(Dott.ssa Angela Bonetto)

È giunto il momento di chiudere il cerchio sulla gestione della PRRS (Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome) con questo articolo conclusivo, dopo che nei precedenti interventi sono stati trattati i criteri di classificazione delle aziende e le pratiche di biosicurezza.

Una volta classificato l’allevamento secondo lo schema di Holtkamp (fig.1), è quindi opportuno prendere delle decisioni sulla gestione della PRRS a livello aziendale. Le scelte disponibili sono legate ad un programma di controllo oppure un programma di eliminazione.

Classificazione Holtkamp per l'allevamento

Fig.1 : Classificazione secondo Holtkamp et al. (2011). Questo schema dà un’immediata lettura della propria situazione aziendale ogni volta che si ottengono i risultati dei campionamenti mensili.

Posto l’obiettivo di svezzare suini non viremici, la fase iniziale di qualsiasi piano, controllo o eliminazione che sia, è nella scrofaia poiché, quest’ultima, determina lo stato di malattia o meno della progenie.

Alcuni fattori possono essere orientativi sulla scelta da effettuare:

  • in mandrie con meno di 500 scrofe l’esposizione naturale risulta essere più veloce rispetto a gruppi più numerosi;
  • dove non esistono promiscuità di gruppi di età diverse, è più facile controllare/eliminare il virus;
  • è molto difficile mantenere lo stato di PRRSv-negativo per lunghi periodi di tempo per aziende localizzate in aree ad elevata densità suinicola;
  • programmi di eliminazione sono auspicabili per aziende che producono animali da rimonta;
  • la coesistenza di ceppi differenti in un’azienda rende molto più difficoltoso il controllo.

Fattori per intraprendere programma di eliminazioneFig. 2: brainstorming riassuntivo sui fattori da considerare per intraprendere un programma di eliminazione o controllo della PRRS.

Al fine di attuare programmi di controllo, la vaccinazione può rivelarsi un valido alleato seppur considerata controversa. Al momento non esiste un vaccino in grado di determinare una forte risposta immunitaria con una cross protezione universale, e questo aspetto alimenta lo scetticismo generale. Sono disponibili due tipologie di vaccini, i vaccini spenti ed i vaccini attenuati. I primi stimolano la risposta anticorpale ma non l’immunità cellulo-mediata e gli anticorpi prodotti non è detto che siano protettivi. Sembra pertanto che siano più efficaci quando somministrati in animali con precedente inoculazione di vaccino vivo. I vaccini vivi attenuati infatti inducono sia la risposta umorale, che cellulo-mediata (quest’ultima è l’immunità più protettiva nei confronti del PRRSv). Il grado di cross protezione è abbastanza variabile come è pure imprevedibile l’efficacia, tuttavia si è dimostrato che i vaccini vivi attenuati riducono le lesioni e i segni clinici e talvolta riducono la durata della viremia e migliorano le performance (ADG) in suini in accrescimento.

Un programma di controllo per ritenersi valido dovrebbe considerare imprescindibile l’immunizzazione delle scrofette da rimonta durante il periodo di adattamento, tanto per quelle acquistate (rigorosamente negative) quanto per quelle provenienti dall’autorimonta, attraverso la somministrazione di almeno una dose di vaccino vivo attenuato o con l’esposizione al virus di campo (-feedback- con soggetti viremici e/o la sieroinfezione). Prima dell’introduzione delle rimonte tra i riproduttori, bisogna comunque dimostrare che essi sono stati esposti al virus (positivi agli anticorpi) e che non sono eliminatori (PCR-negativi). L’acclimatamento post esposizione dura idealmente 75-90 giorni a seconda dell’età degli animali, più il periodo è lungo tanto più si minimizza il rischio di introdurre animali viremici. Durante tale periodo infatti, le scrofette potrebbero essere ancora nelle condizioni di espellere il virus nell’ambiente circostante che, in questo caso neanche a dirlo, sarebbe popolato dalle scrofe gravide dell’azienda con tutte le conseguenze che la cosa potrebbe portare.

Questa procedura è il metodo migliore per stimolare la protezione verso il ceppo PRRSv omologo dell’azienda, tuttavia non è libera da rischi, come ad esempio l’inoculazione di altri agenti patogeni non noti. Inoltre i risultati non sono sempre prevedibili poiché questi dipendono dalla virulenza del ceppo coinvolto. In ogni caso il  siero viene raccolto da suini viremici, meglio quelli della sala parto poiché “più vicini” alle scrofe (mantenendo così una importante omologia con il ceppo verosimilmente circolante sui riproduttori stessi). Gli animali da esporre al virus vengono inoculati sulla base del rapporto di prova del laboratorio, cui è stato preventivamente inviato un campione, in grado di darci sia una valutazione qualitativa, legata alla genotipizzazione del sierotipo, che alla quantità di virus presente nel campione stesso.

Cercare di portare tutti gli animali dell’azienda ad avere lo stesso stato immunitario nello stesso momento (omogenizzazione) significa impedire che si creino sottopopolazioni di individui suscettibili potenzialmente in grado di diventare viremici, e che quindi ci sia un continuo “rimbalzo” del virus da una sottopopolazione all’altra.

Ecco il motivo per il quale risulta necessario che il protocollo di vaccinazione sui riproduttori, venga realizzato contemporaneamente (vaccinazione di massa). Tale protocollo prosegue vaccinando con le stesse modalità ogni 3-4 mesi, sempre con vaccino vivo attenuato, l’intera mandria.

Lo storico programma denominato 6-60, che prevedeva la vaccinazione 6 giorni dopo il parto e a 60 giorni di gestazione, è stato progressivamente abbandonato poiché, risentendo molto della fertilità aziendale, contribuisce a creare delle sottopopolazioni che potremmo definire “mal protette”.

 

Dopo questa panoramica sulle principali strategie mirate al controllo, orientiamoci ora verso l’altra strada percorribile, volta al raggiungimento dello stato negativo grazie a oculati programmi di eliminazione.

L’analisi economica del costo della malattia permette di valutare la strategia più adatta alla propria azienda. Questa informazione, insieme al costo atteso del programma di eliminazione e l’aumento della produttività dovuta all’eliminazione della PRRS, aiuterà inoltre a determinare per quanto tempo un’azienda deve rimanere negativa per compensare queste spese.

Lo spopolamento-ripopolamento (depop-repop) dell’intera azienda è la via più semplice e veloce per rientrare in categoria IV (azienda PRRS-negativa). Questo è sicuramente l’approccio più costoso: l’intero sito deve essere completamente depopolato prima che animali negativi vi siano introdotti.

Gli edifici devono essere lavati, disinfettati e lasciati vuoti per almeno due settimane/trenta giorni ed il periodo migliore per questa operazione è quello estivo, poiché il virus dimostra una maggior resistenza ambientale nel periodo invernale. Potrebbe risultare indispensabile ricorrere all’acquisto di nuove attrezzature, al fine di non rendere vani gli sforzi eseguiti per non aver sostituito lampade, tappetini, stivali o comunque quelle apparecchiature non sempre facilmente lavabili.

Un altro programma di eliminazione prevede di testare gli animali in riproduzione e rimuovere quelli sieropositivi (test and removal), per cui è indispensabile disporre dei risultati di laboratorio entro 1-2 giorni. Questo programma non gode di molto successo quando la mandria è instabile, anzi funziona meglio quando la prevalenza è al di sotto del 10-15%, e l’efficacia dipende da quanto precocemente il primo caso osservato è identificato e rimosso. Una volta eliminati tutti gli animali positivi, il resto della mandria dev’essere testato ogni trenta giorni.

Da diversi anni trova molte condivisioni l’idea che siano necessarie azioni coordinate a livello territoriale e che non riguardino separatamente ogni singola azienda. Un progetto regionale è sicuramente ambizioso ma apporterebbe molteplici benefici grazie ad un controllo basato su trasparenza, comunicazione tra le parti coinvolte e definizione di uno schema diagnostico comune.

È importante altresì comprendere l’imprevedibilità che caratterizza la PRRS al fine di saper riadattare e rimaneggiare con mentalità elastica le strategie aziendali, di pari passo alla possibile evoluzione del proprio stato sanitario. Non bisogna dimenticare che un buon piano d’azione funziona bene quando tutte le misure prese sono attuate consapevolmente e sinergicamente.