Difficilmente in passato mi sono espresso sul meeting della SIPAS (Società Italiana di Patologia ed Allevamento del Suino), ma quest'anno, ne sento davvero il bisogno. Come molti di voi lettori sapranno, si tratta dell'evento per veterinari, tecnici ed allevatori, di maggior rilievo nel panorama della suinicoltura scientifica nazionale. Anche quest'anno la sede del centro congressi di Montichiari, si è prestata più che degnamente per lo svolgimento dell'evento, ma in questa edizione, sono stati sicuramente i contenuti ed i richiami ai grandi personaggi della suinicoltura del nostro passato, a fare la differenza.
L'argomento attorno al quale ha girato tutto l'evento, è stato quello della scrofetta, e per affrontarlo, si sono succeduti sul palco relatori molto noti nel panorama della nostra suinicoltura e di quella internazionale. È stato così dato spazio ad un segmento della filiera, sempre troppo bistrattato ed al quale tutti, dagli allevatori ai veterinari, spesso riservano un ruolo di secondaria importanza. Devo dire che il tutto si è svolto in un ottimo equilibrio fra gli spazi dedicati alla sanità, al management, all'alimentazione ed alla cultura più in generale dell'argomento. Insomma un evento davvero gradevole, oserei dire fra i più riusciti degli ultimi anni, tenuto anche conto delle difficoltà che devono affrontare i consiglieri della società nel reclutamento dei relatori.
A questo punto vi chiederete il motivo di tanta enfasi da parte di chi vi scrive, e credo sia il caso di fare un piccolo passo in dietro, portando la vostra memoria, quella serie consecutiva di rubriche dove ho cercato di sottolineare l'importanza della scrofetta come futuro dell'azienda. Ecco che quindi l'aver visto affrontati argomenti comuni con i relatori e ritenuti da tutti assolutamente fondamentali per il futuro dell'azienda suinicola, mi ha profondamente gratificato, se non altro poiché oggetto di miei recenti studi.
A mio avviso di grande interesse l'enfatizzazione del rapporto uomo-animale ovvero la necessità che abbiamo sin già dalle prime fasi, di dover trattare bene questi animali affinché vedano l'uomo, non più come una fonte di pericolo, ma come un partner di giochi con il quale condividere esperienze comuni. Affascinante l'idea di raggiungere questo obiettivo, anche attraverso la somministrazione di frutta per accattivarsene appieno le grazie. Ridurre quindi lo stress da adattamento all'uomo come primo evento, ma anche alle strutture, soprattutto le gabbie gestazione, per le quali è raccomandato un periodo di presenza di minimo 16 giorni al loro interno prima dell'inseminazione vera e propria, questo per ridurre l'incidenza di perdite di gravidanza tardive o di riduzione della natalità totale. In ogni caso, e su questo tutti i relatori sono stati concordi, bisogna inseminare le scrofette attorno agli otto mesi (220-250 giorni di vita) e ad un peso compreso fra 135 ed i 145 kg. Attenzione quindi alla pubertà, che si ha con un'età giusta, ma anche agli accrescimenti, che si evidenziano attraverso il peso degli animali. Interessante al riguardo, come sia cambiato negli ultimi 10 anni il valore delle misurazioni del lardo che, come sappiamo dalla letteratura contemporanea, presta il fianco a diverse critiche, ma che di fatto rimane l'unico strumento di uso comune, per correlare numericamente condizioni corporee e prospettive riproduttive. Si è partiti in passato con i 14 mm di lardo dorsale, rilevati nel punto P2, per raggiungere gli attuali 18-20 mm richiesti dai più recenti profili genetici.
Rimane fondamentale, e questa è una certezza, l'adeguata stimolazione con il verro, meglio più di uno, che dovrebbe incominciare a partire dai 200-210 giorni di vita, e non prima, in modo repentino, senza preavvisi, sfruttando così l'effetto sorpresa.
Per completare il quadro sulla scrofetta sono stati affrontati nei dettagli gli aspetti nutrizionali e sanitari. Per quanto concerne il primo punto è utile sottolineare la vastità delle informazioni che sono state date nel corso del meeting, partendo dagli specifici fabbisogni per arrivare alla curva di alimentazione sia in gestazione che in sala parto. La discussione ha messo in evidenza che i livelli di ingestione di questi giovani riproduttori dovrebbero essere più bassi di quelli che in realtà assumono nella stragrande maggioranza delle aziende. Questo è una conseguenza del fatto che devono adattarsi alle stesse curve delle pluripare, a causa della convivenza fra le due popolazioni di animali negli stessi reparti.
Relativamente alla sanità, non sono state apportate nuove conoscenze rispetto a quanto già noto da tempo, e come spesso accade, la PRRS, ha avuto un ruolo da protagonista. In effetti si tratta di una malattia davvero affascinante poiché ad oltre 20 anni dalla sua scoperta, sono ancora molti i lati oscuri legati alla sua epidemiologia. Quello che è certo è il ruolo chiave che la scrofetta ha nel controllo della diffusione del virus in azienda, sia esso omologo che eterologo. Molto interessanti sono stati i richiami ad un agente patogeno troppo spesso trascurato, l'Actinobacillus pleuropneumoniae (APP) dove è stato messo in correlazione ad una serie di disordini riproduttivi davvero inaspettati.
Alla base di tutto rimane il corretto acclimatamento di questi giovani riproduttori verso tutto quello che riguarda l'azienda, personale, strutture, alimentazione, patogeni e quant'altro. Attraverso questa delicatissima quanto difficilissima fase passa il successo oppure il fallimento del risultato produttivo. Anche se questo concetto suona piuttosto famigliare, non dobbiamo mai dimenticarlo e, per enfatizzarlo ulteriormente, sono stati scomodati anche due grandi della suinicoltura italiana a cui tanti, compreso il sottoscritto, sono molto affezionati, mi riferisco al Prof Casimiro Tarocco ed al compianto dottor Iller Campani, entrambi citati in sede congressuale e che quindi, anche se solo con il loro ricordo, hanno impreziosito un meeting certamente fra i più interessanti......davvero tanta roba.