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Suinicoltura + Suinicultura

VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2015… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP 47a edizione. Autore: Van Ferneij J.P.

INTRODUZIONE

La carne suina ha un posto fondamentale nell’alimentazione dei cinesi e, dovendo ricorrere sempre più all’importazione, il governo ha varato un piano di sviluppo quinquennale (2011-2015) in cui si prevede un forte impulso verso la modernizzazione dell’intera filiera produttiva nazionale. Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo facendo largo uso delle tecnologie importate dall’estero e con acquisizioni di imprese straniere, attività che prevedono forti sovvenzioni statali.

Il bilancio degli approvvigionamenti

La Cina è di gran lunga il primo produttore di suini al mondo, con 54 milioni di tonnellate di carcasse prodotti nel 2013 (pari a circa 700 milioni di capi con peso medio della carcassa di 75 kg), un aumento del 36% rispetto al 2000. La domanda e l’offerta sono rimasti in equilibrio per molto tempo, soprattutto per il costante controllo statale sulle importazioni. Con una popolazione di 1,36 miliardi di persone nel 2013, il consumo pro-capite raggiunge i 40 kg, un valore simile a quello dei paesi della UE, anche se un’analisi più approfondita fa pensare ad una sovrastima del 20-25% dei  dati ufficiali. Il fenomeno nuovo degli ultimi anni è il crescente divario fra produzione interna e consumi, con relativo aumento delle importazioni.

In forte crescita l’importazione di prodotti elaborati

Tra il 2007 e il 2013 le importazioni si sono moltiplicate di un fattore 2,7 in volume e 4 in valore, sia per l’aumento dei prezzi, sia soprattutto per la maggior richiesta di carne congelata rispetto a prodotti meno nobili come grasso e frattaglie. I prodotti trasformati, invece, non trovano ancora spazio sul mercato cinese. I principali paesi esportatori sono in primo luogo USA e Canada e, all’interno della UE, Germania, Polonia e Danimarca. Il Brasile comincia ad essere presente con un’offerta molto competitiva.

 

UNA PROFONDA RISTRUTTURAZIONE

Nel 2014 siamo solo all’inizio della profonda mutazione che subirà il settore suinicolo cinese. L’intera filiera, sinora frammentata a tutti i livelli tra molti piccoli attori, evolverà secondo quanto abbiamo già visto nei Paesi produttori più avanzati, con una riduzione del numero degli operatori ed un aumento delle dimensioni di ogni segmento della filiera.

Nasceranno gli allevamenti di medio-grandi dimensioni

L’allevamento del suino è diffuso in tutte le province, anche se la maggior concentrazione la si trova in quelle attraversate dal fiume Yangtze. Nel 2014 si contavano oltre 50 milioni di allevatori, circa 430 milioni di capi, di cui circa 45 milioni di scrofe, il che rende bene l’idea della frammentazione produttiva. I dati ufficiali, scomposti per taglia produttiva, sono questi: i micro allevamenti (< 50 capi macellati/anno) rappresentano ancora il 25% della produzione; i piccoli-medi allevamenti familiari (50-3000 capi macellati/anno) arrivano al 50% della produzione; i grandi allevamenti (>3000 capi macellati/anno) rappresentano l’altro quarto mancante. Nel prossimo decennio si prevede la progressiva diminuzione dei micro allevamenti, con quelli di maggior taglia che arriveranno a coprire il 50% della produzione.

Il ruolo giocato dallo Stato

Lo Stato cinese giocherà un ruolo molto importante nel processo di rinnovamento/ampliamento della filiera, con uno stanziamento quinquennale di 3,4 miliardi di euro, destinati soprattutto a questi interventi: sviluppo delle linee genetiche femminili con acquisti dall’estero e diffusione della Inseminazione Artificiale (IA); costruzione/ristrutturazione degli allevamenti con tecnologie importate dai Paesi più performanti; aiuti speciali per la costruzione di nuovi grandi allevamenti; aiuti fiscali, con abbattimento delle imposte del 25% per i produttori.

L’alimento

Solo l’8% del territorio nazionale è costituito da terre coltivabili, il che significa che gran parte delle materie prime utilizzate per la preparazione dei mangimi viene importata. La produzione totale di mangime per le specie zootecniche si aggira sui 200 milioni di tonnellate, con il 40% destinato ai suini. Nel 2013 i produttori di mangime erano circa 10.000, con le prime 10 imprese maggiori che raggiungevano il 44% della quota destinata ai suini.

La genetica

Lo stato sanitario resta il grande punto debole della genetica suina prodotta in Cina, con tanti piccoli selezionatori che applicano programmi di controllo deboli ed ineguali, favorendo la diffusione di molte malattie. Il settore si sta organizzando attraverso collaborazioni con le grandi compagnie mondiali (Genus-PIC, Topigs) che dovrebbe portare alla nascita di 100 grandi centri di selezione moderni e controllati.

I consumi interni

La crescita del potere d’acquisto soprattutto dei ceti meno abbienti dovrebbe portare ad un aumento del consumo di carne. Attualmente, la carne suina rappresenta la più consumata (66%), seguita da quella avicola (20%) e da quella bovina (14%). Ben l’80% della carne suina è consumata fresca, con una quota marginale per i prodotti trasformati, che però avranno un forte aumento nei prossimi anni.

 

CONCLUSIONI

La Cina ha deciso di investire nella modernizzazione della propria filiera suinicola, imboccando la strada dell’integrazione già messa in pratica da altri Paesi. Gli allevamenti saranno molto più grandi degli attuali e si collocheranno in una fascia compresa tra le 500 e le 3.000 scrofe. Si svilupperanno i contratti tra produttori di mangime e piccoli allevatori, creando una filiera più integrata.

I maggiori problemi da risolvere saranno:

  • La creazione di un sistema di tracciabilità che garantisca la sicurezza alimentare.
  • Il miglioramento dello stato sanitario. La peste suina classica e l’afta, ancora presenti, sono controllate con piani vaccinali sovvenzionati dallo Stato e non sono ancora previsti piani di eradicazione. La PED, presente nella sua forma più virulenta, ha causato una brusca caduta della produzione negli ultimi anni.
  • La scarsa disponibilità di manodopera qualificata, in grado di gestire le nuove tecnologie e le nuove linee genetiche in arrivo dall’estero.
  • La crescente dipendenza dalle materie prime importate per l’alimentazione animale.
  • L’introduzione di nuove norme sulla protezione dell’ambiente e sul benessere animale che al momento non rappresentano un ostacolo per i produttori.

In alternativa o in aggiunta allo sviluppo interno, la Cina potrebbe optare anche per l’acquisizione di aziende operanti nella filiera suinicola in Europa, America e, in futuro, Africa.