Un patogeno fastidioso per il suino: Lawsonia intracellularis – ecologia e strategie per il controllo

(dott.ssa Giulia Bini)

I problemi enterici nel suino sono molto comuni, soprattutto nel periodo attorno lo svezzamento; questi disturbi sono spesso di natura infettiva. I virus sono maggiormente implicati nelle patologie che colpiscono i soggetti più giovani mentre, col progredire dell’età, si rinvengono più frequentemente patologie causate da batteri o protozoi che causano diarrea e comportano una riduzione delle performance di crescita dell’animale. Fra i batteri che più impattano dal punto di vista economico sugli allevamenti suini vi è senz’altro Lawsonia intracellularis.

Il patogeno e la malattia

La malattia era già nota nel 1931, descritta come la presenza di adenomi intestinali nei suini. In quell’anno ne è stata dimostrata la natura infettiva grazie alla riproduzione sperimentale in suini alimentati col contenuto intestinale e il raschiato della mucosa di animali infetti.

Nel 1973, invece, è stato osservato per la prima volta, grazie alla microscopia elettronica, il batterio nelle cellule intestinali di suini infetti.

I suini non sono gli unici ad essere colpiti da Lawsonia; è nota dal 1965 una patologia simile che colpisce il criceto. Dall’osservazione microscopica delle cellule intestinali infette è emerso un batterio analogo a quello rinvenuto nel suino.

Anche cavalli, ratti, conigli, furetti, volpi, cani pecore, cervi e primati non umani si possono infettare, in modo naturale o sperimentale con Lawsonia.

Lawsonia intracellularis è un batterio Gram negativo, anaerobio, appartenente alla famiglia delle Desulfovibrionaceae. Come suggerisce il nome stesso è un batterio intracellulare obbligato che, una volta penetrato all’interno delle cellule target, inizia a replicare ed è in grado di propagarsi da una cellula all’altra durante la normale divisione cellulare. È stato infatti notato che la divisione della cellula madre genera cellule figlie infette.

Lawsonia intracellularis è in grado di determinare malattia con due presentazioni cliniche distinte. Nei suini con meno di 4 mesi si manifesta con una forma cronica proliferativa (enteropatia proliferativa - PE) mentre la forma acuta, nota come enteropatia proliferativa emorragica (PHE), colpisce soggetti più maturi nella fase di ingrasso. La forma cronica è caratterizzata da una bassa mortalità e un ridotto aumento di peso dovuto all’inspessimento dell’ileo e del tratto prossimale del colon; i suini si presentano spareggiati in termini di taglia, talvolta anoressici ed apatici o sporadicamente possono manifestare diarrea. Nella forma acuta vi è diarrea di diversa gravità con feci nere catramose che possono progredire in diarrea acquosa con presenza di sangue. Vi possono essere anche pallore, debolezza e casi di morte improvvisa.

La via di trasmissione è oro-fecale. Circa 3 giorni post infezione il batterio si instaura a livello di epitelio intestinale dopo 11-15 giorni compaiono le tipiche lesioni macroscopiche che possono permanere anche per 2 settimane dopo la guarigione. Il batterio viene eliminato con le feci a partire dal settimo giorno post infezione e per le 12 settimane successive. Le tipiche lesioni macroscopiche consistono in un inspessimento della parete intestinale che si presenta con aspetto increspato o cerebriforme. I tratti più colpiti vanno dalla porzione che si trova prossimalmente alla valvola ileo-cecale e fino al primo terzo prossimale del colon. Il contenuto intestinale è emorragico con occasionali coaguli di sangue. Nei casi gravi le lesioni possono estendersi anche al digiuno, ceco e colon distale.

Le cellule più colpite sono quelle epiteliali a livello di cripte intestinali. Gli enterociti infetti accumulano i batteri nella loro porzione apicale; se gravemente infette, le cellule, si mostrano deformate e protrudono verso il lume intestinale. Alterazioni dell’espressione genica comportano un aumento dei segnali che attivano la proliferazione cellulare e diminuiscono la capacità di assorbimento che è poi la causa della diarrea. Istologicamente si osserva una proliferazione degli enterociti immaturi che non si differenziano in cellule caliciformi. Inoltre, sembra che i macrofagi giochino un ruolo chiave nell’infezione in quanto risultano infetti quando invece è avvenuta la clearance degli enterociti.

Tuttavia, restano ancora da chiarire i fattori che permettono l’adesione di Lawsonia agli enterociti, il suo ingresso e propagazione, così come non è chiaro cosa esattamente inneschi la proliferazione delle cellule intestinali.

Controllare l’infezione da Lawsonia

Disinfettanti

Per il controllo di Lawsonia intracellularis si può ricorrere all’uso di disinfettanti. Esistono diversi prodotti commerciali che sono efficaci (Sali quaternari di ammonio, aldeidi, agenti ossidanti, fenoli, prodotti a base di cloro, iodio, ecc…). Il tempo di contatto deve essere almeno 10-30 minuti e bisogna inoltre prestare attenzione alla durezza dell’acqua che abbassa significativamente l’efficacia di inattivazione di alcuni disinfettanti.

Antimicrobici

Da molti anni gli antibiotici vengono addizionati al mangime a scopo profilattico.  Grazie alle colture in vitro e agli antibiogrammi sono state definite le molecole più efficaci. Macrolidi e pleuromutiline sono le famiglie antibiotiche più usate e più attive, sia quando utilizzate con funzione profilattica che con funzione terapeutica in corso di malattia clinica. Al contrario, è nota l’inefficacia delle penicilline e degli aminoglicosidi, così come prodotti a base di zinco, rame e acidificanti nei mangimi.  Ad oggi, però, visto il rischio sempre maggiore di sviluppo di antibiotico resistenza, sarebbe importante limitare l’uso profilattico degli antibiotici cercando pratiche alternative.

Vaccini

Per la profilassi indiretta contro Lawsonia sono ad oggi disponibili sul mercato dei vaccini vivi attenuati o spenti la cui modalità di somministrazione può essere orale o parenterale (intramuscolare o peritoneale). È noto che a seguito dell’infezione naturale si sviluppi una forte risposta immunitaria che successivamente è in grado di proteggere l’animale dalla re-infezione. Al contrario, la risposta immunitaria sviluppata a seguito della vaccinazione sembra essere meno potente, probabilmente perché attiva in misura minore l’immunità cellulo-mediata e la produzione di interferone gamma come invece è in grado di fare il batterio di campo. Dal momento della somministrazione del vaccino allo sviluppo di una immunità proteggente passano, mediamente, 3-4 settimane.

Sebbene l’immunità sviluppata a seguito di vaccinazione sia diversa e probabilmente meno robusta di quella sviluppata a seguito di infezione naturale, l’uso dei vaccini ha mostrato diversi benefici nei trial clinici; la vaccinazione riduce l’entità delle lesioni e l’escrezione di Lawsonia dei suini colpiti ed inoltre permette di ridurre l’utilizzo di molecole antimicrobiche negli allevamenti. Tuttavia, il vaccino non protegge dall’infezione e per perseguire questo scopo sono necessari ulteriori interventi.

Altre alternative

Come detto in precedenza, vi è in atto il tentativo di ridurre l’utilizzo di antibiotici a scopo profilattico. A questo scopo si sta studiando l’efficacia di additivi nutrizionali di natura fitogenica ed oli essenziali da aggiungere nel mangime nel tentativo di controllare le patologie animali. Ad esempio, in avicoltura, si usano prebiotici, probiotici, acidificanti e oligosaccaridi per controllare l’infezione da Clostridium perfringens. Questi prodotti apportano benefici al microbiota intestinale e permettono la transizione a un microbiota maturo. Queste strategie potrebbero fungere da modello per il controllo di Lawsonia.

Microbiota intestinale

Lavorare sul microbiota intestinale con lo scopo di controllare le infezioni, fra cui quella da Lawsonia, è una nuova sfida che ci si sta ponendo. Ad oggi si conosce molto bene il microbiota umano; è composto da numerose specie batteriche (da 150 fino a 400) principalmente appartenenti ai Firmicutes, Bacteroidetes, Arcanobacteria e Proteobacteria. La diversità batterica presente nell’intestino umano varia in funzione dell’età, dell’ambiente, del contenuto di fibre della dieta, di fattori culturali, genetici ecc…

I suini, aldilà del regime alimentare, sono molto simili all’uomo dal punto di vista di fisiologia intestinale e pertanto dovrebbero esserlo anche per quanto riguarda il microbiota. Il microbiota intestinale del suino varia dal digiuno al retto; a livello di ileo vi è una preponderanza di Firmicutes, nel ceco e colon prevalgono Firmicutes e Bacteroidetes. Il microbiota del suino cambia con l’età e lo svezzamento rappresenta un momento cruciale e fortemente impattante che rende l’animale suscettibile nei confronti delle infezioni enteriche, soprattutto se si considera che nelle normali pratiche di allevamento i suinetti sono svezzati a 3-4 settimane mentre in natura il normale svezzamento è attorno alle 17 settimane. A riprova di ciò, alcuni studi hanno mostrato un picco di escrezione di Lawsonia circa 2-3 settimane dopo lo svezzamento.

Inoltre, sembra chiaro come il microbiota intestinale e l’infezione da Lawsonia siano strettamente correlati, anche se non è ancora chiaro in che modo. Lo svezzamento rappresenta un evento stressante per il maiale e comporta dei cambiamenti a livello di flora batterica intestinale che rendono l’animale più sensibile a Lawsonia che, infatti, mostra prevalenze di infezione elevate negli svezzamenti. Vi è anche ragione di pensare che, affinché si instauri l’infezione da Lawsonia, sia necessaria la contemporanea presenza a livello intestinale di altri batteri anaerobi. Infatti, suini gnobiotici infettati con un inoculo di Lawsonia propagata su colture cellulari pure non mostravano malattia. Al contrario, se inoculati con omogenato intestinale di suini infetti, si ammalavano.

Pertanto, manipolare il microbiota con supplementi nutrizionali può essere una strada efficace per il controllo dell’infezione o per mitigarne gli effetti una volta insorta.

Intervenire sul microbiota intestinale

Negli ultimi anni è stata data molta attenzione all’uso di integratori nutrizionali.

Si parla spesso di prebiotici e probiotici. Ma cosa sono? I probiotici sono i cosiddetti “batteri buoni” che apportano all’ospite dei benefici. I prebiotici, invece, sono ingredienti addizionati o presenti nella dieta che inducono la crescita e favoriscono l’attività dei probiotici.

I prebiotici sono sostanze pre—cecali non digeribili, aggiunte o presenti nel mangime, che fungono da substrato per alcuni batteri intestinali. Questi batteri producono metaboliti - come acidi grassi a corta catena - e batteriocine che modulano il microbiota intestinale, la morfologia intestinale, il sistema immunitario e svolgono altri effetti benefici. L’ostacolo principale è far giungere queste sostanze nel tratto intestinale nelle quali sono più utili.

È interessante anche l’utilizzo di fibre non digeribili che potrebbero prevenire l’adesione dei patogeni alle cellule dell’ospite e quindi impedire l’attacco di Lawsonia agli enterociti. A questo scopo di aggiungono al mangime fruttoligosaccaridi, inulina e mannanoligosaccaridi. L’aggiunta supplementare di fruttoligosaccaridi a corta catena nell’alimentazione della scrofa nell’ultimo terzo di gravidanza e per tutta la durata della lattazione ha migliorato i parametri immunitari dell’intestino e la risposta specifica contro Lawsonia nell’intera covata. Questi suinetti avevano anche un maggior numero di cellule caliciformi e anche una morfologia intestinale migliore rispetto agli animali le cui madri non avevano avuto questa aggiunta nel mangime. Gli autori di questo studio credono che l’alimentazione della scrofa con fruttoligosaccaridi a corta catena aumenti i batteri buoni della madre che poi vengono trasmessi alla prole e che aumentano la produzione di acidi grassi a corta catena nell’intestino.

Anche cellulosa, emicellulosa e pectina sono noti per avere attività prebiotica. Nel suino sono state svolte prove alimentare dove la presenza di beta glucani insolubili hanno favorito l’aumento del numero di batteri come Lactobacillus e Bifidobacterium che sono considerati benefici per la salute intestinale.

Anche la texture del mangime influenza la natura e il relativo contenuto del microbiota intestinale. Mangime grossolano non pellettato diminuisce la prevalenza di Lawsonia e favorisce i batteri buoni sia nei suini infettati sperimentalmente che naturalmente.

Altri approcci prevedono l’aggiunta nel mangime di ingredienti naturali con dirette proprietà antimicrobiche come l’estratto di origano, di aglio. L’alimentazione con questo tipo di aggiunte produce una riduzione della carica di Lawsonia nell’intestino e anche una diminuzione dei sintomi clinici, così come il miglioramento dei parametri di crescita in allevamenti con una storia di Lawsonia.

Bisogna però porre attenzione al massimo livello di inclusione nel mangime di questi prodotti per non influenzarne l’appetibilità, l’assunzione e l’energia disponibile.

Sono noti anche i benefici dei prodotti fermentati che migliorano la salute intestinale e aiutano a controllare i disordini enterici.

I probiotici sono somministrati come organismi vivi o spore. Possono resistere agli acidi gastrici e alla bile, persistere nel tratto intestinale, produrre elementi che inibiscono i patogeni, incentivare la risposta immunitaria e alterare la composizione e l’attività del microbiota intestinale. Alcuni batteri possono dare benefici indiretti stimolando l’immunità mucosale innata, attivando la risposta adattativa verso antigeni o pattern molecolari condivisi coi patogeni, suscitando uno stato antinfiammatorio nella barriera epiteliale intestinale e potenziando la funzione di barriera delle cellule epiteliali intestinali.

Si sa che alcuni batteri inibiscono direttamente il microbiota patogeno tramite un’esclusione competitiva o con la secrezione di molecole inibitorie, enzimi o metaboliti; tutti meccanismi potenzialmente utili contro Lawsonia.

Tutte le strade sopra descritte sono interessanti e promettenti in un’ottica futura ma ancora poco studiate e percorse. Vi sono ancora molti aspetti di Lawsonia intracellularis che devono essere chiariti, sia dal punto di vista della patogenesi che dal punto di vista di risposta immunitaria dell’ospite. Senz’altro, comprendere le dinamiche che si instaurano fra il microbiota intestinale e Lawsonia permetterà di trovare strategie per il suo controllo, assieme alla vaccinazione e magari utilizzando meno antibiotico.