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Suinicoltura + Suinicultura

(Dott. ssa Valeria Raffi)

Prevenire è meglio che curare?

I recenti casi di peste suina africana riscontrati in Europa ci costringono a riconsiderare l’importanza e il ruolo che la biosicurezza svolge nel settore delle produzioni animali.

In effetti, la biosicurezza rappresenta uno degli strumenti principali a disposizione degli allevatori per prevenire l’introduzione, lo sviluppo e la diffusione di una malattia all’interno dell’allevamento.

Deve quindi essere vista come un intervento profilattico tanto quanto una vaccinazione. Il problema consiste però nel monetizzare il nostro intervento… se per un trattamento antibiotico o vaccinale riusciamo a stimare il beneficio in termini di mortalità, di resa o di incremento, lo stesso non si può dire per la biosicurezza.

La biosicurezza ruota attorno a tre fattori

  1. Ecositema
  2. Rischio
  3. Prevenzione

Ogni azienda rappresenta un ecosistema e, all’interno di ciascun’azienda, possono coesistere più ecosistemi: animali, strutture, mangime, personale, strumentario,… L’ecosistema è stabile solo quando è vuoto.

Il rischio rappresenta invece la probabilità che un evento negativo accada, alterando in questo modo la stabilità del nostro ecosistema. Quanto ci costa il rischio? La risposta è strettamente legata alla gravità dell’evento negativo e alla “resilienza”, cioè alla capacità del nostro ecosistema di tornare alla produttività originaria, quella precedente l’evento negativo. Se provassimo a stilare una classifica dei fattori di rischio, il primo posto sarebbe occupato dagli animali, seguito dalle persone, mezzi di trasporto, roditori-insetti-volatili e, all’ultimo posto, l’aria.

Il rischio è imprevedibile e quindi l’unico modo che abbiamo per gestirlo è la prevenzione.

Come si affronta un rischio?

  • Nessun tipo di prevenzione: situazione di massimo rischio con diffusione non controllata dell’evento negativo.
  • Prevenzione senza controllo: s’interviene per arginare il danno provocato dall’evento negativo.
  • Prevenzione organizzata: s’interviene routinariamente prima che il rischio provochi il danno. In questo caso si tratta di applicare protocolli di biosicurezza.

 

La biosicurezza può agire a due livelli

  1. Bioprotezione o biosicurezza esterna: misure messe in atto per evitare l’introduzione di nuovi patogeni in azienda, come nel caso della peste suina africana.
    2. Biocontenimento o bioprotezione interna: misure messe in atto per evitare la diffusione di un patogeno all’interno dell’azienda. Per dirla in maniera banale sono le comuni pratiche igieniche che ognuno di noi dovrebbe avere ben presente e che dovrebbe applicare in ogni situazione… ma ogni tanto ce ne dimentichiamo…

 

Parlando di biosicurezza interna, uno degli accorgimenti che più spesso si vede all’interno degli allevamenti, sono i pediluvi o tappetini disinfettanti (FOTO 1,2,3).


Foto 1: pediluvio

Foto 2: tappetino disinfettante all’ingresso di un’azienda

Foto 3: tappetino disinfettante all’ingresso di un capannone

Quali sono i disinfettanti comunemente utilizzati per questi dispositivi? Ogni quanto va cambiata la soluzione nella vaschetta? Quando è necessario aggiungere disinfettante nel tappetino?

Alla prima domanda spesso sento rispondere: “utilizzo un ottimo prodotto! Lo stesso che uso per disinfettare il capannone”.  

Non metto in dubbio l’efficacia del disinfettante, ma nei due casi in questione, disinfezione di un capannone vuoto e sanificazione degli stivali, le caratteristiche che deve avere il principio attivo sono diverse.

Un disinfettante ossidante è un ottimo prodotto da utilizzare in un capannone già lavato e pulito, mentre risulterà poco efficace se aggiunto al tappetino perché la sua azione diminuisce in presenza di materiale organico.

In linea generale i disinfettanti da preferire per questi dispositivi sono quelli NON OSSIDANTI (aldeidi, fenoli, composti quaternari di ammonio, …) e devono essere cambiati almeno una volta ogni 3-6 giorni; infatti una soluzione “satura” non funzione più e non distrugge i patogeni presenti sugli stivali. In ogni caso prima di entrare in un nuovo locale è buona norma spazzolare gli stivali rimuovendo lo sporco e successivamente immergerli nel pediluvio.

 

Alla luce di quanto appena detto, quali delle tre foto sopra riportate sono da validare e quali no?

FOTO 1: acqua ancora pulita, schiuma presente ma non eccessiva. Ottimo!

FOTO 2: borderline, presenza di materiale organico e vecchio alone di disinfettante, il tappetino merita di essere pulito.

FOTO 3: bocciato! La presenza eccessiva di disinfettante non giustifica la presenza massiccia di materiale organico sul tappetino. In questo caso passare con gli stivali non ha alcuna utilità al fine abbassare la carica batterica.

 

In ultima analisi i pediluvi e tappetini disinfettanti rappresentano un ottimo sistema di biosicurezza interna a patto che sia rispettata la pulizia e l’igiene degli stivali e che sia utilizzato un disinfettante appropriato che venga sostituito periodicamente.

 

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