L’evoluzione genetica dei riproduttori, sempre più rapida , ha apportato enormi miglioramenti negli allevamenti suinicoli aumentando grandemente  il numero  di suinetti svezzati per anno: se consideriamo però il peso medio di svezzamento ci accorgiamo di come l’aumento numerico sia accompagnato da una riduzione del peso della figliata .  Si può fare molto dal punto di vista alimentare nelle diete per scrofe, aumentando la produzione di latte attraverso una corretta gestione della alimentazione sia in gestazione che in allattamento, affiancando al latte materno specifici presidi nutrizionali sottoscrofa sia in forma liquida che come mangimi ultra specializzati (ed ultra costosi...); ad esempio una scrofa Danbred a seconda di come viene gestita alimentarmente può produrre da 75 a 105 kg di suinetti per figliata a pari numerosità (esperienze personali). Questa premessa per affrontare un capitolo importante della nutrizione del suinetto,  in particolare riguardo alla qualità di alcune materie prime delle diete in svezzamento; si diceva di come nel gruppo degli svezzati possa essere presente una certa variabilità di peso e di quanto importante dovrebbe essere la somministrazione di diete cosiddette “multifase”, possibilmente calibrando diete diverse a pesi diversi pur a uguale età.  Normalmente in azienda negli svezzamenti , da 24/28 giorni fino in genere a 70 giorni di vita, si trovano  al massimo due diete, una dallo svezzamento fino a 12 kg circa ed un’altra da 12 kg fino a 25/28 kg di peso vivo: spesso la finalizzazione di una dieta è più legata al tipo di medicazione mirata e  necessaria (sempre necessaria???) nelle diverse fasi più che a coprire il reale fabbisogno del suinetto, e questo a causa della gestione dei silos piuttosto che alla numerosità dei gruppi o  alla impiantistica disponibile: se dovessimo veramente seguire la capacità digestiva del maiale nelle prime fasi di vita ed ottimizzarne la formulazione, allora veramente dovremmo prevedere dallo svezzamento a 70 giorni quasi un mangime diverso a settimana….   una dieta multifase infatti prevederebbe una variazione della composizione dei mangimi di settimana in settimana,  perché la capacità digestiva riferita ad alcuni nutrienti varia veramente con una rapidità estrema e la possibilità di ottimizzarne la calibrazione e la tempistica di somministrazione  potrebbe potare a ottimi risultati sia in sanità (meno diarree) che in risultati zootecnici.

 

Tutti sanno che la digeribilità delle proteine nei suini  svezzati è estremamente variabile a seconda delle diverse fonti (ci torneremo) , ma la digeribilità proteica non è la sola che varia in base alla età ed allo stato di maturazione dell’apparato gastrointestinale; prendiamo in considerazione per esempio i grassi alimentari : pensare che nel suino la digeribilità di un grasso saturo od insaturo sia uguale è già un errore, e a maggior ragione è ancora più sbagliato pensare che la stessa fonte lipidica sia digeribile sempre allo stesso modo durante tutta la vita del maiale, visto che la capacità digestiva dei lipidi varia  al variare della età.  Proviamo a considerare alcune fonti lipidiche più comuni che compongono i mangimi per suinetti e vediamo come vari la loro digeribilità in base alla età del suinetto: prendiamo in considerazione  4 settimane di vita ( da 21 giorni per semplificare) e ragioniamo come se fosse possibile fornire un mangime diverso alla settimana a partire appunto dalle tre settimane di vita, considerando l’ultima settimana sottoscrofa come la prima da prendere in considerazione. Fatta 100 come riferimento la digeribilità di un mix di acidi grassi a media catena , nella settimana 21/28 giorni la digeribilità è decrescente nella sequenza qui descritta: olio di cocco (il più digeribile), seguito dall’olio di soia, dallo strutto ed infine dall’olio di soia presente in una soia fioccata (attenzione: la base “olio” della materia prima è la stessa per i due prodotti, ma la  digeribilità del grasso di una soia lavorata a caldo è inferiore a quella dell’ olio aggiunto, almeno in certe fasi ). Ovviamente la stessa sequenza si riflette conseguentemente sulla resa del mangime e sull’accrescimento ponderale giornaliero; massimo risultato con l’olio di cocco e peggior performance con soia integrale trattata termicamente; se passiamo alla seconda settimana, 28/35 giorni, si mantiene praticamente la stessa scala di digeribilità, con la unica differenza che in percentuale peggiora ulteriormente la digeribilità dell’olio di soia contenuto nel seme trattato termicamente e migliora di molto quella dello strutto. Da 35 a 42 giorni di vita gli acidi grassi a media catena, riferimento come la migliore combinazione in digeribilità, si avvicinano alla digeribilità dell’olio di cocco e leggermente più indietro resta l’olio di soia: lo strutto rimane sempre terzo ma migliora leggermente il suo coefficiente come del resto l’olio parte del seme lavorato a caldo, pur restando però sempre il meno digeribile. Infine da 42 a 49 giorni aumenta ancora la digeribilità in percentuale di tutti gli alimenti, diventando molto simile per cocco e olio di soia che si avvicinano agli acidi grassi a media catena, mentre anche lo strutto si avvicina alla terna vincente: buon ultimo, anche se recupera ulteriormente , il grasso dei semi di soia lavorati termicamente.  Se vogliamo invece verificare l’influenza dei diversi grassi sulla appetibilità e quindi sulla ingestione (altro parametro!), a seconda dei periodi visti sopra il peggiore risultato è dato dagli acidi grassi a media catena in tutte le fasi, mentre olio di cocco e olio di soia sono a pari merito nel periodo 21/28 e 28/35 giorni;  nel periodo 35/42 invece è più appetibile un mangime con semi di soia rispetto all’olio aggiunto parte , infine  nell’ultima fase 42\49 si riequilibra la situazione a vantaggio dello strutto che guadagna posizioni su tutti i grassi, pur restando leggermente meno efficiente rispetto al cocco.

 

 Cosa significa tutto ciò? In linea di massima, per una dieta da post svezzamento, ci vorrebbero almeno tre mangimi da 21 a 50 giorni solo per differenziare la componente lipidica: olio di cocco come base da 21 a 35 giorni, olio cocco e di soia da 35 a 42 ed un misto tra semi di soia fioccata  e strutto nella fase fino a 50 giorni ed i 70; i semi di soia integrale trattati a caldo sarebbero da evitare almeno fino ai 50 giorni di vita , poi eventualmente si può prevederne un uso limitato nei periodi a seguire. Attenzione, non me ne vogliano i produttori di fiocchi di soia o similari…queste prove sono state fatte su determinati fornitori e probabilmente non tutto quanto qui riportato potrebbe essere valido per tutte le produzioni disponibili in commercio, ma resta il fatto che comunque un suggerimento più che valido resta l’impiego di olio di cocco: questo grasso, oltre ad una  migliore digeribilità, può vantare una elevata  presenza di acido laurico nella sua composizione (fig. 1), apportando, oltre al suo specifico contenuto energetico, anche una discreta attività “antimicrobica” su streptococchi, stafilococchi e clostridi. E’ chiaro che la scelta per la produzione di un mangime di qualità non deve esulare dal calcolo dei costi di produzione, ma ho imparato a mie spese che la corsa al risparmio in fasi così delicate non paga mai abbastanza...

 Composizione olio di cocco