(dott.ssa Angela Bonetto)

In un articolo precedente sulla PRRS, sono stati trattati i temi della classificazione delle aziende e dell’importanza di saper gestire l’infezione e la malattia. Ci addentriamo ora nella parte più pratica dell’argomento, con uno sguardo rivolto prima di tutto alla biosicurezza, il vero punto di partenza di qualsiasi percorso strategico finalizzato al controllo della PRRS.

La biosicurezza si attua anche a partire dall’analisi dei rischi legati a nuove introduzioni e alla possibile circolazione del virus nella propria azienda. La valutazione dei rischi serve a capire quali siano gli interventi di miglioramento prioritari.

Osservando la formula:

 RISCHIO COMPLESSIVO=(RISCHIO INDIVIDUALE DI UN EVENTO) X (FREQUENZA DELL'EVENTO)

questa suggerisce che non è sufficiente identificare solamente il rischio individuale di un singolo evento, ma è necessario anche conoscere la frequenza di quest’ultimo. Ad esempio, c’è un certo rischio ogni volta che vengono introdotte scrofette da rimonta acquistate in un allevamento. In questo specifico caso il rischio complessivo di una nuova introduzione del virus può essere dimezzato semplicemente cambiando la cadenza dei tempi di consegna, passando da una volta al mese ad una volta ogni due/tre mesi.

La biosicurezza si fonda sui concetti di biosicurezza esterna e interna.

 

La biosicurezza esterna si pone l’obiettivo di prevenire l’introduzione di qualsiasi virus della PRRS da fonti esterne.

Se un’azienda è PRRS positiva è comunque necessario porre attenzione alla biosicurezza esterna?

Assolutamente sì: esistono diversi ceppi del virus PRRS che, molto frequentemente, non danno cross-protezione, per cui l’introduzione di un ceppo diverso (eterologo) potrebbe causare diversi danni a seconda della sua virulenza.

 

L’obiettivo della biosicurezza interna è prevenire la diffusione del virus della PRRS all’interno dell’azienda, dove con il biocontenimento si intende contenere o limitare la diffusione del virus all’interno di una mandria, mentre il biomanagement ha come obiettivo controllare/gestire la diffusione del virus nella mandria.

 

Resistenza del virus della PRRS nell'ambiente

Conoscere le caratteristiche del nemico che si sta affrontando è fondamentale per attuare dei piani di biosicurezza consapevoli. Questi dovrebbero entrare poi nella routine aziendale, per essere costantemente monitorati dalle “figure di controllo” (i responsabili di reparto) al fine di non vederli progressivamente abbandonati.

Come si può leggere in tabella 1, in cui compaiono le caratteristiche fisiche del virus della PRRS, nell’ambiente è labile al calore ed essendo provvisto di un envelope lipidico, i solventi come l’etere sono particolarmente efficaci nell’inattivarlo.

È presente in vari secreti ed escreti di suini eliminatori, fra cui sangue, seme, saliva, feci, aerosol, latte e colostro. Da un suino all’altro la trasmissione avviene più comunemente mediante contatto ravvicinato mediante esposizione a fluidi corporei contaminati. Tutto ciò che comporta uno scambio di sangue e saliva infetti, può provocare l’infezione. Ne sono un esempio i morsi sulla coda e sulle orecchie e indirettamente, da parte di operatori aziendali, l’utilizzo di aghi, tute da lavoro e stivali contaminati.

 Tabella 1: resistenza del visrus in diverse situazioni ambientali

Suscettibilità alle diverse temperature (Pitkin, 2012)





-20°C mesi/anni  
21°C 6 giorni  
37°C 24 ore  
56°C 20 minuti  

Infettività ridotta del 90% se pH < 5 o > 7


Il virus non è in grado di resistere all’essicamento

Acqua 9-11 giorni    
Effluenti lagunari (Dee et al., 2005) 4°C 8 giorni  
20° C 3 giorni  
Liquami a pH 7 (Ajariyakhajorn et al., 1997) 4° C 14 giorni  
25°C 1 giorno  
37°C 6 ore  
Emivita* della capacità infettante dei liquami (Linhares et al., 2012) 4°C 113 ore Formula di regressione (esponenziale): T1/2 (minuti) = exp (9.617 – 0.132 x temperatura °C)
22°C 14.6 ore
43.5°C 1.6 ore
63°C 2.9 min
80°C 0.36 min
L’obiettivo è raggiungere 7-10 emivite* per eliminare il rischio di trasmissione del PRRSv

(*) l’emivita è il tempo necessario affinché la concentrazione, in questo caso di carica virale, diventi la metà di quella presente all’inizio dell’intervallo di tempo

La trasmissione legata alla resistenza del virus nella carne di maiale riveste un rischio trascurabile. Il virus può essere rinvenuto nel muscolo 0-24 ore dopo la macellazione ma non quando la carcassa è tenuta a 4 ° C per 48 ore.

Al momento non sono riconosciuti vettori biologici per la PRRS, questo significa che la replicazione del virus non avviene nell’organismo di un altro animale. Tutti i vettori ricoprono quindi solo un ruolo meccanico, sebbene il virus della PRRS sia stato riscontrato in zanzare e mosche presenti in aziende suinicole. Gli insetti, nell’epidemiologia di questo agente virale, svolgono un ruolo ancora poco chiaro. Sperimentazioni di laboratorio hanno dimostrato che mosche e zanzare trasmettono il virus della PRRS, ma sono necessarie ulteriori prove per stabilire se questo avvenga anche sul campo. In termini pratici rivestono un ruolo determinante le mosche che, muovendosi su ferite ed abrasioni cutanee, sono capaci di trasportare il virus da un suino all’altro.

Pratiche di biosicurezza

Innanzitutto la prima considerazione da fare riguarda la localizzazione dell’allevamento, in quanto la vicinanza con allevamenti positivi è il maggior fattore di rischio per l’esposizione al PRRSv. Il fenomeno della “diffusione d’area” o “area spread” consiste nella trasmissione da un’azienda all’altra (a distanza mediamente di 500 metri ad 1 km) in assenza di un’evidente fonte animale o umana. Si verifica con: aerosol, insetti (il loro ruolo sul campo è, come più sopra riportato, ancora da definire), selvaggina, stagni d’acqua, traffico di veicoli e altri mezzi, alcuni probabilmente ancora sconosciuti al momento.

Una volta appurato questo primo aspetto, è necessario gestire adeguatamente i flussi di animali all’interno dell’allevamento. Dal momento che le operazioni di flusso continuo offrono un'opportunità al virus PRRS di muoversi da un gruppo all’altro, la segregazione per età e il “tutto pieno/tutto vuoto” consentono alla mandria di rimanere “chiusa” per un certo periodo di tempo e quindi impediscono l'aggiunta di nuovi animali sensibili. In questo modo le strutture possono essere completamente pulite e disinfettate prima che il gruppo successivo di maiali arrivi, riducendone così il rischio di cross contaminazione.

Quando invece vengono acquistati nuovi animali, soprattutto i giovani riproduttori, prelevarne dei campioni all’arrivo in quarantena e prima che questi vengano spostati verso la mandria, è di primaria importanza ai fini conoscitivi del rischio.

Analogamente il seme che, insieme agli animali vivi infetti, rappresentano il metodo più efficace per introdurre il virus in azienda, dovrebbe provenire da una fonte riconosciuta PRRS-negativa. In caso contrario un campione dovrebbe sempre essere inviato al laboratorio per la PCR senza essere mai impiegato in assenza del responso negativo al virus.

Quando si guarda alla biosicurezza è importante pensare allo “schema degli strati multipli” (figura 1) applicabile nei confronti dell’ingresso di qualsiasi malattia: non esiste infatti una singola pratica che possa pienamente proteggere un’azienda dall’introduzione di una malattia piuttosto che di un’altra. Pertanto, avere differenti elementi da coinvolgere in grado di intervenire a protezione dell’azienda da diversi punti di vista, può risultare molto utile, se non altro, a ridurre i rischi di infezione. Ecco il perché possiamo dire che siano necessari “strati multipli di protezione”.

 PRSS: Schema a strati multipli

Figura 1: concetto di strati. Elementi differenti forniscono strati differenti di protezione.

 

La chiave del successo consiste infatti nell’implementazione coerente, corretta e costante di queste pratiche da parte di tutti all’interno dell’azienda.

A tal fine, per prevenire l’entrata accidentale di visitatori (che potrebbero addirittura indossare calzature utilizzate in altre aziende) e aumentare la consapevolezza nei confronti della biosicurezza, risulta essere d’obbligo la presenza di cancelli chiusi e di una corretta segnaletica. L’azienda deve avere un unico punto di accesso ed essere identificata come un’area ad accesso ristretto.

L’ingresso con panchina, con calzature diverse tra una parte e l’altra di questo “ostacolo”, è un buon metodo per evitare che si incrocino aree “sporche” ed aree “pulite”, in quanto funge da barriera ed obbliga l’operatore a porre maggiore attenzione a questo punto di passaggio. Tuttavia lavarsi e cambiarsi completamente i vestiti minimizza qualsiasi opportunità che le persone fungano da vettori meccanici, così come lavarsi le mani con acqua e sapone/sanificatori al passaggio da un gruppo di animali all’altro minimizza la diffusione all’interno dell’azienda. Qui un nostro filmato che riepiloga queste buone prassi.

La presenza di pediluvi sono un valido strumento per la biosicurezza interna al fine di limitare la diffusione di patogeni, purché si rimuova il materiale organico, dal quale spesso i disinfettanti sono inattivati. Il disinfettante andrebbe cambiato inoltre periodicamente (almeno una volta al giorno) per massimizzare il suo effetto. Ne abbiamo parlato anche in questo articolo.

Un altro veicolo per l’introduzione del virus della PRRS in un’azienda è rappresentato dai mezzi di trasporto. La migliore scelta prevede l’utilizzo di trasporti dedicati solo agli svezzati, e solo agli animali da rimonta. I rimorchi, dove alla fine di ogni scarico rimane un’ingente quantità di materiale organico, andrebbero puliti e disinfettati con sistemi di essiccazione e decontaminazione termoassistiti in aggiunta alla pulizia e alla disinfezione, poiché come detto precedentemente il virus è molto suscettibile alle alte temperature.

Per quanto riguarda i veicoli per il trasporto del mangime, le aziende negative dovrebbero essere le prime della giornata per la consegna, mentre per la rimozione degli animali morti è opportuno fornire un'area di raccolta lontano dall’azienda per evitare che il veicolo di rendering entri.

 

Cosa si sa realmente sulla capacità di trasmissione del virus della PRRS per aerosol?

Si sospetta che il virus viaggi nei bioaerosol, ma non ci sono dati disponibili sulle loro dimensioni.

La trasmissione con aerosol si verifica maggiormente con alti livelli di umidità, bassa velocità del vento e basse temperature ambientali. Esperienze di campo suggeriscono che il virus non viaggi frequentemente per via aerea, ma è stato dimostrato sperimentalmente che il virus può viaggiare nell’aria per diversi chilometri ed è infettante quando iniettato nei maiali. Nonostante ciò questi studi non provano che la trasmissione aerea avvenga naturalmente dal momento che, iniettare il virus, non è come lasciare che si verifichi un’esposizione naturale allo stesso.

La trasmissione per aerosol sui riproduttori sembra molto variabile anche in funzione del ceppo. Infatti non è detto che durante un'epidemia acuta il virus si diffonda uniformemente e/o velocemente tra tutti gli animali.

La filtrazione dell’aria è comunque considerata uno strumento molto interessante per i centri verri (studs) data l’evidenza scientifica che l’aria filtrata sia in grado di ridurre la frequenza dei focolai. Tuttavia, è bene tenere presente, che questi si verificano anche in aziende con sistemi di filtrazione dell’aria evidenziando così il concetto che, presi singolarmente, i sistemi di filtrazione dell’aria non siano sufficienti a dare protezione se non adeguatamente supportati da altre misure di biosicurezza.

 

Alla luce di quanto illustrato finora, risulta chiaro che conoscere e mettere in pratica tutte queste misure ponga delle basi solide per il miglioramento delle condizioni sanitarie aziendali.

Inoltre si consideri che senza un adeguato piano di biosicurezza potrebbero risultare vani interventi aziendali, anche costosi, come le vaccinazioni, l’herd closure, lo spopolamento-ripopolamento etc…, che saranno trattati in un prossimo articolo volto a concludere l’argomento sulle strategie nei confronti della PRRS.

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