(Dott. Claudio Mazzoni)

Il vaiolo suino è stato segnalato per la prima volta in Europa da Spinola nel 1842. Le forme cliniche sono ascrivibili al poxvirus vaccino e a quello del suino (Manninger et al., 1940; Shope, 1940). Dopo l’introduzione della vaccinazione con il poxvirus vaccino nell’uomo, seguita dalla eradicazione del vaiolo, è praticamente scomparsa anche l’infezione da virus vaccino nel suino (Meyer & Conroy 1972). È interessante ricordare che lo stesso Jenner il 17/12/1789, sette anni prima dello storico esperimento di immunizzazione su di un bambino mediante virus vaccino estratto dalle pustole di una mungitrice, eseguì con il virus del suino il primo tentativo riuscito di immunizzazione protettiva su tre persone, tra cui suo figlio, successivamente sottoposte a variolizzazione con virus patogeno umano, che però non diede origine alla malattia (Friedman e Friedland, 2000).

Il poxvirus suino (PA) è un DNA virus che fa parte della famiglia Poxviridae come unico membro del genere Suipoxvirus (Matthews et al., 1979) ed è strettamente specie specifico (Datt, 1964).

Il vaiolo suino è malattia presente in tutto il mondo. I suini di tutte le età possono infettarsi, ma la malattia è maggiormente evidenziabile nei soggetti giovani. Si presenta in una forma congenita ed una forma post-natale.

Sebbene sia piuttosto rara, i tre isolamenti di forma congenita ed i due di forma post-natale degli ultimi tre anni, ci hanno portato a riconsiderare un minimo questa infezione.

La forma congenita (o diffusa), è causata dal passaggio del virus per via transplacentare (Paton et al., 1990). Il vaiolo suino congenito è stato segnalato per la prima volta nel 1990 in quattro allevamenti con anamnesi negativa per questa malattia (Borst et al., 1990). Il meccanismo patogenetico suggerito prevede che scrofe indenni possano diventare viremiche una volta infettate e che, in caso di gravidanza, il virus possa raggiungere le membrane fetali (Cheville, 1988). Non tutti i feti di una stessa covata sono soggetti ad infezione; questo fatto viene imputato sia ad un basso titolo di viremia nella scrofa (Borst et al., 1990) che ad una suddivisone della placenta in compartimenti che limitano la diffusione intrauterina del virus (Barlow et al. 2000). A seguito dell’infezione congenita si possono osservare natimortalità e mortalità neonatale. I tassi di mortalità delle covate variano dal 14 al 50% e generalmente risultano più colpite le covate delle scrofette di rimonta (Barlow et al. 2000).

Nel caso dell’infezione post-natale (a focolaio) la malattia si presenta normalmente in forma lieve o subclinica e, sebbene la morbilità possa essere elevata, la mortalità è molto bassa. Una volta che l’allevamento si è infettato, la malattia diventa endemica.

Il pidocchio del suino (Haematopinus suis) ed altri insetti morsicatoti sono considerati come importantissimi vettori meccanici dell’infezione (in questi il virus è in grado di moltiplicare e di infettare altri suini). Anche le lesioni della pelle hanno un importante ruolo epidemiologico (Shope, 1940). Il periodo di incubazione è solitamente di 2-6 giorni (Barlow et al. 2000), cui seguono le caratteristiche lesioni: macula (arrossamento), papula (arrossamento con edema), vescicola (essudato sieroso all’interno della lesione; che nel suino non è sempre presente) e pustola o crosta (essiccamento della lesione, con formazione di escare- Fig. 1) (Miller & Olson, 1978), all’interno della quale, una volta essiccatasi, il PS  può essere ritrovato anche dopo 12 mesi (garantendo così la persistenza del virus in allevamento). Il tempo intercorrente tra la comparsa della macula e la guarigione è di 2-4 settimane. Dopo la guarigione, i soggetti risultano immuni in modo permanente (Barlow et al. 2000).

Alla visita clinica i suinetti colpiti mostrano su tutta la superficie cutanea lesioni diffuse (forma congenita) con ponfi piuttosto evidenti, margini delineati, ben evidenti, circolari e del diametro di 2-3 millimetri e di colore biancastro. Nei soggetti colpiti nelle settimane successive (forma post-natale), le stesse lesioni sono in forma meno generalizzata, con localizzazione quasi esclusiva agli arti e tendenti a confluire nelle porzioni più distali, del diametro di 0.5-1 cm ed hanno una colorazione bruna, ed aspetto crostoso ed omogeneo. Sulla sommità di questa era possibile rinvenire una lieve depressione.

 

Diagnosi di laboratorio

L’esame istologico delle lesioni cutanee evidenzia ulcere superficiali ricoperte da croste sierose, dermatite e folliculite, mentre la loro microscopia elettronica permette l’isolamento delle particelle virali del Poxvirus suino (Gibbs et al. 1980).

Prognosi

La forma congenita è sempre infausta sia a causa dell’azione diretta del virus sui feti, sia per la possibile presenza di lesioni sulla lingua che, vista l’entità delle lesioni piuttosto ingombranti, limitano considerevolmente la suzione del suinetto (Barlow et al. 2000). I soggetti colpiti dalla forma post-natale generalmente continuano la loro carriera zootecnica senza ulteriori problemi. 

 

 

 

 

 

Per maggiori dettagli vi rinviamo a:

Mazzoni C., Gherpelli M., Dottori M., Merialdi G., Bonilauri P. (2002), “Descrizione di un caso di diarrea in suinetti nella fase di post-svezzamento con massiva infestazione di Balantidium coli”, atti del XXVIII meeting annuale SIPAS di Piacenza, 14-15 Marzo 2002, pag. 229-236

 

Bibliografia:

Barlow, A.M. e Grist, C. 2000. An outbreak of congenital pig pox. The Pig Journal 46, 118-121

Borst, G.H.A.; Kimman, T. G.; Gielkens, A.L.J.;  e Van der Kamp, J.S. 1990. Four sporadic cases of congenital swinepox. Vet. Rec. 127, 61-63.

Cheville, N.F. 1988. Introduction to veterinary pathology. Ames, Iowa State University Press, p. 61.

Datt N.S. 1964. Comparative studies of pigpox and vaccinia viruses. I. Host range pathogenicity. J. Comp. Patol. 74, 62-80.

Friedman, M. e Friedland G. W. 2000. Le 10 più grandi scoperte della medicina. B&C p.129

Gibbs, E.P.J.; Smale C.J.; e Voyle C.A. 1980. Electron microscopy as an aid to the rapid diagnosis of virus diseases of veterinary importance. Vet Rec. 106, 451-458.

Manninger, R.; Csontos, J.; e Salyi, J. 1940. Uber die Atiologie des pockenartigenAusschlages der Ferker. Arch. Tierheilkd. 75, 159.

Matthews, R. E. F. 1979. Classification and nomenclature of viruses. Intervirology 12, 160-164.

Meyer, R. C. e Conroy, J. D. 1972. Experimental swine pox in gnotobiotic piglets. Res. Vet. Sci. 13, 334-338.

Paton D. J.,Brown, I. H., Fiton, J. e Wrathall, A.E. 1990. Vet. Rec. 127, 204

Shope, R. E. 1940. Swine pox. Arch. Gesamte Virusforsech. 1, 457-467

Spinola, M 1842. Krankheiten der schweine. Berlin: A. Hieschward, p. 204.