(di Diletta Neri)

Sono diversi gli aspetti epidemiologici della Peste Suina Africana (PSA) che sono stati valutati dal recentissimo report del Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) pubblicato in dicembre 2024, che ha utilizzato revisioni della letteratura, studi sul campo, questionari e modelli matematici per fare una lista dei rischi più concreti. Le prime variabili considerate sono state quelle legate al sistema di allevamento dei suini domestici, includendo soprattutto quelle relative alla biosicurezza ed alla gestione aziendale. A seguire, sono stati identificati fattori di rischio significativi legati all'habitat dei cinghiali selvatici (in particolare riguardanti la presenza di bacini idrici e vegetazione, come foreste e colture). Non ultimi, importanti anche fattori socioeconomici dell’area, come la densità della popolazione umana, e dell’allevamento e dell’allevatore (ad esempio, istruzione e condizioni economiche). 

Allevamenti infetti contro sani: uno studio caso-controllo 

Lo studio è stato realizzato in tre paesi: Lituania, Polonia e Romania. In ciascun paese, ogni allevamento commerciale oggetto di focolaio di PSA è stato abbinato in modo casuale a due allevamenti di controllo (sani) della stessa fascia di dimensione (cioè 10–30, 31–200, 201–1000, > 1000 suini) e situati nella stessa area geografica.

Sebbene negli ultimi anni siano state condotte diverse revisioni sui fattori di rischio coinvolti nell'epidemiologia della PSA in Europa, la revisione sistematica della letteratura pubblicata dall’EFSA nel dicembre 2024 è l'unica che ha considerato esclusivamente studi scientifici che valutavano quantitativamente i fattori di rischio. Ovvero che rispondevano alla domanda: quanto è rischioso questo o quel fattore? 

I comportamenti umani come il principale fattore di rischio

I risultati della ricerca hanno evidenziato che i sistemi socioeconomici e aziendali (in particolare la biosicurezza) sono i fattori di rischio più significativi per la PSA nei suini domestici. Analogamente, anche studi italiani firmati dal gruppo di lavoro di Silvia Bellini e colleghi (Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna) hanno identificato le attività e i comportamenti umani come il principale fattore di rischio (potenzialmente influenzato proprio dai fattori socioeconomici identificati dall’EFSA), insieme alla biosicurezza. Gli autori italiani avevano affermato che fattori come "alimentazione con scarti e macellazione in azienda", "attività umane e gestione aziendale" e "commercio di suini e prodotti" fossero i più rilevanti per l'introduzione della PSA negli allevamenti suini. D’altra parte, anche Chenais et al. (2019) discussero il ruolo importante degli esseri umani nello scenario europeo in relazione alla trasmissione a lunga distanza e all'introduzione negli allevamenti suini. Tuttavia, ottenere dati su questi temi non è semplice, poiché le azioni umane sono difficili da registrare. Allo stesso modo, alcune domande nei questionari sulla biosicurezza possono essere soggette a risposte influenzate dalla soggettività e da meccanismi di difesa personale, specialmente in situazioni di epidemia, quando gli allevatori potrebbero cercare di nascondere informazioni rilevanti (ad esempio, visitatori nei giorni precedenti, nuovi animali introdotti, circostanze eccezionali).

Conosciamo bene la biosicurezza, ma a volte siamo superficiali

Le misure di biosicurezza per prevenire la PSA sono spesso ben conosciute, ma non sempre adeguatamente applicate, a causa di una complessa combinazione di fattori economici, politici, culturali ed ecologici. Pertanto, il coinvolgimento di sociologi nella progettazione degli studi e nelle campagne di sensibilizzazione e controllo è essenziale per garantire il raggiungimento del pubblico target ed evitare che subentrino proprio i meccanismi di difesa personale che insorgono a vvolte anche inconsciamente.

L’habitat dei cinghiali influisce nell’82% degli studi

I fattori ambientali (dunque l’habitat dei cinghiali) sono la terza categoria più studiata nella letteratura (dopo il sistema di allevamento suino e i fattori socioeconomici), e sono risultati significativi nel rischio di infezione negli allevamenti domestici nell'82% degli studi. Certamente, l’importanza della tipologia di habitat a disposizione per il cinghiale riflette molto probabilmente il rischio rappresentato dalla presenza di PSA nei cinghiali nelle vicinanze. E certamente, l’82% degli studi che confermano come l’habitat del cinghiale sia determinante è una percentuale molto alta. Tuttavia, non è pari alla totalità dei casi. Perché? Sicuramente perché, come dimostrato in alcuni paesi europei, una buona biosicurezza può ridurre il rischio di introduzione della PSA negli allevamenti suini anche in aree dove la malattia è presente nei cinghiali.

Lettiera a rischio quando gestita negli allevamenti famigliari o di piccole dimensioni

L'uso di materiali per la lettiera è stato precedentemente analizzato in due studi in Europa. Negli allevamenti familiari in Romania, la presenza di lettiera con paglia è risultata associata a una minore probabilità di infezione negli allevamenti di piccole dimensioni (Boklund et al., 2020). Purtroppo però, questo risultato è in contrasto con i dati riportati negli allevamenti intensivi commerciali nello studio dell’EFSA, dove l'uso di paglia come materiale per la lettiera è stato identificato come un fattore di rischio. Va però sottolineato come, nello studio caso-controllo sugli allevamenti commerciali presentato da quel report, la lettiera era più frequentemente presente negli allevamenti di dimensioni ridotte. La dimensione mediana degli allevamenti che utilizzavano lettiera era infatti soltanto di 127 suini, rispetto alla mediana di 1788 suini negli allevamenti che non utilizzavano lettiera.

Lettiera: quarantena di un mese

In un altro studio caso-controllo condotto in allevamenti commerciali in Estonia, lo stoccaggio non sicuro dei materiali per la lettiera è risultato significativamente associato alla PSA nei suini domestici (Viltrop, Reimus et al., 2021). Studi sperimentali recenti hanno isolato il virus della PSA in fieno, torba e segatura conservati a 4°C per 7 giorni, mentre il virus non è stato isolato a temperature più alte. Tuttavia, il virus della PSA è stato isolato da materiale composto da corteccia di legno conservata a 4°C fino a 28 giorni e a 10°C fino a 7 giorni dopo l'esposizione (Blome et al., 2024). Questo indica che potrebbe esistere un rischio potenziale legato ai materiali per la lettiera che necessita di ulteriori approfondimenti, inclusi aspetti relativi allo stoccaggio e allo smaltimento.

Non spandere il liquame del vicino

Prima di questo studio caso-controllo pubblicato a fine 2024 dall’EFSA, la revisione sistematica della letteratura aveva indicato che il letame e le reti anti-insetto non erano mai stati studiati quantitativamente in Europa. Ora però le informazioni a disposizione relativamente a questi due aspetti si aggiungono al puzzle del rischio a disposizione per difendersi dalla PSA: l'uso di liquame proveniente da altre aziende nelle aree circostanti al proprio allevamento (a meno di 500 metri!) o l'assenza di reti anti-insetto su finestre e aperture (incluse quelle per le ventole) sono risultati significativamente correlati all'incursione della PSA. Nello specifico, se il liquame proveniente da altri allevamenti è sparso nel raggio di meno di 500 metri dall'allevamento, il rischio che quell’allevamento si infetti è di quasi 7 volte maggiore. L’assenza di reti anti-insetto, invece, fa alzare il rischio di infettarsi di più di 8,5 volte (tabella 1).

Gli allevamenti vicini ai focolai domestici si infettano molto più facilmente

Nonostante diversi fattori di biosicurezza siano stati indagati negli studi caso-controllo finanziati dall'EFSA in tre paesi (Malakauskas et al., 2024; Mihalca et al., 2024; Szczotka-Bochniarz et al., 2024), generare evidenze sul campo relative a misure specifiche di biosicurezza è una sfida, poiché il lavoro sul campo è costoso, richiede molto lavoro ed è necessario accedere rapidamente agli allevamenti colpiti dopo le epidemie per raccogliere informazioni tempestive. La stessa distanza dagli allevamenti positivi è risultata essere un fattore di rischio: gli allevamenti caso avevano una distanza mediana di 3,8 km dall'allevamento con il focolaio più vicino, mentre gli allevamenti di controllo avevano una distanza mediana di 34 km dal focolaio più vicino. L'uso di indicatori globali di biosicurezza armonizzati tra gli studi potrebbe potenzialmente aiutare a ottenere risultati più concreti che possano migliorare la gestione della malattia.

Variabile Rischio
Utilizzo di lettiera  8,65 volte più rischioso
Il liquame proveniente da altri allevamenti è sparso nel raggio di meno di 500 metri dall'allevamento  6,72 volte più rischioso
Utilizzo di reti anti-insetti davanti ad ogni finestra e punto di ingresso dell'aria (incluse le ventole) 78% di probabilità in meno
Molta distanza dal più vicino focolaio domestico di Psa 91% di probabilità in meno

Tabella riassuntiva: Variabili significative nel determinare il rischio di introduzione del virus della PSA in allevamento (tratto e modificato da EFSA, 2024)

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Articolo tratto da Rivista di Suinicoltura: è possibile trovare l'articolo completo nel numero di gennaio 2025