(Dott. Claudio Mazzoni/Dott.ssa Lucia Tagliaferri)

Dopo aver compreso che cos’è la sindrome degli scoli vulvari, e come si manifesta clinicamente, vediamo di approfondire il discorso dei fattori predisponenti, ossia quelli riconducibili alla scrofa e quelli legati al management (tabella 2 del precedente articolo).

Partiamo dai fattori legati alla scrofa:

  • Lo stress: sicuramente riveste un certo ruolo nel ridurre le difese immunitarie verso l’esterno aumentando, di conseguenza, le probabilità di infezioni dell’apparato riproduttore.
  • L’inseminazione post ovulatoria: sappiamo che l’utero è dotato di un efficientissimo sistema immunitario in grado di proteggerlo dagli eventuali patogeni introdotti con l’inseminazione dal momento che il verro, nell’atto della monta, è tutt’altro che sterile. Queste difese raggiungono il massimo in prossimità dell’ovulazione per poi ridursi progressivamente, e con una certa velocità, nelle ore successive. L’ovulazione della scrofa avviene mediamente attorno ai 2/3 dall’inizio dell’estro pertanto, le inseminazioni tardive rispetto all’ovulazione, possono in alcuni casi risultare pericolose poiché permettono l’introduzione di materiale potenzialmente contaminato, in un momento dove le difese non sono più sufficientemente alte.
  • La genetica: in quest’ambito ci riferiamo ad aspetti legati alla postura dell’animale, in particolare alla debolezza degli arti posteriori che portano alla posizione detta “a cane seduto” (quindi seduta e con gli arti posteriori allungati in avanti, si veda l'immagine 1). La pericolosità di questa situazione risiede nel fatto che la contaminazione vulvare è decisamente più elevata, aumentando così il rischio di scoli vulvari.


Posizione della scrofa "a cane seduto"

 

Vediamo ora di trattare i fattori legati al management, cioè a quelle situazioni connesse al nostro modo di gestire gli animali che possono essere ritenute “pericolose”, quindi predisponenti, per l’insorgenza della SSV. In primis abbiamo:

  • Il deficit di abbeverata: il ruolo che la disponibilità di acqua ha, tanto nelle gabbie quanto nei box, è sostanzialmente duplice, ovvero di ginnastica funzionale e di dilavamento delle vie urinarie e delle prime vie genitali (Tav 1). Per quanto riguarda il primo punto, nell’atto del bere la scrofa si alza e questo movimento tiene in tono la muscolatura degli arti posteriori, prevenendo così una parte dei disturbi locomotori, inoltre mette in movimento tutti quei meccanismi fisiologici che stimolano la peristalsi intestinale e la produzione di urina. Strettamente correlato al primo abbiamo il secondo punto. Infatti la produzione di urina favorisce quello che viene definito come il fenomeno del dilavamento: a seguito della contaminazione ambientale (scarsa igiene, scrofa a “cane seduto” ecc.), possiamo avere una colonizzazione più o meno massiccia delle prime vie uro-genitali, questa condizione è possibile possa estendersi in profondità alla vescica e sino all’utero, portando a quadri di cistite o metrite anche gravi. Ecco che allora una frequente produzione di urina è in grado di ripulire questo primo tratto dalla colonizzazione da parte di diversi patogeni ambientali, prevenendo così l’insorgenza di malattie uro-genitali.
  • Scarsa deambulazione della scrofa: ad essa possiamo ricondurre le problematiche mio-articolari, la somministrazione di un unico pasto giornaliero, la sindrome della scrofa grassa e la posta in gabbia singola.
  • Elevata contaminazione vulvo-vaginale di tipo prevalentemente fecale: solitamente quando si hanno un pavimento scivoloso o pieno, quindi difficilmente pulibile, gli sportelli posteriori delle gabbie pieni e più in generale la scarsa igiene.
  • Durata della lattazione: maggiore è la durata della lattazione, maggiore è il tempo che l’utero ha per recuperare dalle infezioni. Questo se non altro per una questione legata al tempo intercorso dall’infezione al momento in cui l’organo dovrà riprendere la sua attività riproduttiva nel post svezzamento, soprattutto qualora la metrite venisse diagnosticata e curata con tempestività in sala parto.

 

In aggiunta a quanto sino ad ora detto non possiamo fare a meno di osservare che alcune aziende segnalano un notevole incremento della problematica da SSV durante il cambio di stagione ed in particolare in quei periodi con forti tassi di umidità ambientale, vedi l’imminente stagione autunnale.

Tracce di scolo vulvare

Scolo vulvare

Concludendo, la sindrome degli scoli vulvari ha molteplici cause, nessuna delle quali sembra essere dominante sulle altre, quindi bisogna intervenire su diversi fattori di rischio contemporaneamente, nella speranza di aumentare le probabilità di centrare quello più significativo oppure di raggiungere un miglioramento attraverso una loro riduzione complessiva.

Qui il link al primo articolo: https://www.suivet.it/sindrome-degli-scoli-vulvari-prima-parte.aspx