Review: cosa sappiamo della Peste Suina Africana (PSA)-Parte 1 di 2

(dott.ssa Francesca Grapelli)

Introduzione

La peste suina africana (African Swine Fever, in inglese o PSA in italiano) è una malattia emorragica virale con una letalità eccezionalmente elevata nei suini domestici e nei cinghiali eurasiatici. Nonostante l'estensione limitata dell'ospite e l'assenza di potenziale zoonosico, la malattia è soggetta a notifica presso l'Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE), dal momento che l’impatto socioeconomico che comporta è molto elevato.

Il virus alberga nei suidi selvatici – ospite serbatoio – che, attraverso le proprie secrezioni, contaminano l’ambiente circostante; la resistenza ambientale di tale virus rende gli oggetti inanimati (carcasse, utensili) e gli artropodi (zecche molli) dei vettori rilevanti.

“Il virus della PSA è (1000) piedi avanti a noi!”: non esistono né vaccini né trattamenti attualmente disponibili e l’unica forma di (teorico) controllo è la biosicurezza, che, ahimè, è un concetto ancora sottovalutato nella suinicoltura italiana del XXI secolo.

L’origine del virus della PSA è equatoriale, si ipotizza che la culla possa essere stata l'Africa sub-sahariana. Nel 2007 è stato per la prima volta isolato in Georgia, poi, passando per la Russia, ha invaso l'Unione Europea nel 2014, colpendo anche l’Italia settentrionale, allora indenne. Nell’agosto del 2018, la malattia ha travolto pesantemente la suinicoltura cinese.

Le proprietà del virus

Il virus della peste suina africana è un virus a DNA, a doppio filamento, della famiglia degli Asfarviridae e, per le sue notevoli dimensioni, è stato inserito nell’Ordine dei Megavirales, contenente il clade monofiletico ed eterogeneo dei virus a DNA di grandi dimensioni nucleocitoplasmatici (NCLDV).

Il virione ha un diametro complessivo di 175-215 nm e comprende, partendo dall’interno:

Nucleoide: è costituito da un doppio filamento di DNA; i genotipi oggi conosciuti sono il genotipo I e il genotipo II e, come la maggior parte dei virus a DNA, il virus della PSA è molto stabile e poco incline alle mutazioni genetiche. Ogni ceppo virale può presentare tra le 151 e 167 cornici di lettura aperte (ORF-open reading frame). Il genoma codifica molte proteine che sono coinvolte nell'assemblaggio del virus, nella replicazione e nella riparazione del DNA. Altre proteine prodotte sono coinvolte nella modulazione immunitaria della cellula ospite, ad esempio, interferendo con l'interferone di tipo I e con le vie di morte cellulare;

Membrana interna: consiste in uno strato lipidico;

Capside (interno ed esterno): è costituito dalla ripetizione di subunità proteiche, dette capsomeri, che, in questo caso, si dispongono in modo icosaedrico;

Envelope: è il rivestimento più esterno ed essendo di natura lipidica rende il virus estremamente resistente nell’ambiente esterno. Questo strato è composto da una proteina - CD2v- che funge da recettore di adesione di superficie dei linfociti T CD2 ed è quindi necessaria per il fenomeno dell'emadsorbimento che determina l’incipit della patogenesi, ma, anche, probabilmente, la replicazione nel vettore artropode. I ceppi attenuati hanno spesso proteine CD2v troncate.


Non avendo tuttora il sequenziamento genomico del virus in alta qualità, rimangono sconosciuti i geni della virulenza, l’esatto areale di ospiti del virus e la precisa interazione che viene a crearsi tra virus, vettore ed ospite e, soprattutto, il tipo di reazione immunitaria che si innesca nell’ospite. 

Il virus è altamente stabile nell'ambiente e nei prodotti a base di carne suina crudi. Un ambiente fresco, umido e ricco di proteine ne favorisce la sopravvivenza. Pertanto, il virus della PSA rimane infettivo:

-  nella carne refrigerata fino a 17-33 giorni;

-  nel prosciutto stagionato fino a 1 anno;

-  nel letame liquido per oltre 100 giorni;

- nel sangue a 37°C il virus sopravvive fino a 18 giorni;

- nelle urine a 37°C per 4 giorni e nelle feci per 3 giorni;

- nelle carcasse permane per 3-4 giorni;

- qualche ora all’interno degli impianti di biogas, qualora fosse presente una digestione termofila o qualche giorno, qualora fosse presente una digestione mesofila.

Il virus della PSA può essere inattivato da:

-  esposizione alle radiazioni UV;

-  attraverso 2 ore di essiccazione;

-  cottura a 60°C per 30 min;

- detersione con un detergente fortemente alcalino e successiva applicazione di un disinfettante, tra quelli indicati nel Manuale Operativo Pesti Suine (Rev. n. 3 - dicembre 2022), come la soda caustica 2%, carbonato di sodio 40%, ortofenilfenolo 1%, ortofenilfenolo 5%.

Non si è ancora del tutto compreso il ruolo di vettore dell’alimento, dell’acqua e della lettiera, e al riguardo, ulteriori ricerche sarebbero da implementare, soprattutto a proposito della lettiera che oggi è proposta come arricchimento ambientale ottimale dalle guide Classyfarm come fattore limitante la morsicatura della coda in allevamento.  Le procedure di detersione e disinfezione non sono applicabili all’ambiente esterno, sito di ritrovamento delle carcasse, e neppure a superfici legnose, che possono ritrovarsi ancora in alcuni allevamenti (legnetti per l’arricchimento ambientale, assi di legno, ecc), per cui, anche in questa direzione sarebbe importante sollecitare nuove ricerche.

Segni clinici

I segni clinici della PSA sono molto variabili e dipendono dalla virulenza del ceppo, dall'età e dallo stato immunitario degli animali.

Il periodo di incubazione varia tra i 5 e i 10 giorni. È possibile osservare forme cliniche iperacute, acute, croniche o subcliniche:

- forma iperacuta: questi ceppi virali sono altamente virulenti e possono arrivare al 100% di tasso di letalità, entro 7-10 giorni. I segni clinici sono spesso aspecifici e comprendono febbre alta, anoressia, segni respiratori e gastrointestinali (vomito e diarrea), cianosi, atassia, coma ed infine morte improvvisa. Le scrofe gravide possono abortire. Nella fase finale, gli animali colpiti possono mostrare convulsioni. Nonostante questa malattia sia fatta rientrare nell’elenco delle cosiddette “malattie rosse”, solo in alcuni casi si sono osservati anche sintomi emorragici;

- Forma acuta: si tratta di ceppi moderatamente virulenti che determinano un quadro clinico acuto con febbre elevata, anoressia, affaticamento ed abbattimento, sintomi respiratori e gastrointestinali aspecifici; una scrofa gravida può abortire. In questo caso, il tasso di mortalità è del 30–70%;

- Forma cronica o subclinica: i sintomi, in questo caso, sono altamente aspecifici e la mortalità è molto bassa.

Come reagiscano le cellule del sistema immunitario dell’ospite è ancora sconosciuto, quello che è noto è che il virus penetra le cellule del sistema mononucleare-fagocitico per endocitosi, eludendone i meccanismi di difesa e iniziando a replicarvi. La risposta umorale richiede almeno 7-10 giorni per attivarsi e, comunque, anche in tal caso, non è risolutiva poiché gli anticorpi non sono in grado di neutralizzare completamente il virus.

E se la letalità non è del 100%, i sopravvissuti sono portatori? Anche questo fattore è tuttora sconosciuto.

Lesioni anatomopatologiche

I reperti anatomo-patologici, come detto, non dipendono dal decorso della malattia e riflettono la suddetta variabilità nella presentazione clinica. Finora i reperti registrati dopo l'infezione con gli isolati di PSA eurasiatico comprendevano:

-  Linfonodi epatici e/o gastrci emorragici e megalici;

-  Splenomegalia;

-  “Rene a uovo di tacchino”, ossia petecchie emorragiche visibili sulla capsula renale;

-  Emorragie viscerali, tra cui, le più frequenti alla vescica, alla parete dello stomaco;

-  Edema polmonare.

Epidemiologia

L’origine del virus della PSA è equatoriale, si ipotizza che la culla possa essere stata l'Africa sub-sahariana e, come la maggior parte delle malattie emergenti esotiche, quando ha toccato i territori euroasiatici nel 2018 si è trasformata in una terribile minaccia per la filiera suinicola.

Attualmente è ancora presente in Asia e in Europa. Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Moldavia, Macedonia del Nord, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Svezia e Ucraina hanno focolai recenti di peste suina africana notificata in cinghiali selvatici, ma Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Lettonia, Croazia, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Moldavia, Macedonia del Nord e Polonia hanno segnalato recentemente la malattia anche nel suino domestico. In Asia sono tuttora coinvolti Hong Kong, Thailandia, Myanmar, Mongolia, Bhutan, Indonesia, Singapore.

In Italia

In Italia, le regioni che sono coinvolte dalla peste suina africana sono la Sardegna, in cui circola il virus genotipo I dal 1978, il Lazio, la Campania, la Calabria, il Piemonte, la Liguria, la Lombardia e l’Emilia Romagna. Nelle regioni settentrionali il virus ha iniziato a diffondersi rapidamente a partire dal 7 gennaio 2022 quando è stato isolato il genotipo II in un cinghiale, in Piemonte. In un anno e mezzo tra Piemonte e Liguria sono stati identificati 800 cinghiali positivi, senza alcuna notifica di malattia nel domestico; il fronte di avanzamento epidemico sta viaggiando, in senso eccentrico, a 50 km/anno. La PSA, difatti, è giunta in Lombardia, a giugno, facendo la sua comparsa prima nei cinghiali e poi nel domestico, nella provincia di Pavia, arrivando ad infettare anche l’Emilia Romagna, dove sono, ad oggi, stati notificati 9 focolai nei cinghiali a Piacenza. A fine anno 2023, sul territorio italiano sono presenti zone di restrizione e una zona infetta, a Pavia; nelle sole regioni di Lombardia, Sardegna, Lazio e Calabria il virus è stato isolato nel domestico.  

 

Il profilo genetico del virus isolato sul territorio continentale mostra somiglianza con quello circolante in Europa, mentre è completamente diverso dal virus sardo. Pertanto, al momento si stima che la via di

ingresso potrebbe essere legata prevalentemente alle attività dell’uomo, come l’abbandono nell’ambiente di resti di alimenti a base di carne suina non controllati e provenienti da Paesi infetti dell’Est Europa e il trasporto del virus mediante mezzi di locomozione e movimentazioni degli animali selvatici (cinghiali).

È ancora in corso di studio l’epidemiologia che spiegherebbe il ritrovamento, a settembre, nel comune sardo di Nuoro, il genotipo I in tre suini.

 

Qui la seconda parte dell'intervento

Bibliografia
  • African swine fever – A review of current knowledge,  Sandra Blome, Kati Franzke, Martin Beer, 2020
  • Video IZS-Ve: Emergenza PSA. Informazioni per gli allevatori: https://www.youtube.com/watch?v=pSSGflEWmMY
  • OIE WAHIS, visitato online il 15 dicembre 2023
  • Animal Disease Notification System of the European Commission, visitato online 15 dicembre 2023
  • https://www.salute.gov.it/portale/pesteSuinaAfricana/dettaglioContenutiPSA.jsp?lingua=italiano&id=5955&area=pesteSuinaAfricana&menu=vuoto
  • Bollettino epidemiologico nazionale- Peste Suina Africana:https://storymaps.arcgis.com/stories/7f16f51731654a4ea7ec54d6bc1f90d4
  • Peste Suina Africana, presentazione IZS-Ve: https://www.izsvenezie.it/documenti/comunicazione/materiale-editoriale/1-comunicazione-scientifica/appunti-scienza/peste-suina-africana.pdf