate alla volta: quindi la percentuale di uso dipende primariamente sia dalla capacità dei serbatoi di stoccaggio in azienda che dalla numerosità dell’allevamento). Il risparmio con i prezzi di oggi si posiziona attorno al mezzo euro quintale di mangime completo: poco o tanto, dipende dalle dimensioni dell’allevamento e dai quintali di mangime consumati giornalmente…. Ripeto che a differenza del siero di latte “normale” questo  alimento non necessita di particolari attenzioni, se non nella costante pulizia dei serbatoi pre-consegna ed eventualmente nella aggiunta di acidificanti \ conservanti per evitare rischi di torsioni intestinali, patologie che più frequentemente sono imputabili alla scarsa igiene dei serbatoi di recupero a fine distribuzione della broda o alla estrema lunghezza delle linee di trasporto della broda stessa. Ho anche esperienza di utilizzo del permeato negli svezzamenti a broda, ed in questo caso il recupero economico può arrivare anche a tre\quattro euro al quintale quando sostituito  a siero in polvere, che costa sei volte tanto…..

Concludendo, il siero, sia “classico” che permeato, è un alimento economicamente interessante, che richiede solo qualche accorgimento formulistico e di utilizzo, considerando che contribuisce anche ad abbassare il tenore di acido linoleico del grasso di copertura e quindi  a diminuire il numero di iodio del grasso dei prosciutti testati al macello.