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Suinicoltura + Suinicultura

L’Ileite: una malattia economicamente logorante, ma dalla clinica non così appariscente!

Effetti dell'ileite

(dott. Claudio Mazzoni)

L’Ileite è nel nostro paese una delle patologie enteriche più diffuse. Tuttavia, sono pochissime le realtà zootecniche che all’interno dei loro programmi di controllo, siano essi di natura manageriale o vaccinale, pongono una reale attenzione a questa patologia. Ecco che allora sorge spontanea una prima domanda. Ma perché questo disinteresse? Beh! Certamente non possiamo dire di avere a che fare con un patogeno in grado di lasciare decine di morti al suo passaggio. Quindi non è molto appariscente da un punto di vista clinico, infatti i danni maggiori li esprime in ambito zootecnico, grazie al fatto che predispone il suino ad una crescita non ottimale, interferendo con l’assorbimento dei nutrienti, e all’insorgenza di malattie secondarie mediate da altri patogeni.

A ben pensare, in ambito respiratorio, abbiamo già l’esempio di un patogeno analogo in grado di ricalcare le orme della Lawsonia. Parliamo del Mycoplasma hyopneumoniae che, sebbene non sia nelle condizioni di “uccidere” brutalmente, esprime la sua maggiore interferenza verso l’uniformità di crescita condizionando negativamente tanto le conversioni quanto le rese alimentari, proprio come Lawsonia. Quello che sorprende però, è il diverso approccio aziendale alle due patologie. Per il Mycoplasma è molto comune l’inserimento di una vaccinazione sistematica di tutto l’effettivo aziendale, mentre per la Lawsonia ancora no!

Ma cos’è allora che può aver condizionato scelte strategiche così distanti fra loro? Certo la disponibilità di vaccini per la Lawsonia è decisamente più recente rispetto al Mycoplasma. Tuttavia, c’è qualcosa di poco comprensibile in più! L’aspetto principale ritengo che possa essere legato ad una mancanza di informazione generalizzata, sia degli allevatori che dei veterinari sulla materia, ed in particolare sui danni zootecnici che questa patologia è in grado di esprimere. Ecco il perché vale la pena riprendere in mano alcuni concetti essenziali.

La Lawsonia Intracellularis è l'agente eziologico responsabile dell'enteropatia proliferativa suina, detta anche Ileite. Colpisce prevalentemente suini fra il magronaggio e l’ingrasso e le lesioni, i segni clinici e perdite di produttività possono variare da lievi a gravi. I segni clinici possono includere diarrea, emaciazione e talvolta morte, ed i suini possono essere colpiti in qualsiasi momento del loro ciclo produttivo. I danni maggiori sono attribuibili alla fase sub-clinica e a quella cronica che interessano principalmente la sfera delle performance zootecniche. Tali perdite sono più significative nella fase di fine svezzamento, ma soprattutto magronaggio o ingrasso, a partire da circa 20 kg.

La forma subclinica rimane in assoluto quella più frequente e, in questo caso, abbiamo a che fare con una malattia poco visibile. Qui i suini crescono più lentamente anche in assenza di diarrea o sindromi da deperimento, ma è la perdita di produttività il vero problema. Questa perdita, infatti, non è caratterizzata da segni clinici evidenti quali la mortalità, ma riguarda la sensibile riduzione dell’efficienza alimentare. I suini affetti da ileite hanno un rapporto di conversione del mangime peggiore. Una crescita più lenta è misurata da una riduzione dell'accrescimento medio giornaliero (Accrescimento Medio Giornaliero: AMG) e una conversione meno efficiente del mangime (Indice di Conversione dell’Alimento: ICA). La malattia comporta anche un aumento della percentuale dei soggetti in ritardo di crescita, fra i quali con più facilità si sviluppano gli scarti, con conseguente aumento dei suini da sopprimere ed il relativo tasso di abbattimento. Oltre ai costi legati a queste perdite, non dobbiamo dimenticare di aggiungere anche i costi legati ai farmaci impiegati (orali ed iniettabili) per tentare di recuperare la situazione, peraltro spesso con risultati discutibili.

È difficile fare buone stime delle perdite di produttività causate dall'ileite, senza una adeguata raccolta dati relativa ai consumi ed alle crescite dei propri animali. Altra lacuna possibile deriva dalla difficoltà di classificare i gruppi dei suini in accrescimento come colpiti o non colpiti da ileite, vista l’assenza di una clinica ben evidente. Sono disponibili strumenti diagnostici per determinare la presenza di Lawsonia, tuttavia i costi di queste indagini sono abbastanza onerosi e spesso non se ne capisce appieno il significato o non si è in grado di darvi una corretta interpretazione. Ne deriva che osservare i segni clinici è meno costoso che eseguire diagnosi, ma ciò rimane qualcosa di soggettivo e la mancanza di segni clinici tipici dei casi subclinici e cronici rende impossibile farvi affidamento per classificare i gruppi come colpiti o no dalla malattia. Fortunatamente gli studi pubblicati forniscono una base per stimare la misura in cui l'ileite influisce su ADG e ICA. A tale proposito, uno studio caso-controllo che ha confrontato gli allevamenti affetti da ileite con quelli non affetti ha riportato che l'ADG dallo svezzamento alla fine del ciclo, è stato ridotto del 9% e che l’ICA è aumentato del 7%.

La principale fonte di perdite economiche associate all'ileite deriva quindi dalla perdita di efficienza alimentare, più nel dettaglio si osserva un danno zootecnico individuale, variabile da suino a suino, relativo all’accrescimento medio giornaliero, proprio perché alcuni suini possono essere colpiti più di altri. Al momento della commercializzazione, la maggiore variazione del peso dei suini, comporta una inevitabile difformità della partita stessa che rende più difficile la sua commercializzazione. I suini più pesanti possono essere commercializzati prima, ma i suini più leggeri causano i maggiori problemi. Se è disponibile spazio nelle strutture, i suini più leggeri possono essere alimentati per un periodo più lungo e commercializzati in tempi successivi. Tuttavia, quando lo spazio è limitato, come accade di solito, i suini più leggeri vengono commercializzati a pesi non ottimali, con conseguente perdita di profitto.  In ogni caso, sia che lo spazio nelle strutture sia di proprietà, o sotto contratto di soccida, impiegarlo per un tempo più lungo aumenta inevitabilmente i costi di produzione.

Ecco che allora un'analisi dei costi-benefici potrebbe essere di aiuto per dare informazioni preziose al fine di aiutare gli allevatori a decidere quali strategie approcciare in caso di positività a Lawsonia. Ma una domanda mi sorge spontanea a questo riguardo: quanti allevatori nel nostro paese, hanno un’idea precisa dei parametri zootecnici legati al mangime (AMG, ICA) dei loro siti 2 e 3? Sebbene le ultime crisi di mercato abbiano posto bene l’accento sull’importanza della raccolta di questi dati, credo che la questione non sia ancora stata ben da tutti affrontata, soprattutto in certe realtà (vedi i cicli chiusi). Ecco che allora l’implementazione di una strategia, ad esempio vaccinale, potrebbe essere una duplice opportunità sia per mettere mano in maniera definitiva alla raccolta di queste preziosissime informazioni, sia per intervenire in modo deciso, nei confronti di una patologia che con il suo andamento sub-clinico e cronico, è in grado di penalizzare in maniera logorante le finanze dell’azienda.