(dott. Giusy Romano)
La rinite atrofica progressiva è una patologia respiratoria molto diffusa, praticamente sempre presente in allevamento, un po’ come il nostro caro amico Escherichia Coli. I sintomi di questa patologia sono molto generici, tra cui scolo nasale sieroso, che potrebbe anche diventare emorragico, e presenza di starnuti. La particolarità della malattia è che però conduce ad una atrofia parziale o completa dei turbinati nasali, solitamente non evidente esteriormente, fintanto che la patologia non raggiunge una progressione tale da determinare una evidente deformazione del muso (Iimmagine a fianco). Inoltre, la rinite atrofica spesso si accompagna ad un ritardo di crescita degli animali, con conseguente perdite economiche indirette per l’allevatore.
Ci sono voluti innumerevoli studi e ricerche per capire chi o cosa fosse coinvolto nella formazione di questa patologia e la colpa, alla fine, è stata fatta ricadere su Bordetella bronchiseptica, un batterio molto diffuso in allevamento, facilmente isolabile anche in suini clinicamente sani e tendenzialmente responsabile di lesioni ai turbinati di modesta entità, che in alcuni casi regrediscono spontaneamente. Tuttavia, la sola azione di questo microrganismo non può giustificare le gravi lesioni osservate in caso di focolaio di malattia, ed è qui che entra in gioco la Pasteurella multocida, batterio di cui alcuni ceppi sono in grado di sintetizzare una tossina, chiamata Pasteurella multocida toxin (PMT), ad azione dermonecrotica (derma = cute; necrosi = morte irreversibile), responsabile della grave e irreversibile atrofia dei turbinati nasali. A fronte di ciò, risulta opportuno distinguere due diverse forme cliniche di rinite atrofica:
- non progressiva = causata solo da B. bronchiseptica;
- progressiva = causata da P. multocida, con l’aiuto di fattori predisponenti che le consentono di colonizzare la mucosa nasale, tra cui il più comune è rappresentato da una preesistente infezione da B. bronchiseptica.
I ceppi tossigeni di P. multocida hanno infatti una scarsa capacità di colonizzare la mucosa nasale e sono necessari dei fattori predisponenti affinché l’infezione venga completata e possano manifestarsi le lesioni dei turbinati. Tutti quei fattori che possono alterare la “clearance muco-ciliare”, ovvero il naturale meccanismo di difesa dell’albero respiratorio, come un’eccesiva polverosità o un’eccessiva presenza di ammoniaca in allevamento, determinano la formazione di un ambiente favorevole la colonizzazione di P. multocida e devono essere considerati come predisponenti la comparsa della malattia. Tuttavia, la B. bronchiseptica si identifica come il maggiore fattore predisponente, andando a danneggiare la mucosa nasale e contemporaneamente indebolendo le risposte immunitarie del soggetto.
La via di trasmissione più comune di P. multocida è rappresentata dal contatto diretto tra soggetti infetti attraverso le secrezioni nasali. L’introduzione di riproduttori portatori, che possono trasmettere il batterio alla nidiata fungendo da serbatoio dell’infezione, sembra rappresentare il più alto rischio di introduzione del patogeno in un gruppo, con successiva diffusione per via orizzontale dello stesso nei suini in accrescimento. Quindi, anche se i riproduttori possono essere considerati i responsabili dell’inizio dell’infezione in allevamento, in svezzamento l’infezione può diventare endemica attraverso la trasmissione orizzontale, con gocce di aerosol tra successivi lotti di suini, in particolare in quelle realtà in cui non viene applicato il tutto pieno/tutto vuoto.
Le forme cliniche si osservano soprattutto nei soggetti che si infettano nelle prime 3-4 settimane di vita, anche se, per fortuna, l’immunità passiva materna, ottenuta tramite il colostro, offre una buona protezione verso la malattia, sebbene l’infezione non possa essere prevenuta del tutto. I segni clinici si manifestano da 4-12 settimane di età, anche se già nei suinetti sottoscrofa è possibile constatare la presenza di starnuti e scolo nasale, che potrebbero però essere imputati a cause diverse dalla rinite atrofica. I sintomi possono progredire in fase di accrescimento e possono comparire uno scolo nasale sieroso muco-purulento, una respirazione rantolosa e l’epistassi, ovvero il sanguinamento dal naso; spesso si occlude anche il dotto naso-lacrimale, con formazione di una stria lacrimale visibile appena sotto l’occhio dell’animale. Se il quadro peggiora si può arrivare ad avere la deformazione del setto nasale, alterazione tipica della rinite atrofica, che può essere una deviazione laterale del muso, quando l’atrofia dei turbinati interessa maggiormente un lato rispetto all’altro, oppure un accorciamento del naso che appare più sollevato della norma quando l’atrofia interessa in maniera simmetrica i due turbinati. Gli animali in queste condizioni si alimento di meno, oltre ad avere un calo delle difese immunitarie, e questo si traduce anche in una riduzione delle performance di crescita con conseguenti perdite economiche per l’allevatore.
La rinite atrofica è diagnosticabile in seguito ad osservazione clinica di soggetti con deviazioni del setto nasale, in assenza dei quali sarebbe difficile indirizzarsi verso questo tipo di problema, seguita da un’analisi dei turbinati nasali durante i controlli al macello, andando a sezionare opportunamente il naso; la conferma diagnostica deriva sempre dal riscontro di ceppi tossigeni di P. multocida ricavati da tamponi nasali o tonsillari. È consigliabile testare anche soggetti più giovani e che non manifestano ancora la deviazione del setto nasale, in quanto le lesioni impiegano diverso tempo per manifestarsi, quindi potrebbe essere troppo tardi effettuare dei tamponi su soggetti con uno stadio della lesione troppo avanzato.
I focolai di rinite atrofica progressiva possono essere controllati efficacemente solo con una combinazione di tre tipi di approcci:
- Manageriale = evitare il sovraffollamento, implementare le condizioni igieniche e gestire al meglio l’allevamento (es: tutto pieno/tutto vuoto);
- Terapeutico = trattamenti a base di sulfamidici, da soli o in associazione con trimethoprim, o di tetracicline, da somministrare sia alle scrofe che ai suinetti, meglio se in seguito all’esecuzione di un antibiogramma per scegliere la molecola più adeguata ed evitare fenomeni di antibiotico-resistenza;
- Preventivo = vaccinazione delle scrofette e delle scrofe per fornire un’adeguata immunità passiva colostrale ai suinetti.
L’obiettivo principale della combinazione di questi tre tipi di approcci è quello di ridurre la presenza degli agenti patogeni, quindi B. bronchiseptica e P. multocida, nei giovani suini, attraverso anche un intervento sulle madri. Inoltre, B. bronchiseptica è ubiquitaria nell’ambiente e, per le sue condizioni di resistenza, è impossibile da eradicare, mentre i ceppi tossigeni di P. multocida sono meno diffusi nella popolazione suinicola ed è stato dimostrata la possibilità di una loro eliminazione dagli allevamenti dei riproduttori infetti dopo vaccinazioni intensive per un periodo di circa 5 anni.