(Dott.ssa Giusy Romano)
Il nome di questa patologia, probabilmente, non è molto conosciuto tra le file degli allevatori, che, più spesso, la identificano semplicemente come una patologia causata da carenza di vitamina E e selenio. Tuttavia, l’insorgenza di questa malattia può essere determinata anche da altri fattori e il suo nome inglese (mulberry) viene tradotto in italiano con il termine gelso, a richiamare le lesioni emorragiche caratteristiche che si riscontrano a livello del cuore dei soggetti affetti.
La Mulberry Heart Disease (MHD), comunque, non rientra tra le patologie di frequente riscontro in allevamento, ma, quando si manifesta, causa non pochi problemi all’allevatore, che, da un giorno all’altro, si può trovare diversi suini belli (tra i 3-4 mesi di vita e i 20-25 kg) improvvisamente morti.
Di fronte a una tale situazione, tuttavia, bisogna prestare attenzione a non essere di fronte ad altre patologie anch’esse responsabili di mortalità improvvisa, quali la malattia degli edemi, l’APP e la streptococcosi. A tale scopo, una necroscopia sui soggetti morti potrebbe già indirizzare in maniera abbastanza certa sulla MHD, anche se la certezza diagnostica si ottiene solamente in seguito alle analisi effettuate da parte degli IZS. Le lesioni post-mortem caratteristiche della MHD sono rilevabili soprattutto a livello di cuore e fegato.
Foto 1: cuore in suino affetto da MHD
All’apertura dell’animale, l’interno della cavità cardiaca sarà pieno di fluido gelatinoso e fibrinoso, di colore giallo, e il cuore apparirà completamente striato di emorragie (Figura 1), sia esternamente che internamente (nella parte interna della membrana che avvolge il cuore). Anche il fegato presenterà sulla sua superficie delle aree emorragiche scure miste ad aree, funzionanti, chiare, oltre ad apparire di dimensioni maggiori rispetto al normale (Figura 2).
Foto 2: fegato in suino affetto da MHD
Una volta diagnosticata la MHD, diventa interessare capire il perché essa si manifesta e le cause associate alla sua comparsa. In realtà, attualmente, non è ben chiaro il meccanismo che scatena la patologia, tuttavia sembrerebbe che la malattia derivi da un mancato equilibrio tra i radicali liberi e gli scavengers, ovvero delle sostanze capaci di trasformare i radicali liberi (reattivi e tossici) in composti non radicalici (non reattivi e non tossici). È possibile immaginare i radicali liberi come dei fulmini e gli scavengers come dei parafulmini: anche se sono presenti dei fulmini in città, le scariche elettriche, derivanti da questi, verranno attratte e disperse dai parafulmini, senza causare danni ad edifici ed oggetti. Allo stesso modo, gli scavengers (parafulmini), normalmente prodotti dalle cellule dell’organismo, attraggono e mutano i radicali liberi (fulmini), molecole reattive e tossiche anch’esse normalmente prodotte dall’organismo, rendendoli innocui per le cellule e i tessuti del corpo. In minoranza di scavengers (come in minoranza di parafulmini), i radicali liberi (e i fulmini) causerebbero un importante danno a ciò che incontrano, denominato “danno ossidativo”, con effetti negativi sull’intero organismo. La vitamina E e la glutatione perossidasi, di cui il selenio rappresenta un componente, fanno parte degli scavengers e, una loro carenza, potrebbe causare un grave danno ossidativo, soprattutto alle cellule del cuore, del fegato e del muscolo scheletrico, con conseguente malfunzionamento di questi organi e morte improvvisa dell’animale.
Esistono anche altri fattori che possono determinare un aumento del danno ossidativo e, quindi, l’insorgenza della MHD, come lo stress, una maggiore concentrazione di ferro nei tessuti, un aumento di calcio, una diminuzione di magnesio e diete contenenti olio di mais, acidi grassi polinsaturi, aflatossine e troppa vitamina A. Alcuni soggetti potrebbero anche essere geneticamente predisposti a subire danni ad opera dei radicali liberi, o possedere un metabolismo alterato della vitamina E, o, ancora, nascere con una minore disponibilità di vitamina E, rendendo così questi animali più predisposti alla comparsa della malattia.