Dopo aver trattato, sommariamente, l'esperienza della provincia autonoma di Bolzano, arrivo a prendere in esame i piani regionali di controllo ed eradicazione della malattia di Aujeszky nella specie suina.
Poco prima che il territorio della provincia autonoma di Bolzano fosse dichiarato indenne da Aujeszky (fine 2012), si mosse il Friuli Venezia Giulia (Decreto n. 973/VETAL dd.26/10/2011), che precedette, seppur di poco, la Lombardia (Decreto 10784-2011 Piano di controllo della malattia di Aujeszky in Regione Lombardia: verifica attuazione del piano vaccinale), cui seguì il Veneto (DGR 2061 del 11/10/12 Piano di controllo finalizzato all’eradicazione della malattia di Aujeszky nella Regione del Veneto) e, da ultimo arrivò l’Emilia Romagna (Deliberazione Della Giunta Regionale 13 Ottobre 2014, N. 1588 - Linee guida per l'attuazione dei controlli inerenti la malattia di Aujeszky per gli allevamenti suini della Regione Emilia Romagna).
Bisogna assolutamente precisare, che, a differenza della provincia autonoma di Bolzano, i territori regionali, che si sono messi in pista per divenire indenni da Aujeszky, tranne forse il Friuli Venezia Giulia, rappresentano, senza ombra di dubbio, le zone a più alta densità zootecnica della specie suina in Italia, paragonabili a zone di altri paesi a vocazione zootecnica suina (Olanda, Danimarca, Francia, Germania...).
Senza entrare nel dettaglio dei singoli piani, finalmente si cominciò a fare sul serio. Tali piani, contenevano tutti gli elementi, ai sensi dell'art. 9 della direttiva 26/06/1964 (64/432/CEE) ed in conformità alla Decisione 2008/185/CE, per essere approvati dall'Unione Europea, mediante l'inserimento del territorio regionale nell'allegato II della stessa decisione. Infatti, la prima regione che ottenne tale risultato fu il Friuli Venezia Giulia (Decisione di Esecuzione (UE) 2017/486 della Commissione del 17 marzo 2017), seguita a breve distanza dalla regione Veneto (Decisione di esecuzione (UE) 2017/888 della Commissione del 22 maggio 2017). Per la Lombardia, voci di corridoio lombarde, danno per certa l'approvazione entro la fine del 2017. Per quanto riguarda la regione Emilia Romagna, solo l'emanazione dell'ultimo piano (Deliberazione della Giunta Regionale 22 Maggio 2017, N. 663) sembra avere, a differenza del precedente piano del 2014, tutte le caratteristiche per poter ambire all'approvazione, da parte dell'Unione Europea, con conseguente inserimento del territorio regionale nell'allegato II della Decisione 2008/185/CE.
Si tratta di piani sicuramente ambiziosi, coraggiosi ed articolati, che hanno, finalmente, l'indubbio pregio di affrontare in maniera sicuramente organica il problema dell'eradicazione della malattia d'Aujeszky. Ambiziosi e coraggiosi perché, per la prima volta per tale malattia, è stato predisposto un percorso, distinto in due fasi, che dovrebbe portare le regioni all'ottenimento della qualifica di "Regione Indenne da malattia di Aujeszky", con conseguente abbandono della vaccinazione negli allevamenti delle stesse. Articolati perché stabiliscono delle date precise, all'interno di un rigoroso percorso per l'ottenimento della qualifica di allevamento indenne da malattia di Aujeszky, dei ruoli e delle responsabilità, altrettanto precisi, per il veterinario aziendale, qui riconosciuto nel suo ruolo centrale ed indispensabile, ed il Servizio Veterinario, che avrebbero dovuto consentire, a fronte del fatto che la situazione epidemiologica rimanesse favorevole, il raggiungimento dell'obiettivo finale: l'ottenimento della qualifica di "Regione Indenne da malattia di Aujeszky". Altro aspetto importante che emerge dalla lettura dei piani, per la riuscita degli stessi è il controllo dell'efficacia della vaccinazione nelle aziende da ingrasso mediante controlli sierologici in allevamento, o al macello. Addirittura, nel piano veneto, in caso di esito sfavorevole al controllo al macello, è previsto un controllo in allevamento una settimana dopo l'esecuzione della terza vaccinazione. Nella parte relativa alle norme di biosicurezza, definite "stringenti" nel piano veneto, per portare le aziende positive all'ottenimento dell'accreditamento, ho ritrovato, per buona parte, concetti sanitari, tuttora validi, della circolare dell'Emilia Romagna n° 40 del 27/11/1989. Per quanto riguarda il piano veneto, si trattava del primo, a mia memoria (neppure il piano della provincia di Bolzano, unico territorio italiano riconosciuto indenne da Aujeszky, lo prevedeva), che stanziava dei fondi per finanziare l'eradicazione dalla malattia di Aujeszky in Italia, anche se limitato alla sola regione Veneto. Altro aspetto importante da rimarcare nei piani regionali: mettono in piedi un sistema integrato pubblico/privato (servizio veterinario ULSS e veterinario aziendale) che riconosce l'importanza della classe veterinaria, centrale nell'eradicazione da una malattia, fonte sia di danni economici diretti per gli allevatori, legati alla malattia stessa ed alle patologie cui fa da apripista, sia di danni economici indiretti per tutta la filiera del comparto produttivo suinicolo. Infatti, stante l'attuale situazione epidemiologica, tranne la provincia di Bolzano, per il restante territorio dell'Italia non è possibile, per i prodotti a base di carne suina, essere certificati come provenienti da "territori indenni da Aujeszky", a fronte della maggior parte degli altri stati UE, oramai accreditati nei confronti di tale malattia. In ultima analisi gli allevatori italiani continuano a non poter offrire ai macellatori e all'industria delle carni una materia prima utilizzabile anche per le esportazioni in mercati Aujeszky free. Tenuto conto anche del fatto che, per i prodotti di salumeria, tali esportazioni sono per l'Italia tutt'altro che trascurabili ed in potenziale crescita.
Da ultimo una considerazione generale per i veterinari: noi come categoria forse non abbiamo fatto tutto quello che dovevamo. Abbiamo tollerato, come veterinari pubblici, la latitanza dei colleghi responsabili del piano e le mancate terze vaccinazioni nell'ingrasso.
Come veterinari responsabili del piano non abbiamo preso sul serio l'impegno di arrivare all'eradicazione dalla malattia almeno nell'allevamento, fonte di indubbi vantaggi, oltre che sanitari anche economici per l'allevatore.
Se avessimo fatto fronte comune come categoria, forse non staremmo, a ben 20 anni dal piano del 1997 (23 dal piano del 1994), ancora a combattere con una malattia come l’Aujeszky.
Io nel mio piccolo ho sempre fatto il possibile, cercando di trattare la “biosicurezza” in tempi lontani e non sospetti. Per chi vuole farsi del male, per lo più per la leggibilità del materiale, sul contenuto rileggendoli ci trovo tanti concetti che i “nuovi soloni” vanno sbandierando solo oggi, vi invito a dare un occhiata ad alcune mie vecchie pubblicazioni (Vuoto sanitario nell'allevamento suino, Reparto di isolamento nell'allevamento suino, Profilassi ambientale suina).
Nella pratica, ho sempre cercato di fare qualcosa, da povero veterinario ASL:
- convincendo gli allevatori che acquistavano riproduttori ad acquistare soggetti sieronegativi (profilassi diretta);
- convincendo gli allevatori che acquistavano riproduttori a sottoporli, comunque, in isolamento ad un controllo sierologico, con anche qualche sorpresa (profilassi diretta);
- convincendo gli allevatori che acquistavano suini da ingrasso a chiedere che provenissero da allevamenti con le scrofaie sieronegative, se non indenni (profilassi diretta);
- convincendo gli allevatori ad adottare tutte le precauzioni possibili per impedire l'ingresso del virus in allevamento (non fare entrare estranei, non fare entrare automezzi, o, se non possibile, disinfettarli accuratamente) (profilassi diretta);
- convincendo gli allevatori degli allevamenti da ingrasso dell'importanza della terza vaccinazione, per abbattere la circolazione virale nei soggetti coperti vaccinalmente (profilassi indiretta).