SUIVET

Suinicoltura + Suinicultura

Definizione di norma giuridica

La norma giuridica è una regola che disciplina la vita all'interno di una società. L'insieme delle norme giuridiche di una società è detto ordinamento giuridico. La norma giuridica si distingue da altre tipologie di regole (es. regole religiose, di condotta morale o sociale ecc) per la presenza delle seguenti caratteristiche peculiari:

  • Generalità. Una norma giuridica deve essere generale. Deve rivolgersi alla generalità di persone appartenenti alla collettività e non a singoli individui.
  • Astrattezza. Una norma giuridica deve essere astratta. Deve dettare le regole di comportamento per una situazione astratta a cui ricondurre i vari fatti della realtà. Non deve regolamentare specifichi casi concreti.
  • Imperatività. Il rispetto della norma giuridica deve essere obbligatorio. Una norma giuridica può essere associata alla presenza di una sanzione da imporre al trasgressore.

La generalità e l'astrattezza sono condizioni necessarie della norma giuridica. La caratteristica di imperatività, invece, può non essere sempre presente. Ciò accade, ad esempio, nelle disposizioni di legge derogabili in cui i soggetti possono sostituire le norme giuridiche con altre disposizioni di legge. Inoltre, non tutte le norme giuridiche sono associate ad una sanzione per il loro mancato rispetto.
Perché questo determinato tipo di organizzazione (ordinamento giuridico) conquisti la fiducia del cittadino venendo così accettata spontaneamente, se non proprio volentieri, occorre che si basi su norme che presentino le seguenti caratteristiche:

  1. Semplicità e chiarezza;
  2. Precetto facilmente eseguibile;
  3. Equa;
  4. Sanzione appropriata ,proporzionale e giusta;
  5. Ampia divulgazione;
  6. Giusta applicazione.
Rispetto alle sei caratteristiche sopra enunciate, leggendo le normative settoriali sui medicinali veterinari e sui mangimi medicati, risulta difficile, se non impossibile trovarvi almeno le prime quatto voci.

Infatti, si potrebbe dire che per tali normative, le caratteristiche percepite sono:
1.Complessità e mancanza di chiarezza;
2. Precetto difficilmente eseguibile;
3. Iniqua;
4. Sanzione inappropriata, sproporzionata ed ingiusta.
Nelle prossime trattazioni della rubrica, saranno approfondite tali tematiche, mettendo in risalto i contorni di tali caratteristiche percepite.

Definizione di interpretazione della legge

Nel diritto l'interpretazione è l'attività volta a chiarire e stabilire il significato delle disposizioni, ossia degli enunciati nei quali si articola il testo di un atto normativo, in vista della loro applicazione nei casi concreti.
L'attività d'interpretazione delle norme è sicuramente alla base dello studio del diritto, in quanto cerca di andare oltre il semplice significato letterale delle parole usate per cogliere gli aspetti fondamentali di una norma ed applicarla alle svariate situazioni concrete per cui è stata creata; già da queste prime battute ci accorgiamo che interpretare una legge è un'attività più complessa di quello che appare, perché il semplice coordinamento delle parole di cui è composta, pur costituendo un fondamentale punto di partenza, non basta, e ciò per una serie di ragioni, riassumiamole:

  • evoluzione sociale: le leggi restano in vigore per molti anni (a volte anche secoli) dopo la loro promulgazione, ma continuano ad applicarsi nonostante il mutare della società;
  • coordinamento con altre norme: una legge non è un isola, ma è inserita in un sistema più vasto di norme e tutte si inspirano a principi fondamentali che nel nostro ordinamento sono sanciti nella Costituzione e nella nostra tradizione giuridica.

Avendo ben chiare queste premesse, cerchiamo di verificare come il legislatore vuole che sia svolta l'attività d'interpretazione; riportiamo, quindi, il primo comma dell'art. 12 delle Preleggi relativo all'interpretazione della legge:

Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.

Per applicare è necessario prima interpretare e per interpretare bisogna, secondo l'art 12, in primo luogo:

  1. individuare il senso palese delle parole secondo la connessione di esse, cioè procedere ad una interpretazione letterale;
  2. attraverso l'interpretazione letterale bisogna ricercare l'intenzione del legislatore: interpretazione logica.

Come si vede si tratta di due passaggi successivi:
1. interpretazione letterale ----> 2. individuazione della volontà del legislatore.
Ma come è possibile ricercare l'intenzione del legislatore, la voluntas legis?
Possiamo usare diversi criteri.
Il primo è quello storico, che cerca il l'intenzione del legislatore in relazione al momento storico in cui è stata emanata: interpretazione storica.
Con il secondo s'interpreta la legge in connessione e riferimento della sua collocazione dell'intero sistema normativo: interpretazione sistematica.
Esaurita in maniera completa l'attività d'interpretazione (letterale e logica) si perverrà a dei risultati che potranno essere non perfettamente coincidenti con il significato delle parole usate nella legge. In conseguenza di ciò potremmo avere:

  1. interpretazione restrittiva, quando si restringe il significato della parola usata dal legislatore, cioè si limita l'uso normale di quel termine;
  2. interpretazione estensiva, quando, all'opposto si estende il significato delle parole oltre l'uso cui sono normalmente destinate.


Consideriamo infine il caso in cui interpretazione letterale e logica coincidano perfettamente, caso in verità abbastanza raro. Si parla in questi casi di interpretazione dichiarativa.
Chiudiamo il discorso sull'interpretazione considerando i soggetti da cui proviene; possiamo distinguere:

  • interpretazione giudiziale, compiuta dal giudice nell'ambito di un giudizio, e vincolante solo per le parti in causa;
  • interpretazione dottrinale, effettuata dagli studiosi il diritto, non è vincolante ma costituisce un orientamento per i pratici del diritto; 
  •  interpretazione autentica, compiuta dallo stesso legislatore e in quanto tale, vincolante,attraverso apposite norme da lui emanate per chiarire il significato di altre norme (norme interpretative).
Appare chiaro ed evidente che l’opera di interpretazione di una legge, non può essere mai svolta dal medico veterinario, sia esso prescrittore di medicinali e/o mangimi medicati, sia esso controllore, che si deve, altresì, occupare solamente di applicare, o verificare l’applicazione del precetto.

Criterio della gerarchia delle fonti

Nell'ordinamento giuridico italiano, si ha una pluralità di fonti di produzione; queste sono disposte secondo una scala gerarchica, per cui la norma di fonte inferiore non può porsi in contrasto con la norma di fonte superiore (gerarchia delle fonti). nel caso in cui avvenga un contrasto del genere si dichiara l'invalidità della fonte inferiore dopo un accertamento giudiziario, finché non vi è accertamento si può applicare la "fonte invalida".
Il Trattato di Lisbona (Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 2 agosto 2008, n. 130) è entrato in vigore il 1° dicembre 2009 dopo che anche l’ultimo Stato membro, la Repubblica ceca, ha depositato il proprio strumento di ratifica.
Le modifiche ai Trattati vigenti sono numerose e riguardano sia la composizione delle istituzioni sia le competenze dell’Unione europea.
L’entrata in vigore di tale trattato, ha inciso profondamente sulla gerarchia delle fonti degli ordinamenti nazionali dei paesi UE.
La nuova denominazione del Trattato sulla Comunità europea, lungi dall’essere meramente formale, rivela il ben più significativo cambiamento costituito della scomparsa della Comunità europea come soggetto giuridico e della sua sostituzione da parte dell’Unione europea (art. 1, par. 3 TUE) che acquisisce piena personalità giuridica anche nei settori della PESDC (politica estera e di sicurezza comune) e della GAI (Giustizia e affari interni).
Su tali presupposti quindi il giudice nazionale deve dare immediata attuazione al diritto fondamentale che abbia la propria fonte nella Carta, non applicando la norma nazionale eventualmente contrastante.
La nuova Costituzione Europea chiarisce la ripartizione delle competenze tra l'Unione europea (UE) e gli Stati membri, ed espone, in un titolo specifico, i principi che disciplinano tale ripartizione e le diverse categorie di competenza. La classificazione generale delle competenze stabilita dall'articolo I-12 della Costituzione distingue tre categorie di competenze, e precisamente le competenze esclusive, le competenze concorrenti e le azioni di sostegno, di coordinamento o di complemento (si veda questo documento riassuntivo a riguardo). Tra i principi generali relativi alle competenze occorre citare anche l'articolo I-6, dedicato al diritto dell'Unione. Quest'ultimo riconosce, per la prima volta all'interno di un trattato, il principio della prevalenza del diritto dell'Unione europea sul diritto degli Stati membri nell'esercizio delle competenze a questa attribuite. Ciò costituisce un'innovazione importante, in quanto l'affermazione di questo principio ad opera della Corte di giustizia, tramite la famosa sentenza Costa contro ENEL del 1964, non aveva avuto fino ad oggi una traduzione concreta nel diritto primario dell'Unione.
Da quanto sopra, ne discende che al primo livello della gerarchia delle fonti si pongono i trattati internazionali e gli atti normativi comunitari, che possono presentarsi sotto forma di regolamenti, decisioni, o direttive. I primi hanno efficacia immediata, le direttive devono essere attuate da ogni paese facente parte dell'Unione europea in un determinato arco di tempo. A queste, si sono aggiunte poi le sentenze della Corte di Giustizia Europea "dichiarative" del Diritto Comunitario (Corte Cost. Sent. n. 170/1984).
Al secondo livello seguono la Costituzione,e le leggi costituzionali.
Seguono le fonti primarie, ovvero le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi), ma anche le leggi regionali e delle provincie autonome di Trento e Bolzano.
Le leggi ordinarie sono emanate dal Parlamento.
Al di sotto delle fonti primarie, si collocano i regolamenti governativi, seguono i regolamenti ministeriali e di altri enti pubblici e all'ultimo livello della scala gerarchica, si pone la consuetudine, prodotta dalla ripetizione costante nel tempo di una determinata condotta, sono ammesse ovviamente solo consuetudini secundum legem e praeter legem non dunque quelle contra legem.

Circolari amministrative: natura giuridica ed efficacia

La circolare amministrativa è atto espressivo del potere di autorganizzazione dell’ente pubblico e si colloca nel rapporto tra uffici di grado diverso, appartenenti alla medesima Amministrazione, ovvero a diverse Amministrazioni.
Le circolari amministrative (contenendo istruzioni, ordini di servizio e direttive impartite dalle autorità amministrative centrali o gerarchicamente superiori agli enti o organi periferici o subordinati, con la funzione di indirizzare in modo uniforme l'attività di tali enti o organi inferiori) sono atti meramente interni della pubblica amministrazione, che esauriscono la loro portata ed efficacia giuridica nei rapporti tra i suddetti organismi e i loro funzionari e non possono, quindi, spiegare alcun effetto giuridico nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione, né acquistare efficacia vincolante per quest'ultima, neppure come mezzo di interpretazione di norme giuridiche, non costituendo fonte di diritti a favore di terzi, né obblighi a carico dell'amministrazione.
La natura dei documenti di prassi è quella di contenitori di istruzioni di carattere operativo rivolte agli uffici, affinché questi ultimi applichino le disposizioni tributarie nel modo più uniforme e corretto possibile. In sostanza, si tratta di un'attività che è strumentale all'obiettivo di indirizzare, in modo univoco, i comportamenti degli uffici su tutto il territorio nazionale.
Le circolari amministrative, quindi:

  • sono generalmente rivolte da un ufficio di un’Amministrazione ad un altro;
  • sono disposizioni con finalità informative, interpretative di una legge o di coordinamento trattasi pertanto di norme amministrative interne;
  • non hanno piena efficacia normativa, costituiscono un aiuto all’interprete nell’individuare l’opinione della Pubblica Amministrazione in merito.

Le interpretazioni esegetiche che derivano dalle circolari amministrative, infatti, hanno una portata giuridica limitata, in quanto e` certo che non possono sostituirsi alle norme giuridiche con efficacia erga omnes.

Purtroppo le ultime note e circolari ministeriali relative ai medicinali veterinari ed i mangimi medicati, diversamente, si sono spinte oltre, cercando di normare fuori dai confini della norma stessa