Malgrado l’attualità dell’argomento benessere animale e gli sforzi sul territorio italiano per uniformarsi agli elevati standard del Nord Europa, la realtà zootecnica nazionale pone problematiche elevate per la tipologia del suo allevamento e per l’unicità delle sue produzioni.
Nel progetto finanziato dal Metadistretto della Zootecnia del Veneto dal titolo: “Approccio di ricerca multidisciplinare finalizzato all’innovazione ed al recupero di competitività del settore in ambito di sanità, benessere animale e tutela ambientale”, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute dell’Università di Padova, si prendono in esame l’opinione e le aspettative degli allevatori suinicoli in merito alla tematica del benessere animale con riferimenti all’attuale legislazione.
L’intervista, condotta dai tecnici dell’Associazione Regionale Allevatori, ha coinvolto 30 allevatori di suini del nord-est italiano prevalentemente localizzati nella Regione Veneto, con un questionario costituito da 23 domande principalmente a scelta multipla o con possibilità di aggiungere commenti o punteggi. I dati sono stati analizzati per verificare l’eventuale associazione tra le risposte e l’indirizzo produttivo.
La formazione del personale
A prescindere dall’indirizzo produttivo dell’azienda, la persona che maggiormente si occupa di benessere animale è il proprietario o responsabile (83,3% degli intervistati) mentre solo nel 13,3% dei casi sono i dipendenti a curare questo aspetto. La maggior parte dei titolari e dei dipendenti (87%) afferma comunque di partecipare regolarmente a corsi di formazione ufficiali, nei quali i temi di comportamento, salute, legislazione ed indicatori di benessere animale sembrano essere adeguatamente affrontati. Tuttavia, la principale fonte d’informazione degli allevatori in tema di benessere sembrano essere le associazioni di allevatori ed i loro incontri di aggiornamento (indicate dal 34% degli allevatori totali).
Esiste inoltre una variabilità legata al tipo di produzione per l’importanza data alle altre fonti di informazione. Ad esempio è interessante notare come il veterinario aziendale rappresenti la prima fonte d’informazione per le aziende da ingrasso, mentre si colloca solo al terzo posto per gli altri indirizzi produttivi (P<0.05) (Tab.1). Riproduzione e cicli chiusi sembrano inoltre ricercare informazioni anche sulle riviste specializzate nel settore, che invece sono scarsamente considerate dagli addetti degli ingrassi (P<0.01).
Tab.1: Graduatoria di preferenza per le principali fonti di informazione in merito al benessere animale per le aziende da ingrasso e riproduzione/cicli chiusi
Ingrasso |
Riproduzione e cicli chiusi |
Fonte di informazione
|
% |
Fonte di informazione |
% |
Veterinario aziendale |
38 |
Associazioni allevatori |
36 |
Associazioni allevatori |
32 |
Riviste del settore |
23,5 |
Corsi di formazione |
13 |
Veterinario aziendale |
19 |
Servizi veterinari (ASL) |
12 |
Servizi veterinari (ASL) |
8,5 |
Riviste del settore |
3 |
Convegni |
7,5 |
Convegni |
0 |
Corsi di formazione |
5 |
Altro |
2 |
Altro |
0 |
La percezione del benessere animale in allevamento
Gli allevatori sono consapevoli dell’importanza che il benessere assume nel migliorare l’immagine dell’azienda (18,3%) visto il crescente interesse da parte di consumatori ed opinione pubblica, malgrado rappresenti comunque fonte di maggiori costi soprattutto per le aziende a ciclo chiuso (P<0.05) e aumento del lavoro in particolar modo per le scrofaie (P<0.05) (Tab.2).
E’ comprensibile che il benessere animale sia interpretato come una perdita economica principalmente negli allevamenti legati alla riproduzione in quanto tale settore è quello che più difficilmente riesce a far fronte alle modifiche richieste per management e strutture. Ciononostante, a prescindere dall’indirizzo produttivo, la maggior parte degli allevatori si aspetta comunque una maggiore soddisfazione nel lavoro a seguito del miglioramento dello stato di benessere degli animali nel proprio allevamento, mentre solo una minoranza (16%) esprime forti perplessità a proposito e non si aspetta alcun beneficio diretto da questi cambiamenti.
Tab.2:Significato del benessere animale per gli allevatori dei diversi indirizzi produttivi in percentuale. Percentuali con lettere diverse differiscono significativamente (P<0.05)
Quale significato al benessere animale?
|
Ciclo chiuso
(%) |
Ingrasso
(%) |
Riproduzione
(%) |
P |
Animali più sani |
22,22 |
36,67 |
31,25 |
n.s. |
Maggiori costi |
23,61a |
8,33b |
12,50b |
<0,05 |
Animali più liberi |
16,67 |
30,00 |
12,50 |
n.s. |
Migliore immagine all’azienda |
19,44 |
13,33 |
22,92 |
n.s. |
Maggiori guadagni |
5,56 |
5,00 |
4,97 |
n.s. |
Più lavoro |
12,50a |
1,67b |
16,67a |
<0,05 |
Più sussidi |
0 |
1,67 |
0 |
n.s. |
Altro |
0 |
3,33 |
0 |
n.s. |
Opinione sulle norme legislative specifiche
Come ci si poteva aspettare, il giudizio delle aziende sulla reale utilità delle norme legislative sul benessere si è rivelato talvolta negativo. Per alcuni aspetti, gli intervistati di tutti gli indirizzi produttivi hanno indicato all’unanimità di essere concordi con le indicazioni legislative (età di svezzamento dei suinetti non inferiore a 28 giorni, spazio minimo per capo a disposizione per scrofe e ingrasso), ma pienamente in disaccordo con l’allevamento in gruppo delle scrofe gravide. Tale provvedimento è stato interpretato come un obbligo di dubbia utilità, soprattutto per il timore che possa portare ad una perdita economica a causa dell’eventuale aumento degli aborti e riassorbimenti, oltre che ad un ulteriore investimento in strutture e tempo per la movimentazione degli animali (Fig.1).
Fig.1: Grado di importanza ed utilità derivante dall’applicazione delle norme specifiche per il benessere animale
|
L’individuazione di arricchimenti ambientali da fornire ai suini per la loro attività esplorativa è considerata dagli allevatori tra gli interventi di minore utilità per il miglioramento del benessere in allevamento. Sebbene infatti una buona parte delle aziende (90%) fornisca catene metalliche agganciate alle pareti, solo il 7% degli allevamenti riconosce l’utilità degli arricchimenti manipolabili e grufolabili (paglia, torba, legno ecc.) come suggerito dalla normativa vigente.
Aspettative e disagi legati alla nuova legislazione
Attualmente gli interventi richiesti dalla nuova legislazione che mettono maggiormente in difficoltà sono le modifiche delle caratteristiche delle pavimentazioni (24%) e dello spazio/capo (21%), ma che a procurare i maggiori disagi (35%) sarebbero eventuali richieste di modifiche alle sale parto sull’esempio dei Paesi del nord Europa che hanno già inasprito le normative aumentandone le restrizioni all’interno del proprio territorio. Gli interventi che riguardano invece gli arricchimenti ambientali ed i metodi di castrazione e taglio della coda sono risultati essere relativamente meno difficili da gestire, considerando che si limiteranno a richiedere un cambiamento di alcune pratiche manageriali piuttosto che costose modifiche a strutture ed impianti (Fig.2).
Fig.2: Interventi legislativi la cui attuazione potrebbe mettere in difficoltà gli allevatori a prescindere dall’indirizzo produttivo. Percentuali con lettere diverse differiscono significativamente (P<0.05).
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Secondo il parere degli allevatori intervistati, per rispondere in modo efficace ai futuri provvedimenti legislativi bisognerebbe muoversi primariamente con la richiesta di contributi per la riorganizzazione delle aziende. In secondo luogo, sarebbe necessario fare pressione sui politici locali e nazionali per evitare l’emanazione di nuove norme, ed infine interagire maggiormente con il mondo della ricerca per individuare delle soluzioni praticabili a livello nazionale da proporre ai tavoli di discussione europei, magari coinvolgendo anche le associazioni di categoria.
Sistemi di valutazione del benessere in allevamento
Un sistema di valutazione rapida dei parametri di benessere in allevamento è riconosciuto dagli allevatori essere utile al miglioramento del benessere animale, delle prestazioni produttive, della gestione e dell’immagine dell’azienda, ma la più frequente obiezione verso il suo utilizzo è stata la mancanza di un profitto legato alla sua applicazione dato che non è attualmente valorizzato dal sistema commerciale. Parallelamente esiste il timore di un possibile aumento dei costi di produzione legato alle visite e ai controlli di uno specifico ente preposto. Va tuttavia sottolineata l’unanime apertura al suo utilizzo come uno strumento per informare il consumatore sulle buone pratiche di allevamento adottate, valorizzando la filiera di produzione che ne rispetta i parametri e consentendo l’immissione sul mercato di una produzione di maggior qualità con un prezzo più elevato (sull’esempio dei Paesi del Nord). All’unanimità, gli intervistati di tutti gli indirizzi produttivi hanno espresso la preferenza di un rapporto diretto con il valutatore, scegliendo di poter eventualmente ricevere una copia cartacea dei risultati della valutazione direttamente da chi l’ha effettuata. Largo favore è stato manifestato nei confronti dei tecnici dell’Associazione Allevatori, quali figure ideali per la raccolta dei dati di valutazione in allevamento.
I risultati di questa indagine possono suggerire nuovi metodi di approccio ed argomenti di discussione con le principali fonti di aggiornamento sul tema del benessere per gli allevatori. Maggiore informazione dovrebbe essere data inoltre anche sulle attività svolte a livello Europeo e Nazionale da specifici comitati scientifici chiamati ad individuare le criticità per il benessere dei suini a livello aziendale (quali i report EFSA e DG SANCO), attività che rappresentano infatti la base delle normative future. Interessante sarebbe inoltre studiare un sistema di valutazione rapida del benessere in allevamento che possa valorizzare le aziende che seguono le principali norme di benessere, senza però rappresentare per loro un costo aggiuntivo.
Si ringraziano per il contributo alla ricerca il dottor Alessandro Calliman dell’Associazione Provinciale Allevatori di Treviso, ed il dottor Egidio Bergamasco dell’ARAV.