…VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2011… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP), 43a edizione: “FATTORI CHE DETERMINANO LA FIDELIZZAZIONE DELLA MANODOPERA SALARIATA NELL’ALLEVAMENTO SUINICOLO” - Relatori: Depoudent C. e Le Moan L. (Camera dell’Agricoltura della Bretagna)

 Introduzione

Nel settore agricolo, l’ultimo decennio è stato caratterizzato dal disimpegno della manodopera familiare a vantaggio di quella salariata. Nel settore suinicolo, il turn-over delle aziende è più elevato di quello osservabile in altre filiere agro-zootecniche e si basa soprattutto su abbandoni volontari del personale salariato.
Il rapporto esistente tra offerta lavoro/personale disponibile, molto favorevole ai lavoratori, favorisce i cambi di azienda. Dal punto di vista dell’azienda suinicola, questa rotazione dei salariati si rivela costosa nel tempo, sia in denaro, sia soprattutto in termini di efficienza gestionale. Per i proprietari/allevatori c’è quindi tutto l’interesse a costituire e mantenere stabile nel tempo una équipe di personale dipendente.

Materiali e metodi

L’obiettivo di questo studio era quello di identificare gli elementi che favoriscono la fidelizzazione dei salariati non familiari negli allevamenti suinicoli. A questo scopo, sono state effettuate interviste individuali di circa un’ora e mezza con dieci salariati di dieci allevamenti bretoni (un salariato/azienda). Sono stati selezionati allevamenti con vari dipendenti e personale con almeno tre anni di anzianità nell’allevamento oggetto di inchiesta.
Gli allevamenti selezionati sono cicli chiusi che variano da 300 a 1.100 scrofe, con due-tre proprietari e gruppi di salariati compresi tra le tre e le sette persone/allevamento. In nove casi su dieci, il primo salariato era stato assunto da oltre vent’anni o addirittura prima dell’avvento dell’attuale proprietà. I dipendenti intervistati avevano un’anzianità di lavoro compresa tra 3-28 anni ed erano tutti responsabili di un settore dell’allevamento (sale parto, gestazione, ecc.) o di un intero sito.
L’intervistatore era lo stesso per tutti gli interpellati. Tre tematiche sono state affrontate con i proprietari:

  • I progetti/prospettive dell’azienda
  • L’organizzazione del lavoro
  • Le condizioni di lavoro

Le interviste con i salariati hanno toccato i seguenti temi:

  • Il percorso professionale del lavoratore
  • L’organizzazione del lavoro
  • Le condizioni di lavoro

Risultati e discussione

Nei dieci allevamenti indagati i ruoli e le responsabilità sono chiaramente definiti. I salariati hanno livelli di responsabilità elevati, corrispondenti ad un profilo che potrebbe essere sintetizzato in questi termini: “autonomi su tutti i compiti dei reparti affidati, così come nella gestione interna dei week-ends, dei permessi e delle responsabilità lavorative”.
Tutti gli allevamenti interessati disponevano di servizi igienici adeguati e di locali per i pasti in comune.
L’orario di lavoro è fisso, ma con una certa flessibilità legata sia alla necessità dei compiti da svolgere che all’insorgenza di imprevisti, ad esempio di natura familiare.
Quattro salariati su dieci si dicono soddisfatti del loro stipendio. Altri affermano che potrebbero guadagnare di più svolgendo altri lavori, ma che il livello di reddito non è in cima alla lista delle priorità.
L’analisi delle dichiarazioni raccolte dai proprietari mostra una grande attenzione verso gli aspetti relazionali attivati con il personale, come emerge dai seguenti aspetti:

  • Inserimento di “tempi di scambio” regolari con tutta l’équipe: pause, riunioni (“mi prendo il tempo di prendere il caffè con loro”)
  • Riconoscimento del lavoro svolto dai dipendenti, sia all’interno del gruppo sia verso l’esterno, ad es. ponendo i vari responsabili di reparto come interlocutori tecnici di visite/consulenze dall’esterno (“quando ci sono visite, penso che sia indispensabile che ciascuno si faccia carico delle sue responsabilità, che possa mostrare ciò che ha fatto e possa discutere di eventuali modifiche”)
  • Volontà di sviluppare uno “spirito di squadra”, risolvendo rapidamente le tensioni e non affidando ruoli di responsabilità a chi non mostra di sapersi integrare (“se non c’è un buono spirito di squadra a causa di una persona, io non la tengo con me”)
  • Inserimento di “tempi di convivialità” (compleanni, cene aziendali, ecc.) dedicati alle relazioni non-professionali (“si sta insieme per conoscersi meglio, non per parlare di lavoro”)
  • Personalizzazione nell’applicazione del management aziendale (“ho quattro persone differenti che lavorano con me, non parlo a tutte nello stesso modo perché ho cercato di capire prima che tipi sono”)

Anche le affermazioni dei salariati confermano che, oltre a garantire buone condizioni materiali di lavoro, è importante che il proprietario sia pronto a dare delle responsabilità precise in base a quanto accade in allevamento (“un buon datore di lavoro è una persona che si mostra riconoscente per il lavoro svolto, che ascolta i propri dipendenti”) e che si impegni per mantenere un buono spirito di squadra (“un buon proprietario è una persona che sa mantenere un buon ambiente all’interno del gruppo, che sa come affrontare i problemi al loro nascere”).


Conclusioni

Nei dieci allevamenti oggetto dell’indagine, emerge che i proprietari hanno messo in atto una chiara strategia di fidelizzazione del personale dipendente. Questa si basa sia su condizioni materiali di lavoro soddisfacenti (livelli di salario, locali, organizzazione chiara dei compiti), ma anche su buone relazioni umane, sia dal punto di vista individuale che di “squadra”, nella convinzione che questo impegno a favore dell’équipe rinforzi l’attaccamento dei salariati al proprio ruolo e alle proprie responsabilità.