Una patologia comune ma da non trascurare

Eccoci di nuovo qui per addentrarci un po’ di più nei dettagli di questa patologia, sperando che il responsabile e come esso agisca siano ormai ben chiari all’interno delle vostre menti.

 

La prima cosa di cui parlare è, senza dubbio, come si presenta clinicamente l’epidermite essudativa in allevamento. Innanzitutto, è una malattia iperacuta o acuta, di cui si possono distinguere due forme: una diffusa, che interessa tutta la cute e solitamente colpisce i suinetti sotto-scrofa, e una localizzata a focolaio, che interessa solo alcune aree e si manifesta principalmente in svezzamento.

Epidermite essudativa diffusa
Foto 1: Epidermite essudativa diffusa

Epidermite essudativa a focolaio

Foto 2: Epidermite essudativa a focolaio

Le alterazioni cutanee iniziano come piccole aree di colore scuro a livello di grugno e estremità degli arti, espandendosi poi dietro l’orecchio, sull’addome e sui fianchi, fino ad interessare tutto il corpo nei casi più gravi (vedi tavole 1, 2 e 3). Le aree colpite assumono gradualmente un colore marrone, si incrostano e diventano grasse al tatto a causa dell’aumento della secrezione sebacea e dell’essudazione sierosa che accompagnano le alterazioni cutanee. Nelle situazioni peggiori potrebbe anche verificarsi la necrosi delle zone interessate, che diventeranno di colore nero.

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Tav. 1: epidermite lieve

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Tav. 2: epidermite moderata

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Tav: 3: epidermite grave con aree necrotiche nere

Da non trascurare è il fatto che i suinetti maggiormente colpiti manifestano anche un arresto della crescita, con rapido calo di peso, e un’importante disidratazione, la maggior parte delle volte responsabile della morte del soggetto entro pochi giorni. Pur essendo una patologia non particolarmente allarmante, è importante non sottovalutarla, in quanto nelle situazioni più critiche la mortalità può anche raggiungere il 20-30% in sala parto e/o svezzamento.

 

Ma siamo sicuri che quello che vediamo in allevamento sia realmente epidermite essudativa?

 

Sicuramente la presenza di queste lesioni cutanee caratteristiche ci indirizzano verso una diagnosi corretta, anche se bisogna prestare attenzione a non confondere l’epidermite essudativa con la forma cronica della rogna sarcoptica (causata dal parassita Sarcoptes scabiei), che si manifesta con lesioni generalizzate squamose, unte ed alopeciche (di cui probabilmente parleremo in un futuro articolo).

Per effettuare una diagnosi certa è comunque consigliabile effettuare l’isolamento del batterio a partire dalla componente umida delle croste o da un tampone dell’area colpita, utile anche per eseguire un antibiogramma. Quest’ultimo, in realtà, risulta essere essenziale per combattere appieno questo microrganismo, in quanto sulla cute di ogni singolo animale sono presenti diversi ceppi dello stesso batterio, che però non sono necessariamente caratterizzati dalla stessa antibiotico sensibilità.

In generale, comunque, gli antibiotici sensibili sono: amossicillina (soprattutto in associazione con acido clavulanico), ossitetraciclina, gentamicina, lincomicina e penicillina. Senza ombra di dubbio risultano molto utili i trattamenti topici della cute, con oli minerali associati ad antibiotici, e la somministrazione orale di elettroliti per far fronte al pericolo di disidratazione.

 

Ma… un conto è trattare una patologia e un altro conto è prevenirla…

 

Per l’epidermite essudativa, purtroppo, non esistono in commercio vaccini che possano prevenirla, ma non per questo bisogna buttarsi giù d’animo… Esistono infatti altri rimedi, tanto “banali” quanto efficaci!

Per prima cosa è fondamentale isolare i suinetti colpiti, in modo da prevenire la diffusione della patologia, ed intensificare le misure igienico-sanitarie presenti in allevamento. In particolare, la pulizia delle sale parto deve essere accurata, così come il lavaggio e la detersione delle scrofe/scrofette all’ingresso delle sale stesse. Inoltre, prevenire lesioni e/o traumi alla cute diminuirebbe notevolmente la probabilità di incorrere nella patologia e, a tale riguardo, un adeguato controllo della densità, con lo scopo di ridurre la competizione alla mangiatoia, potrebbe rivelarsi una carta vincente. Per diminuire il rischio di contagio sarebbe anche raccomandato l’uso di aghi sempre nuovi e la separazione dei figli di scrofette dai figli di pluripare.

Nelle situazioni più critiche si potrebbe anche pensare di utilizzare dei vaccini stabulogeni, ovvero dei vaccini creati appositamente per l’azienda colpita, contenenti gli specifici ceppi batterici isolati. La somministrazione dovrebbe essere fatta a 8 settimane dal parto con un richiamo a 3-4 settimane di distanza, così da aumentare l’immunità passiva colostrale trasmessa dalla madre ai suinetti.

 

In ogni caso, è da tenere bene a mente che l’epidermite essudativa è una patologia che risente molto delle interferenze che l’ambiente zootecnico ha con l’immunità del suinetto. Questo è il motivo per il quale, nelle aziende dove il problema fosse ricorrente, non basta agire solo con gli antibiotici, ma è necessario intervenire sulla componente strutturale, alimentare e soprattutto manageriale.