Dopo aver analizzato, nell’articolato della bozza del regolamento sui medicinali veterinari la vendita e la prescrizione, dal 107 al 110, passo ad analizzare gli articoli dal 111 al 112, relativi all’impiego dei medicinali .
Molto interessante la nuova formulazione dell'art. 111.
Dalla lettura di tale nuova formulazione, risulta del tutto evidente l'orientamento del parlamento europeo: impedire di fatto l'uso profilattico degli antimicrobici (ammesso solo su singoli animali in base ad un elenco di antimicrobici ?????), consentire un uso metafilattico degli antimicrobici “limitato”, ma soprattutto legato alla predisposizione di un “piano sanitario”, che definire ambizioso è un eufemismo, ma soprattutto che prevede un salto di qualità, pur condivisibile, ma al momento impensabile nella realtà allevatoriale italiana, fatta eccezione per alcune filiere integrate. Si parla di concetti, assolutamente condivisibili (diversità genetica dei riproduttori, densità di allevamento che non aumentino il rischio di trasmissione delle malattie, isolamento dei capi malati e allontanamento dal resto del gruppo), ma al tempo stesso difficilmente misurabili per l’organo di controllo, che rischiano di rimanere solo sulla carta.
Diversamente dalle Direttive i Regolamenti comunitari sono applicabili tal quali e non devono essere recepiti. Tuttavia, se, argomento per argomento, il Regolamento delega gli Stati membri, questi nei limiti e per gli argomenti definiti dalla delega, possono legiferare autonomamente. E’ il caso dei contenuti di un articolo proposto ex novo, il 111bis del Parlamento in merito alla fornitura ed impiego degli antimicrobici. Tale articolo consente che “ Gli Stati membri possono limitare o vietare la fornitura e/o l'impiego nel loro territorio di determinati antimicrobici negli animali se è soddisfatta una delle seguenti condizioni: gli antimicrobici hanno un'importanza fondamentale ai fini dell'uso negli esseri umani; o la somministrazione di antimicrobici agli animali è contraria all'attuazione di una politica nazionale in materia di uso prudente degli antimicrobici conforme al principio di precauzione”
Tuttavia, com’è nello spirito dell’Europa, tale delega è subordinata alla “consultazione delle parti interessate”. L’auspicio è che per “parti interessate” si inizi ad intendere di default, anche in Italia come in Europa, un ventaglio rappresentativo delle conoscenze, delle competenze e delle rappresentanze senza limitarsi ai confronti rigidamente definiti dai protocolli istituzionali. In particolare si auspica il coinvolgimento della FNOVI, quale ente esponenziale di rappresentanza della professione, che in quanto struttura ordinistica viene più volte coinvolta nella normativa europea a garanzia non solo della professionalità dei Medici veterinari ma anche della loro informazione e formazione. Questo anche al fine di garantire e tutelare un altro enunciato dell’articolo 111 bis che vuole che “Le misure adottate dagli Stati membri in conformità del paragrafo 1 sono proporzionate e non impongono restrizioni commerciali in misura superiore al necessario per conseguire un elevato livello di protezione della salute animale e pubblica” oltre a quello del dover informare la Commissione di queste decisioni.
Particolarmente importante in argomento saranno le politiche italiane in tema di farmaci ospedalieri e antimicrobici come CIA e Colistina, salvavita in alcune infezioni ospedaliere, ma sarà importante anche affrontare le distorsioni dei mercati che potranno conseguire a divieti non uniformemente applicati in tutta Europa particolarmente negli allevamenti intensivi.
Per quanto riguarda le registrazioni da parte dei detentori o dei proprietari di animali DPA il Parlamento, nel voler emendare il testo della Commissione, genera confusione laddove nel chiedere la tenuta dei registri sembra volere la tracciabilità solo per i farmaci con tempi di sospensione prescritti da un veterinario e non, per i paesi che ne consentono l’esercizio, da parte di altre figure professionali. Questo sembrerebbe confermare che, nella volontà del Parlamento, solo il Medico veterinario possa prescrivere farmaci con tempi di sospensione. La specifica dell’obbligo da parte dei “detentori” conferma l’obbligo di tenuta del registro anche per le strutture veterinarie che fanno ricovero di animali DPA.
I dati da registrare, a carico del proprietario o del detentore, riguardano “la data di somministrazione del medicinale veterinario all'animale e la malattia curata, il nome e l'indirizzo del fornitore, l'identificazione degli animali soggetti al trattamento e la diagnosi della malattia curata”. Non comprensibile la dicitura, date le premesse, di dover tenere la “prescrizione se del caso” non essendo chiara la casistica sottintesa salvo intendere assenza di DDT per acquisto diretto in farmacia.
Come già sottolineato dalla FNOVI questo dispositivo, se nel suo intento di semplificazione che esclude la registrazione di farmaci a Tempo di Attesa (TA) zero, non consente tuttavia per il caso particolare dell’apicoltura di vedere una tracciabilità del trattamento contro la varroatosi per la quale tutti i farmaci sono a TA zero giorni.
Sempre ai fini della semplificazione il Parlamento si premura di specificare come “I dati già contenuti nella prescrizione o in una bolla di consegna non devono essere registrati nuovamente se è possibile rinviare chiaramente alla corrispondente prescrizione o bolla di consegna”
La bozza di Regolamento replica dunque lo schema precedente in cui l’obbligo di registrazione da parte del Medico veterinario viene sancita dalla normativa sugli ormoni e non da quella sul farmaco veterinario.
In tema di AMR il Parlamento vuole dati semestrali e monitoraggio in tema di “numero medio di trattamenti effettuati con sostanze attive antibatteriche e la frequenza dei trattamenti secondo un parametro europeo, in funzione dell'azienda in questione e della specie di animali allevati, tenendo conto del tipo di impiego”. Difficile ipotizzare l’adempimento a queste richieste oltre al fatto di dover informane l’allevatore, senza la ricetta elettronica di cui tuttavia il Parlamento non parla, pur intendendola dove ammette la firma elettronica (art. 110) lasciando agli Stati membri il tema del “come”.
Nell’articolo 112ter il Parlamento descrive, con gli emendamenti, l’allevamento del futuro a raffronto di situazioni che nella realtà, spesso, non solo non esistono ancora, ma sono difficili da ipotizzare in tempi brevi. Anche qui la figura del veterinario aziendale emerge come imprescindibile per un binomio che deve traghettare l’azienda zootecnica verso una consapevolezza in tempo reale e con solide basi numeriche di controllo di gestione. Riporto per intero l’articolo 112ter che si commenta da solo.
1. Al fine di facilitare un'effettiva riduzione dell'uso di medicinali che contengono sostanze antibatteriche, chiunque svolga attività di allevamento:
a) stabilisce, due mesi dopo la pubblicazione dei dati chiave relativi alla frequenza della terapia in conformità dell'articolo 112 ter, se la frequenza semestrale della terapia per le specie allevate e per il tipo di impiego durante il periodo trascorso è al di sopra della frequenza media della terapia;
b) registra immediatamente i risultati della valutazione di cui al paragrafo 1
2. Se la frequenza semestrale dei trattamenti effettuati dall'allevatore è superiore alla media semestrale della sua azienda, l'allevatore, previa consultazione di un veterinario, determina i motivi che potrebbero aver causato il superamento della media e valuta le modalità con cui si potrebbe ridurre il trattamento degli animali con medicinali contenenti sostanze antibatteriche
Se dalla valutazione dell'allevatore risulta che esiste la possibilità di ridurre la terapia con i medicinali in questione, l'allevatore adotta tutte le misure necessarie per effettuare tale riduzione. L'allevatore deve tenere conto del benessere dei suoi animali e garantire le cure veterinarie necessarie.